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*Le
parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio
Vangelo di attesa e preparazione, esortazione e consolazione, il brano di Luca ci coglie in vigilante preghiera in questa seconda domenica d’Avvento.
Con
un esordio da grande opera storica e in uno stile volutamente emulo dei libri
profetici, Luca inserisce la missione di Giovanni il Battista nel contesto
universale. Il mondo pagano ed ebraico, evocato dalla menzione dei suoi
rappresentanti politici e religiosi ad apertura del passo, nella reciproca
distanza e diversità è figura della totalità dei popoli e, insieme,
dell’universalità della storia investita dal lieto annuncio. Si è compiuto il kairòs della salvezza: Dio mantiene la
promessa e interviene nella storia con Gesù.
Come si conviene, dunque, alla realizzazione
di un evento così importante, quale la rivelazione della Parola che tra poco
camminerà per le strade del mondo sui piedi di un uomo di nome Gesù, viene
inviato innanzi un araldo d’eccezione, un ‘urlatore’ del messaggio messianico,
Giovanni, per ricondurre i cuori dei
padri verso i figli (Luca 1,17) e predisporli all’accoglienza della Parola.
Quella
di Giovanni-profeta è l’immagine che Luca predilige e fa emergere come
prioritaria rispetto al ruolo di battezzatore.
In
questa prospettiva l’evangelista modula il racconto sul modello
dell’investitura profetica di Elia. Dal deserto, luogo di provenienza e
formazione del novello profeta, la predicazione di Giovanni si muove qui in un
percorso itinerante lungo tutto il Giordano, quasi a voler insistere nell’idea
di una preparazione capillare di strade e di cuori, di un lasciare il deserto
per incontrare gli uomini. Una dinamica di predicazione, questa, che già
prefigura quella di Gesù con cui Luca chiude il cap. 3 (Luca 3, 23-38).
La strategia narrativa di collocare Giovanni
e Gesù agli estremi di uno stesso capitolo, rispettivamente all’incipit l’uno e a chiusura l’altro,
orienta verso un parallelismo delle due figure: entrambi sono mediatori (
Giovanni tra Gesù e gli uomini, Gesù tra Dio Padre e gli uomini), entrambi
‘preparano’ (Giovanni prepara la strada per Gesù, Gesù la strada della salvezza
e il regno del Padre), entrambi annunciano una buona novella. Il confronto esalta naturalmente il piano di
Cristo rispetto al quale Giovanni rimane l’araldo.
In
quest’opera di mediazione e preparazione rientra anche il suo battesimo, non
mero rito di abluzione e purificazione, com’era praticato nel mondo giudaico,
ma occasione di penitenza e conversione in vista della remissione dei peccati.
Cambiamento di ‘mentalità’ (in greco metànoia)
e di ‘rotta’ (ebraico shub ), ovvero
la con-versione cui invita la predicazione giovannea, sono necessaria premessa
per l’incontro con Cristo.
Ad
esserci proposta è una strada da percorrere; una strada nuova su cui
incamminarsi dopo avere preliminarmente effettuato un ‘cambio di rotta’,
un’inversione di marcia da strade e direzioni lungo le quali, fino a questo
momento, ci eravamo dispersi. In questo contesto esplode il grido di Giovanni
che invita la folla dei dispersi a convertere
ad Deum, ad interrompere quelle spinte centrifughe che per troppo tempo ci
hanno allontanato dall’unico ‘centro’ possibile, e a risolversi con decisione
ad un ritorno al Padre.
Il
nuovo esodo di liberazione, che si realizzerà con la venuta di Cristo, viene
annunciato ad ogni uomo (il greco ogni
carne rafforza l’idea di totalità) e, pur in questa sua dimensione
universale, si riconosce come già prefigurato nell’esodo degli ebrei liberati
dal giogo servile e in cammino verso la terra promessa loro da Dio. In questa
prospettiva di ideale continuità Luca dedica ai versi del profeta Isaia, citati
nel testo, un’estensione maggiore rispetto agli altri sinottici. Il Dio che
‘consola’ Israele, che chiede di ‘parlare al suo cuore’ e di ‘gridarle’ che la
schiavitù è finita ed è pronta la strada per il ritorno(Is. 40, 1-5), è quel
Dio che chiede a Giovanni di farsi mediatore e nunzio di uno stesso messaggio di
portata, stavolta, universale: consolare gli uomini, parlare ai loro cuori e
gridare l’annuncio di una liberazione vicina, con un accorato invito a
preparare la strada su cui incamminarsi verso la salvezza.
E’
un Dio che preferisce la pianura ai dossi, la strada dritta a quella distorta.
Quelle strade che, pur difficili a percorrersi, gli ebrei trovarono piane e
agevoli grazie all’intervento divino, sono anche le vie del cuore da appianare
per il Signore, sgomberando le tortuosità di dossi e di montagne di miope
egoismo e indifferenza che, il più delle volte, occultano la ‘visibilità’ della
salvezza, ci affaticano, rallentano il passo e ritardano il raggiungimento
della meta, cioè l’incontro con il Padre.
Come monti abbassati o burroni riempiti, ogni ostacolo alla salvezza verrà da Dio rimosso perché l’umanità tutta venga liberata dal peccato e dalla morte. Questa è la buona novella: Gesù prenderà su di sé la sua croce, vincastro salvifico con cui guiderà gli uomini, gregge disperso, su una strada che verrà da Lui tracciata, spianata, sgombrata dai peccati, prima ostacolo alla salvezza, poi, con la sua morte, definitivamente rimessi.
Brani di riferimento:
Ø
Sulla figura
del Battista negli altri evangelisti: Gv 3,22-30; 10.40-42; Mt 11,2-19; Mt
3,1-6; Mc 1, 1-6.
Ø
Preparare la
strada: Es 23,20; Ml 3,1; Is 40, 3-5; Baruc 5, 1-9; Fil 1, 4-6/8-11
Ø Sull’attesa di un profeta: Dt 18,15-18.