Introduzione alla Lectio divina di Lc 19,1-10

XXXI domenica tempo ordinario – 4 novembre 2001

 

[1] Entrato in Gerico, attraversava la città. [2] Ed ecco un uomo chiamato con il nome di Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, [3] cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. [4] Allora corse avanti e salì su un sicomoro per vederlo, poiché stava passando di là. [5] Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi in fretta, perché oggi devo rimanere nella tua casa”. [6] In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.

[7] Vedendo ciò, tutti brontolavano: “E' entrato ad alloggiare da un peccatore!”. [8] Ma Zaccheo, ritto, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho estorto a qualcuno, restituisco il quadruplo”. [9] Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è venuta in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.

* Quelle sottolineate sono alcune espressioni chiave per la meditatio.

 

La figura di Zaccheo è raccontata esclusivamente dall’evangelista Luca, il quale se ne serve per delineare sinteticamente il percorso che porta alla conversione ed alla salvezza dell’uomo tramite Gesù Cristo.

Nel vangelo lucano, il brano viene ad inserirsi immediatamente dopo il racconto delle difficoltà di sequela del ricco capo (v. Lc 18, 18-27), dopo il terzo annuncio della Passione e dopo l’episodio della guarigione del cieco di Gerico ed, in fondo, li racchiude tutti e tre al suo interno.

Il contesto geografico è quello di Gerico, città che dista soli 30 Km da Gerusalemme e si trova al confine con la Perea: una zona di passaggio dove i dazi doganali erano appannaggio dell’odiata classe dei pubblicani che, in combutta con il potere romano, si arricchivano nelle riscossioni esigendo il dovuto ed il non dovuto. Zona che per la vicinanza con l’ortodossia di Gerusalemme rende anche più acerba la diffusa condanna dei pubblicani ricchi e idolatri (ma temuti) come Zaccheo (in ebraico “il puro”) che a Gerico era addirittura il capo esattore.

Gesù arriva proprio nella città di Zaccheo.

Luca ci offre, però, uno spaccato di un’anima in conflitto che ci induce a guardare il potente pubblicano con simpatia: assistiamo al suo desiderio di vedere chi sia Gesù in mezzo a gente che non gli consente di vederlo. Questo desiderio, che è più affascinante considerare non come mera curiosità intellettuale, ma quale autentica e sincera espressione dell’umana ricerca di Dio, è ancor più significativo in quanto si scontra con altri uomini che lo ostacolano e soprattutto con un “sé” (la piccola statura) che non gli permette di rendere compagni quelli che ancora rimangono solo una folla indistinta.

Ma Zaccheo percepisce l’urgenza della ricerca. Tutto il brano è un susseguirsi di verbi di movimento che invitano il lettore a mettere da parte ogni indugio per cercare lo sguardo di Gesù.

Il sicomoro (una specie di albero di fico) è lo strumento che permette di osservare il Cristo che passa. L’interpretazione dei Padri ha saggiamente identificato quel sicomoro con le Scritture, luogo privilegiato e sacramentale dell’incontro con la Parola di Dio.  Proprio dall’albero, Zaccheo si accorge che quel Gesù che intendeva cercare e caparbiamente trovare, ha già sollevato il suo sguardo verso di lui ed anzi gli rivolge per primo la parola (sbrigati!), si autoinvita, anzi vuole rimanere presso di lui. Qui i verbi di movimento cambiano: dalla ricerca frenetica si passa alla gioia accogliente dello “stare”.

Ma l’evangelista sottolinea anche che quel percorso di conversione alla luce dell’incontro con la Parola non è stato colto. Tutti (impressionante è il richiamo alla generalità) rimangono schiavi dei loro pregiudizi (cfr. At 11, 1-18) e non capiscono che la loro affermazione, in realtà, non è condanna, ma buona novella: “E’ entrato ad alloggiare da un uomo peccatore!”.

L’accusa è contro Gesù, ma Zaccheo prende la parola per difendere Colui che è entrato nella sua casa per rimanervi. Non è più in conflitto con quella folla, mostra di accettare il loro severo giudizio, perché mostra di conoscere il proprio peccato. Anzi dimostra di aver ben inteso che la lotta contro le ricchezze (il suo peccato di vita) si vince con la condivisione, una condivisione che, nel caso di Zaccheo, va ben oltre ciò che era richiesto dalla morale del tempo (cfr. solo un quinto in più: Lv 5, 20-24; v. anche episodio di Lazzaro in Lc 16, 19-31).

Quella vittoria sui pericoli della ricchezza, così avvertiti dalla comunità lucana, che appariva impossibile anche ai fedeli discepoli è “oggi” realizzata nell’incontro con la Parola.

Zaccheo, pubblicano e peccatore, ha coraggiosamente gustato il kairos del passaggio di Gesù (v. in questo senso Lc 16, 8): con la rinnovata consapevolezza di scoprirsi figlio di Abramo, di fronte ad una comunità che lo escludeva dal Regno. E con la gioia di sapere di essere cercato e salvato da Colui che egli cercava per essere salvato. Si è così realizzata la profezia di Ezechiele cap. 34: “Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo, io le farò riposare. Oracolo del Signore. Andrò in cerca della pecora sperduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita

 

 

Brani di riferimento

       Gal 3,7 sui figli di Abramo

       Segni della conversione: Lc 5,32

Meditazione su Lc 19,1-10

 

Lectio divina prima lettura