Lectio divina di Gv 12,20-33 – domenica 09.04.2000

5^ domenica di Quaresima

[20] Tra quelli che erano saliti per adorare (Gv 4,21-23) durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. [21] Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù". [22] Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. [23] Gesù rispose: "E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. [24] In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. [25] Chi è attaccato (greco: philéo) alla sua vita la perde e chi non è attaccato (greco: miséo) alla sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. (Mc 8,34-37) [26] Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. [27] Ora l'anima mia è turbata (cf. Gv 11,33); e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! [28] Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!". [29] La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato". [30] Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi. [31] Ora è il giudizio di questo mondo (Gv 3,16); ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. [32] Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". [33] Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

"Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi". (Gv 11,55). Per celebrare la Pasqua, i giudei non dovevano essere contaminati. Dovevano essere, come si direbbe oggi, in grazia di Dio. Con quest'intenzione essi salivano a Gerusalemme alcuni giorni prima. Ma "tra quelli che erano saliti per adorare durante la festa c'erano anche alcuni Greci" (12,20). Costoro stabiliscono un collegamento tra l'esigenza di adorazione del Dio giudaico e la figura di Gesù di Nazareth. E' un collegamento probabilmente dovuto al "sentito dire", visto che Gesù era reduce dal più grande dei suoi segni, la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-44).

Questo collegamento tra il Dio dei giudei e Gesù di Nazareth, che si intravede nel cuore dei gentili, induce Gesù a considerare giunta la sua ora. L'ora di passare alla comunione col Padre e di inaugurare quel tempo in cui saranno "beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20,29b). I greci non vedranno infatti il Gesù che desideravano vedere. Ne vedranno un altro. Vedranno l'Innalzato. Gesù infatti ritiene necessario il suo passaggio attraverso la morte affinché tutti gli uomini possano essere "attirati" (12,33) a lui e quindi essere "onorati" (12,26) dal Padre.

In che cosa consiste questa "attrazione"? Quali sono le modalità esistenziali attraverso cui ogni uomo potrà entrare nella comunione con Gesù di Nazareth? In altri termini: in quale "dove" (12,26) si situa Gesù?

Gesù fa coincidere la glorificazione del Figlio dell'uomo con un atto di "nascondimento" (cf. 12,36b): il chicco di grano deve morire per portar frutto. Dal punto di vista antropologico si può considerare questo movimento come un movimento di autodecentramento. Morire per far spazio al frutto. Considerare la propria esistenza non come spazio del protagonismo dell'Io, bensì come "terra" in cui scomparire perché la Vita stessa germogli. La glorificazione del Figlio dell'uomo consiste proprio in questa debolezza volontaria che schiude le porte al discepolato.

Il discepolato, infatti, è tratteggiato proprio a partire da quel "chi" (12,25) che apre il ragionamento successivo. "Amare" e "odiare" la vita sono traduzioni di espressioni semitiche che rischiano di far perdere il senso profondo del testo. Accolgo la traduzione di Leon-Dufour, "essere/non essere attaccato" perché rende meglio la prospettiva esistenziale dell'io umano che si abbarbica a "questo mondo" - quindi sostanzialmente alle proprie esigenze e ai propri desideri - ritenendo di potere in tal modo raggiungere la pienezza. La prospettiva che indica Gesù invece è appunto quella del seguire, quindi dell'autodecentramento, dell'abramico cambiare luogo. Il discepolo (definito tale dall'espressione "chi mi vuol servire") segue il suo Maestro sulla strada della debolezza volontaria per entrare nella comunione col Padre. Questa è la sua Pasqua, la sua reale purificazione.

La comunione col Padre è raggiungibile nella prospettiva esistenziale del chicco di grano. Proprio perché questa prospettiva non si erano ancora realizzata, la folla non poteva percepire la voce del Padre. Quella voce, che pure era venuta "per voi", continuava ad essere confusa con le molteplici altre voci (simboleggiate dal "tuono") che connotano l'esistenza quotidiana degli uomini. La folla continua a rappresentare quella condizione esistenziale "rumorosa", in cui l'opzione radicale per Gesù di Nazareth stenta a farsi strada. La folla continua a rappresentare la condizione esistenziale, ancor oggi, di ogni uomo che deve barcamenarsi tra le lusinghe del "principe di questo mondo", che hanno a che fare con l'assolutezza del proprio io e con la tentazione dell'autosalvezza, e la possibilità concreta di farsi "attirare" da Colui che solo ha il potere di rivelare ad ogni uomo il desiderio insopprimibile di intimità col Padre. I cc. 13-17 dell'Evangelo di Giovanni illustreranno le "pratiche" necessarie perché questa attrazione diventi vita quotidiana.

 

Brani di riferimento (oltre a quelli già citati) :

 Commento su Gv 12,20-33