[29] E, usciti dalla
sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia
di Giacomo e di Giovanni. [30] La suocera di Simone era a letto con
la febbre e subito gli parlarono di lei. [31] Egli, accostatosi,
la sollevò, prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa li
serviva (cfr. Mc 1,13). [32] Venuta la sera,
dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.
[33] Tutta la città era riunita davanti alla porta. [34] Guarì
molti che erano afflitti da varie malattie (cfr. Mc 2,17) e scacciò
molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché
conoscevano che egli era il Cristo. [35] Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto (cfr. Mc 1,45) e là pregava. [36] Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce [37] e, trovatolo, gli dissero: “Tutti ti cercano!”. [38] Egli disse loro: “Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io proclami anche là; per questo infatti sono uscito!”. [39] E andò per tutta la Galilea, proclamando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni. |
*Le parole
sottolineate sono parole-chiave per la meditatio
La liturgia del vangelo
domenicale sposta in modo repentino la sua attenzione dal periodo della
fanciullezza di Gesù, che cresceva in sapienza e grazia, a quella degli inizi
della sua attività di annuncio del Vangelo. E sceglie, in particolare, un brano
ricompreso nella cd. “giornata di Cafarnao”, ossia una sezione del testo
di Marco, in cui, dopo l’annuncio programmatico della compiutezza del tempo e
della vicinanza del Regno (Mc 1, 15) e la chiamata dei primi discepoli, Gesù
inaugura il suo ministero a partire dalla terra di Galilea.
Nel corso di questo
“shabbat”, il Signore insegna, compie esorcismi, guarisce malattie. Compiuta
scandalosamente la sua missione nel giorno del riposo, la sezione si chiude con
Gesù che si ritira in preghiera e poi riparte per altri luoghi della Galilea.
Più che una giornata tipo,
una sorta di spaccato del suo stile missionario, sembra però che l’evangelista
abbia qui voluto rappresentare, alla sua maniera, la salvezza che si fa storia
nella sostanziale incomprensione di chi gli si trova innanzi. Più che il punto
di vista di Gesù, quindi, preferiamo oggi sottolineare il punto di vista dei suoi
interlocutori.
Stupiti, infatti, sono
stati i fedeli della sinagoga (cfr. Mc 1, 22) quando hanno riconosciuto
l’autorità dell’insegnamento del maestro Gesù, addirittura spaventati quando
hanno visto esplicarsi il Suo potere sul male (cfr. Mc 1, 22).
Ma il male che Gesù è in
grado di vincere non è solo quello interiore, frutto del peccato, riconducibile
e spiegabile con la presenza di un disordine spirituale (spiriti immondi). Gesù
non si limita ad interagire con i demoni (loghismoi, nella tradizione
monastica del deserto) che attanagliano l’uomo, privandoli di voce (cfr. Mc 1,
25: “Ammutolisci ed esci da lui”), ma incontra l’uomo nella sua
sofferenza, gli si avvicina nel fuoco che la vita ci può assegnare.
L’occasione per manifestare
la grazie di tale incontro è la casa di Simone, la raccogliticcia comunità dei
primi discepoli del Signore, i quali pongono in essere la prima azione di
intercessione e preghiera inconsapevole della storia della Chiesa: parlano a
Gesù di una donna gravemente ammalata (non sappiamo a cosa fosse dovuta quella
febbre, letteralmente un fuoco, comunque era certamente una malattia
assai preoccupante).
La prima Chiesa spera che
le parole autorevoli di Gesù appena pronunciate in sinagoga contro il maligno
possano essere utili in qualche modo alla suocera di Simone. Forse la diffusa
convinzione che male spirituale e fisico sono strettamente legati induce i
discepoli a stimolare il loro maestro a salvare una persona vicina alla morte.
Gesù, però, non parla, non
insegna, non compie esorcismi, ma offre i suoi gesti di salvezza per quella
donna che giace.
Le si avvicina, la solleva
(il termine greco “egheiren” è lo stesso verbo della Risurrezione: Mc
16, 6), le prende la mano, la guarisce.
La suocera di Simone,
liberata dalla malattia (come Lazzaro che viene liberato dalla morte; Gv 11,
1-44), diventa così icona di un incontro autentico con il Signore. Fa
esperienza di salvezza fino al punto di alzarsi e servire (diakonein) il
suo Salvatore (persino di sabato…).
È proprio questo
particolare che l’evangelista Marco tiene a sottolineare. Ella è la prima vera
testimone dell’azione di grazia di Gesù ed è la prima che si mette alla sequela
del Signore (gli stessi discepoli ancora non hanno raggiunto la stessa
consapevolezza della suocera di Simone, sono “sulle sue tracce”).
Dopo questa manifestazione
di salvezza, tutta la città si ritrova alle porte della casa di Simone. Temendo
di trasgredire il precetto del sabato, chi aveva avuto notizia del potere taumaturgico
di Gesù si era guardato bene dal recarsi da Lui, ma venuta la sera l’umanità
sofferente si rivolge al nuovo guaritore. Tutta il dolore della città viene a
Lui e molta sofferenza viene sollevata. Sembra, però, di capire che alcuni non
riescono ad ottenere ciò che desiderano. Non basta recarsi da Lui per farsi
guarire. E non è l’immediata guarigione dal male l’obiettivo di Gesù.
Già al mattino, per Gesù, è
necessario abbeverarsi alla fonte del Padre e ricominciare l’attività di
annuncio del Regno.
I discepoli cercano di
trattenerlo per continuare le guarigioni che aveva realizzato a Cafarnao, ma il
compito di Gesù è quello di tracciare una via verso il Padre. Una via che lo
allontana dai clamori del successo del mondo, una via che lo spinge nel deserto,
poi verso altre regioni della Galilea
ed, infine, lo porterà verso il sacrificio della croce.
André Louf, in un sermone
su questo brano, dice che “la vittoria di Gesù sulla morte non consiste in
quello che avrebbe potuto evitare, ma piuttosto nel fatto che egli lo ha
effettivamente attraversato innanzitutto per proprio conto e poi per nostro
conto. Per sgominare il male e la morte Gesù non aveva altro mezzo a
disposizione se non quello di affrontarli prendendo su di sé i nostri peccati e
la nostra morte per annientarli nella sua obbedienza d’amore.” (A. Louf, Beata
debolezza, anno B, ediz. Messaggero, Padova, 1999. pag.107).
Gesù deve, quindi,
proseguire la sua strada nell’annuncio del Regno per diventare Egli stesso
parola vivente, segno di salvezza per ogni uomo.
Brani di riferimento :
Ø
Sulla
febbre nell’AT: Lv 26,16; Sap 16, 16;
Sal 31; Dt 28, 15-22; Dt 32, 24.
Ø
Guarigioni
di Gesù nel Vangelo di Marco: Mc 2, 1-12; 3, 1-6; 5, 25-34; 6, 54-56; 7, 24-30;
7, 31-37; 8, 22-26; 10, 46-52.
Ø
Sul
“cercare Gesù”: Mc 3,32; Gv 6,26.