Introduzione
alla lectio divina su Lc 19,1-10
XXXI
domenica tempo ordinario – 31 ottobre 2004
[1] Entrato in Gerico, attraversava la città. [2]
Ed ecco un uomo chiamato con il nome di Zaccheo, capo dei pubblicani
e ricco, [3] cercava di vedere chi fosse Gesù, ma
non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
[4] Allora corse avanti e salì su un sicomoro
per vederlo, poiché stava passando di là. [5] Quando giunse
sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi in
fretta, perché oggi devo rimanere nella tua casa”. [6]
In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. [7] Vedendo ciò, tutti brontolavano: “E' entrato
ad alloggiare da un peccatore!”. [8] Ma Zaccheo, ritto, disse
al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e
se ho estorto a qualcuno, restituisco il quadruplo”. [9]
Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è venuta in questa casa,
perché anch'egli è figlio di Abramo; [10] il Figlio dell'uomo
infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. |
* Quelle sottolineate sono alcune espressioni
chiave per la meditatio.
La figura di Zaccheo è raccontata esclusivamente
dall’evangelista Luca, il quale se ne serve per delineare sinteticamente un
percorso che porta alla conversione ed alla salvezza di un peccatore tramite
Gesù Cristo.
Nel vangelo lucano, il brano viene ad inserirsi
immediatamente dopo il racconto delle difficoltà di sequela del ricco capo (v. Lc
18, 18-27), dopo il terzo annuncio della Passione e dopo l’episodio della
guarigione del cieco di Gerico ed, in fondo, li racchiude tutti e tre al suo
interno.
Il contesto geografico è quello di Gerico, città
che dista soli 30 Km da Gerusalemme e si trova al confine con la Perea: una
zona di passaggio dove i dazi doganali erano appannaggio dell’odiata classe dei
pubblicani che, in combutta con il potere romano, si arricchivano nelle
riscossioni esigendo il dovuto ed il non dovuto. Zona che per la vicinanza con
l’ortodossia di Gerusalemme rende anche più acerba la diffusa condanna dei
pubblicani ricchi e idolatri. Zaccheo (in ebraico “il puro”), il quale a Gerico
era addirittura il capo esattore, è ricco di ricchezza ingiusta.
Risuona ancor più preoccupante l’esclamazione dei
discepoli in Lc 18,26 sulla sorte dei ricchi (Chi mai si potrà salvare?)
e la risposta piena di speranza di Gesù (ciò che impossibile agli uomini è
possibile a Dio): oggi Gesù arriva proprio nella città di Zaccheo.
Nel descrivere il personaggio, Luca ci offre, però,
uno spaccato di un’anima in conflitto che ci induce a guardare il potente
pubblicano con simpatia: assistiamo al suo desiderio di vedere chi sia Gesù in
mezzo a gente che non gli consente di vederlo. Questo desiderio, che è più
affascinante considerare non come mera curiosità intellettuale, ma quale
autentica e sincera espressione dell’umana ricerca di Dio anche nei cuori più
insospettabili, è ancor più significativo in quanto si scontra con altri uomini
che lo ostacolano; la sua condizione di peccatore e quella personale (la
piccola statura) non permettono di guardare ai componenti della folla
indistinta come suoi compagni nella ricerca di Gesù.
Ciononostante, Zaccheo percepisce l’urgenza della
ricerca. Tutto il brano è un susseguirsi di verbi di movimento, che invitano il
lettore a mettere da parte ogni indugio per cercare lo sguardo di Gesù.
Il sicomoro (una specie di albero di fico) è lo
strumento che permette di osservare il Cristo che passa. L’interpretazione dei
Padri ha sapientemente identificato quel sicomoro con le Scritture, luogo
privilegiato e sacramentale dell’incontro con la Parola di Dio. Proprio dall’albero, Zaccheo si accorge che
quel Gesù che intendeva cercare e caparbiamente trovare, ha già sollevato il suo
sguardo verso di lui ed anzi gli rivolge per primo la parola (sbrigati!), si
autoinvita, anzi vuole rimanere presso di lui. Qui i verbi di movimento
cambiano: dalla ricerca frenetica si passa alla gioia accogliente dello
“stare”.
Il maestro che attirava le folle non cercava le
folle, ma lo sguardo di un peccatore che lo cerca (v. Lc 22,61).
E Zaccheo coglie subito l’invito deciso di Gesù e,
ascoltando le sue parole, nel suo cuore nasce la gioia.
Ma l’evangelista sottolinea anche che questo
percorso di conversione alla luce dell’incontro con la Parola non è stato
colto. Tutti (impressionante è il richiamo alla generalità) rimangono schiavi
dei loro pregiudizi (cfr. At 11, 1-18) e non capiscono che la loro
affermazione, in realtà, non è condanna, ma buona novella: “E’ entrato ad
alloggiare da un uomo peccatore!”.
L’accusa è contro Gesù, ma Zaccheo prende la parola
per difendere Colui che è entrato nella sua casa per rimanervi. Non è più in
conflitto con quella folla, mostra di accettare il loro severo giudizio, perché
conosce il proprio peccato. Anzi dimostra di aver ben inteso che la lotta
contro le ricchezze (il suo peccato di vita) si vince con la condivisione, una
condivisione che Zaccheo afferma di portare avanti ben oltre ciò che era
richiesto dalla morale del tempo (cfr. solo un quinto in più: Lv 5, 20-24; v.
anche episodio di Lazzaro in Lc 16, 19-31).
Quella vittoria sui pericoli della ricchezza, così
avvertiti dalla comunità lucana, che appariva impossibile anche ai fedeli
discepoli è “oggi” realizzata nell’incontro con la Parola.
Zaccheo, pubblicano e peccatore, ha coraggiosamente
gustato il kairos del passaggio di Gesù (v. in questo senso Lc 16, 8):
con la rinnovata consapevolezza di scoprirsi figlio di Abramo, di fronte ad una
comunità che lo escludeva dal Regno. E con la gioia di riconoscersi già salvato
da Colui che egli cercava per essere salvato. Si è così realizzata la profezia
di Ezechiele cap. 34: “Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo, io le
farò riposare. Oracolo del Signore. Andrò in cerca della pecora sperduta e
ricondurrò all’ovile quella smarrita”.
Brani di riferimento
q
Gal
3,7 sui figli di Abramo
q
Segni
della conversione: Lc 5,32
q
Lc
cap.15 Gesù con i peccatori