Libero

Introduzione alla lectio divina su Mt 5, 13-16

V domenica Tempo Ordinario – 6 febbraio 2005

 

[13] Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

[14] Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, [15] né si accende una lucerna per metterla sotto un moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.

[16] Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone (\belle) e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

Quelle sottolineate sono le parole chiave per la meditatio

 

Dopo lo splendore delle “beatitudini”, in cui Gesù ha svelato ai discepoli per chi batte il cuore del Padre ed, in definitiva, ha svelato la propria identità, i pochi versetti del vangelo di questa settimana completano quello che può essere considerato il prologo al “Discorso della montagna” che occuperà tutto il V capitolo protraendosi fino alla fine del VII del vangelo di Matteo.

Il contesto è immutato: Gesù sta ancora parlando con i discepoli (come aveva fatto nel brano delle beatitudini e come farà in tutto il resto del Discorso della montagna), ma cambia la prospettiva del discorso. Non c’è più l’implicita esortazione a comprendere che nella debolezza permettiamo a Dio di realizzare il suo Regno, né l’invito a mettere in relazione le proprie condizioni personali e spirituali con questa nuova legge dell’amore e della misericordia, ma piuttosto la semplice comunicazione di un nuovo status in cui i discepoli si trovano per il solo fatto di essere discepoli.

Per l’evangelista Matteo, Voi siete il sale e la luce. È una ulteriore rivelazione su noi stessi. Non si dice, infatti, “siate”, come spesso si legge in altri passi del vangelo, quasi una sorta di esortazione: non c’è da sforzarsi per diventare qualcosa che si è già, né peraltro si può scegliere di diventare discepoli se non in seguito ad una chiamata del Signore (4, 18-22).

La chiamata del Signore c’è, il Suo volto ci chiama, ma la realtà insegna che questa bellezza in cui siamo immersi e che riscalda il cuore fino alla felicità (beati voi) può essere disattesa, il suo dono può essere rifiutato ed ecco che il sale può diventare insipido o la luce rimaner nascosta sotto una piccola botte. Si tratta di immagini paradossali, in particolare la prima, come paradossale appare, secondo Matteo, la possibilità del rifiuto\disattenzione opposti a Dio.

La condizione del discepolo, o meglio dell’amante, è importantissima e le due immagini del sale e della luce lo mostrano con grande chiarezza.

La prima immagine, quella del sale, è ricchissima di significati e connotazioni.

In primo luogo, il sale è per l’uomo di quel tempo una preziosa sostanza che si usa per conservare a lungo i cibi. In Nm 18, 19 e 2 Cr 13, 5 si parla di “alleanza di sale” per indicare un patto eterno, che non avrà mai fine. Sono le caratteristiche dell’alleanza che Dio stipula con il suo popolo, ma che però, come ogni alleanza, ha bisogno che le parti in gioco siano due.

La fedeltà di Dio all’alleanza richiede che almeno qualcuno, dall’altra parte, sia fedele a sua volta. Dio, pur desiderandolo come un innamorato, non pretende militarmente che tutti siano giusti e fedeli, ma che almeno qualcuno lo sia. Come dice ad Abramo quando lo informa della sua decisione di distruggere Sodoma: “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci (giusti) per riguardo a loro perdonerò a tutta la città” (Gen, 18, 16-33). Il mondo non ha bisogno di tanti discepoli, tanto meno di discepoli poco convinti e poco convincenti, ma di discepoli veri, pochi o molti che siano, che tengano in vita il patto con Dio per la salvezza di tutti.

Anche l’altra importante funzione del sale, quella di dare sapore, richiama questa esigenza ed evidenzia la vanità di ogni pretesa di “convertire” il mondo: il sale dà sapore, ma non è sapore da solo e, se è troppo, può anche guastare i cibi. La presenza di Dio nel mondo, resa manifesta da quella dei veri discepoli, non oscura la varietà e la verità del mondo stesso, non annulla le differenze dei modi di essere e di vivere. Tutto comunque, purché “insaporito” dai discepoli, che con il loro sale impediscono l’autoreferenzialità del cosmo, rende testimonianza  della bellezza del creato e, quindi, del Signore.

“Anzi proprio questa comunione tra uomo e creature che si esprime con la lode è il vero compimento della creazione secondo la volontà di Dio” (E. Bianchi La bellezza contemplata, pag.19).

Una presenza discreta, ma significativa, che renda evidente la bellezza delle diversità e ne faccia apprezzare il sapore è ciò a cui sono chiamati i veri discepoli. In questo senso si capisce bene l’accostamento delle due figure del sale e della luce, che altrimenti potrebbero apparire in contraddizione: la discrezione è la virtù del sale, che dà sapore senza farsi sentire, mentre il mettersi in evidenza è richiesto alla luce, come ad una città collocata sopra il monte (v. 14). I discepoli sono luce perché possano illuminare tutto quello che è intorno a loro e perché questa luce permetta agli uomini di “rendere gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

Anche questa luce è discreta, al servizio degli uomini e della bellezza del creato, capace di orientare gli sguardi non su sé stessa, ma sul Signore. Le stesse opere “buone” che viene chiesto ai discepoli di praticare sono in realtà, in una più esatta traduzione, “opere belle”. Non c’è quindi alcuna indicazione morale in questo passo: il mondo non ha bisogno che gli uomini di Dio gli insegnino cosa è giusto e cosa non lo è, non è questo il compito dei discepoli.

Ciò che invece essi possono e devono fare è mostrare la bellezza e la bontà del Signore, essere essi stessi “buona novella”, evangelo della promessa del Regno. Se un discepolo del Signore incontra un altro fratello e non riesce a comunicargli la gioia della salvezza che gli è stata donata “a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”.

 

 

Brani di riferimento: