Lectio divina di Lc 21, 25-28; 34-36 – domenica 30.11.2003

1^ domenica Avvento

 

[25] «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, [26] mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di quello che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

[27] Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.

[28] Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

[34] State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; [35] come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di  tutta la terra. [36] Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo.

 

 *Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

 

A partire dal v. 5 di questo capitolo, Gesù annuncia ai cristiani (21, 12-19) (ma parlando pubblicamente), gli eventi che precederanno e che accompagneranno la fine dei tempi: eventi terribili, che comporteranno per i discepoli il passaggio attraverso persecuzioni e morte (21, 12-19) e che non risparmieranno nessuno (21, 23). Non è facile per noi comprendere il senso di tutto ciò. Certamente Gesù non sta dando chiavi di lettura degli eventi storici, per consentire di leggervi i segni della fine dei tempi (Mc, 13-32). Gesù sta in realtà utilizzando uno stile di linguaggio ben preciso, quello apocalittico, che i suoi ascoltatori ebrei conoscevano e comprendevano benissimo. Ce ne rendiamo conto ancora meglio se confrontiamo questo brano con quelli corrispondenti dei sinottici (Mt 24, 29-31 e Mc 13, 24-27), che citano direttamente i brani di Is 13, 10 e 34, 4 (mentre Lc ne riporta il senso, senza citarli esattamente) e che saranno a loro volta citati (Mt 24, 29) in Ap 1, 7.

Le distruzioni e gli eventi di cui parla Gesù sono infatti gli stessi che avrebbero accompagnato, secondo la predicazione dei profeti, la distruzione di Babilonia (Is 13, 10) o quella dell'Egitto (Ez 32, 7). Tali annunci di distruzione erano seguiti sempre dall'annuncio della liberazione di Israele (Is 14, 3) e della gloria del Signore (Ag 2,7). Anche questa volta è così, solo che adesso la gloria e la potenza trovano attuazione in Gesù Cristo, il Figlio dell'uomo. Quando tutto sembra perduto, quando le più terribili devastazioni si sono realizzate intorno a noi e dentro di noi, la presenza del Signore sola è in grado di ridare forza e fiducia (Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate [Ap 21, 4]), come accade a Maria Maddalena davanti al sepolcro di Cristo (Gv 20, 15). La venuta salvifica del Figlio dell'uomo è quindi il centro del brano, e non come potrebbe apparire l'annuncio dei fatti mirabili e terribili.

Ma questa venuta è pur sempre preannunciata da segni, che irrompono con forza nell'esperienza storica degli uomini. E' il rifiuto da parte di Gesù di qualunque atteggiamento di attesa che si ponga fuori dalla storia, dagli eventi umani. L'attesa del Regno di Dio che sarà deve essere vissuta con lo sguardo rivolto a quello che già è, nella compagnia degli uomini e senza fughe spiritualiste. Il comandamento dell'amore verso Dio non è forse immediatamente seguito dal secondo comandamento: amerai il prossimo tuo come te stesso (Mc 12,31)?

La fuga dalla storia non è neanche giustificata dalle difficoltà che tale esperienza può portare con sé ("metteranno a morte alcuni di voi", 21, 16). Ciò che importa è che queste siano affrontate nella certezza della fedeltà di Dio, nella consapevolezza che tutto ciò che accade ha come unico e totale compimento la venuta del figlio dell'uomo con potenza e gloria grande (21, 27). Questa venuta interroga direttamente gli uomini, cui viene richiesto di alzarsi e levare il capo (21, 28), riconoscendo la prossimità della loro liberazione. E' questa una particolarità del brano di Luca rispetto a quelli già citati dei sinottici, nei quali la venuta del Signore con grande potenza e gloria è seguita dall'invio degli angeli, che raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti (Mt 24, 31; Mc 13, 27), senza prevedere alcun protagonismo umano.

Ma proprio perché Luca è l'unico evangelista a richiamare in questo brano la necessità di una presenza attenta e attiva dell'uomo, capace di riconoscere la venuta del Signore e agire di conseguenza, egli sente la necessità di aggiungere qualcosa. Non è quello dello spiritualismo, infatti, l'unico pericolo che corriamo, e forse non è neanche il maggiore. L'altro grande pericolo è quello della stanchezza, della disattenzione, del lasciarsi prendere dagli affanni della vita (21, 34). Il termine usato da Luca per "affanni" (merimnais) è lo stesso richiamato nella parabola del seminatore in Mt 13, 22, dove tali preoccupazioni, unitamente all'inganno delle ricchezze, sono dette capaci di soffocare la parola, rendendola incapace di portare frutto. Luca stesso riutilizzerà questo termine nel riferire il rimprovero di Gesù alla sorella di Lazzaro (Lc 10, 41-42): «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno».

L'unica cosa che davvero è richiesta agli uomini è allora rimanere nella prospettiva dell'attesa, senza lasciare appesantire il proprio cuore. Pace e sicurezza (1 Ts 5,3) possono diventare i nostri più grandi nemici, gli idoli che resistono dopo l'abbattimento di ogni altro idolo, apparentemente inoffensivi ma tragicamente difficili da combattere e perfino da vedere come tali.

Non c'è altra via per scongiurare questo più subdolo pericolo se non quella della vigilanza, che si nutre di una preghiera continua e incessante, per farci trovare pronti (Mt 24, 42-44) e perché non entriamo in tentazione (Mt 26, 41). E' questo lo stato che il Signore attende per adempire la sua promessa (2 Pt 3, 9): la nostra attesa del Signore che viene è anche l'attesa del Signore di trovarci pronti, non volendo che alcuno perisca.

 

Brani di riferimento (oltre a quelli già citati) :

 

Ø      Sulla veglia : Gs 21, 11; Mt 25, 13; Mt 26, 38; Mc 13, 37; 1 Cor 16, 13; 1 Pt 5, 8.

Ø      Sulla necessità di pregare sempre: Lc 18, Rm 1, 10; Gal 6, 9; Ef 3, 13 Col 1, 3; 12 Ts 1, 11; 2 Ts 3, 13; Fil 1, 4; Fm 4.