Lectio divina di Mc 2,23-3,6 – domenica 05.03.2000

9^ domenica tempo ordinario

[23] E avvenne che nel giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. [24] I farisei gli dissero: "Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?" (Dt 23,26). [25] Ma egli rispose loro: "Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? [26] Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta (1Sam 21, 2-7), che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare (Lv 24,5-9), e ne diede anche ai suoi compagni?". [27] E diceva loro: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! [28] Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato".

3 [1] Entrò di nuovo nella sinagoga (cf. 1,21; 2,1). C'era un uomo che aveva una mano inaridita, [2] e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. [3] Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Alzati (greco: égheire) nel mezzo!". [4] Poi domandò loro: "E' lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?". [5] Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: "Stendi la mano!" (Dt 5,15; Es 6,6; 14, 16.26). La stese e la sua mano fu risanata. [6] E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

Ancora una volta è di scena il bisogno. E' chiamata in causa la salute dell'uomo, nella duplice dimensione del mantenimento (nutrirsi, 2,23-28) e del recupero (guarire, 3,1-6). Da quando abbiamo visto Gesù entrare nella sinagoga di Cafarnao, "proprio di sabato" (Mc 1,21), non abbiamo assistito che all'incontro tra la cura di Dio e il bisogno dell'uomo. E Gesù ha liberamente accettato il rischio di passare per un semplice "guaritore di villaggio" (Stancari) pur di creare le condizioni per potersi rivelare come Figlio dell'Uomo (Mc 2,10.28), venuto per ogni Malattia, per ogni Peccato (Mc 2,17). Delineato il contesto, è possibile ricondurvi anche questi due episodi, intimamente connessi, che ripropongono la questione del bisogno umano e del nesso tra questo bisogno e l'esperienza di Dio.

Per gli israeliti, il sabato era un dono del Signore. "Il sabato è un segno tra me e voi, per le vostre generazioni, perché si sappia che io sono il Signore che vi santifica" (Es 31,13). Le Scritture parlavano del sabato come di un'esigenza memoriale, uno spazio concesso da Dio all'uomo, lo spazio del "riposo di Dio" (Gn 2,2), in cui l'uomo avrebbe dovuto tenersi lontano da ogni distrazione idolatrica. Uno spazio di alleanza. Le stesse Scritture, tuttavia, facevano cessare l'obbligo del sabato quando la sua osservanza avrebbe potuto comportare un grave danno per l'uomo, segno che già la sensibilità veterotestamentaria evitava, in qualche modo, di idolatrare l'istituto del sabato. Quest'ultima notazione spiega il silenzio imbarazzato dei Farisei alla provocazione di Gesù in 3,4.

Ma la provocazione di Gesù era cominciata nell'episodio precedente col consentire ai discepoli, così come aveva fatto Davide da cui Egli discende, di nutrirsi in giorno di sabato svellendo le spighe. Gesù sa di urtare una sensibilità ormai consolidata, di cui si fanno portavoci i Farisei. La questione tra loro e Gesù non riguarda soltanto l'esatta intepretazione delle Scritture. Riguarda soprattutto l'idea di Dio. Si tratta di capire se il Dio che i Farisei hanno nel cuore è un Dio "per l'uomo" (2,27). Si tratta di comprendere se il loro Dio è un Dio libero, soprattutto libero di amare l'uomo. Quando Gesù si autodefinisce "Figlio dell'Uomo", intende chiaramente rivelare chi è veramente Dio. Il Figlio dell'Uomo è l'unico che può fare esegesi delle Scritture, e quindi interpretare il senso profondo del sabato, perché la sua identità profonda gli permette di cogliere l'adempimento definitivo di quello che nella creazione avvenne nel settimo giorno (Gn 2,2). Gesù è il sabato definitivo per ogni uomo, quel "segno tra me e voi" che Dio aveva posto come memoria dell'amore di Dio per l'uomo. Con Gesù, è sempre sabato.

E non a caso questa lectio continua dell'inizio del Vangelo di Marco ci ripropone uno scenario abbastanza simile a quello con il quale era cominciato il ministero di Gesù in Galilea: ancora una volta una sinagoga, di sabato, e di nuovo un uomo sofferente (Mc 1,21-28). Ma, a differenza di quel brano, qui il profumo della Pasqua è fortissimo. L'uomo viene invitato a sorgere (égheire, 3,3) di fronte a spettatori ostili, pronti al complotto e alla condanna (3,2; cf. Mc 15,1). Quella mano stesa, così evocativa del Dio che libera il suo popolo nel libro dell'Esodo, resta impressa nella nostra memoria ad indicarci il desiderio perenne di liberazione che Dio nutre nei confronti dell'uomo, a dispetto di tutti i sabati che l'uomo stesso utilizza come pretesto per rinchiudere Dio (e così "farlo morire", 3,6) dentro i propri progetti.

Brani di riferimento (oltre a quelli già citati) :

Gv 5,10-18

 

 

 

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