Introduzione alla Lectio divina su Lc 17, 5-10

XXVII domenica tempo ordinario – 3 ottobre 2004

 

[5] Gli apostoli dissero al Signore: [6] "Aumenta la nostra fede!". Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

[7] Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? [8] Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? [9] Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? [10] Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

 

 

* Quelle sottolineate sono alcune parole chiave per la meditatio.

 

Il vangelo di questa settimana si apre con la richiesta degli apostoli al Signore di "aumentare la loro fede". La loro preghiera nasce ed è strettamente connessa con il contesto immediatamente precedente di questo brano ed è la chiave con cui leggere la seconda parte, la parabola dei "servi inutili". Ad inizio del capitolo 17, Gesù ha ammaestrato i suoi discepoli su un aspetto basilare delle vita comunitaria, la correzione fraterna, e soprattutto sull’impegno di ogni uomo alla sequela di Gesù di perdonare illimitatamente e incondizionatamente il peccatore pentito, un atteggiamento concreto non facile che è testimonianza della misericordia e della generosità di Dio e che necessita una fede matura.

Non è un caso che siano proprio gli apostoli, servi di Dio e degli uomini (At. 20, 19-21), e non genericamente i discepoli, ad avanzare questa preghiera che nasce dalla consapevolezza che la fede è un dono, che abbraccia e travalica la domanda di senso dell’uomo, che una volta accolto deve essere custodito con cura. C’è sempre il rischio di cadere nell’incredulità (Mc 9. 24), la tentazione di voltarsi indietro nel proprio cammino, di non abbandonarsi, fermando il movimento dell’affidamento all’abbraccio del Padre e all’opera della grazia.

La risposta di Gesù pone subito in chiaro come un discorso sulla fede non sia da impostarsi però in termini quantitativi ma qualitativi: l’importante non è tanto il "quanto" ma il "come" si crede. Usando un linguaggio metaforico Gesù avverte che basterebbe avere una fede quanto un granello di senapa, seme estremamente piccolo ma capace di produrre grandi frutti (cfr. Lc 13, 8), per rendere possibile ciò che razionalmente sembra impossibile: sradicare un albero di sicomoro, saldamente piantato, o spostare la montagna che compare nei brani paralleli di Matteo (17, 20; 21, 21) e Marco (11,23), immagini iperboliche che senza allusioni a miracoli spettacolari danno la misura della forza rigenerante e salvifica della fede, del suo dinamismo che ci permette sempre di cambiare, sradicando le logiche e le barriere anche più radicate in noi.

Proprio l’assunzione di questa prospettiva impedisce di ridurre Dio ad una mentalità troppo umana di "dare per avere" e di avanzare pretese nei suoi riguardi in forza del proprio operato. Nella parabola dei "servi inutili" Gesù ripropone una situazione sociale, il rapporto tra un padrone e un servo, familiare per i suoi ascoltatori e chiede loro di assumere la prospettiva prima dell’uno e poi dell’altro per comprendere criticamente la logica del servizio. Così se da una parte nessuno si sentirebbe obbligato nei riguardi di un dipendente che ha compiuto il suo lavoro e non avrebbe remore nel chiedergli ancora qualcosa, dall’altra nessun servo pretenderebbe dal suo padrone gratitudine per tutto ciò che ha compiuto perché altro non è che il suo dovere, la sua risposta a ciò che gli viene chiesto. Anche gli apostoli, così come i servi, dopo che avranno atteso al servizio dei fratelli e al servizio di Dio dovranno avere la consapevolezza che altro non hanno fatto che la volontà del Padre senza pretese di autosalvezza (cfr. Rm 3, 27; 4, 1-5; Gal. 3, 6-14). In questa prospettiva il nostro agire sociale e politico nel presente può avvenire nell’ottica della gratuità come nell’ottica della gratuità è l’intervento di Dio nella storia che si cura delle azioni e della fedeltà dell’uomo (Lc. 12, 37). E la relazione tra l’uomo e Dio proprio perché non improntata nella logica dell’obbligo e della dipendenza si apre ad un orizzonte di libertà e di gratitudine per ciò che in Cristo abbiamo ricevuto pur nelle nostre mancanze (cfr. Gv. 15, 15-16). Soltanto la consapevolezza dell’essere servi inutili ci fa invocare "Signore, aumenta la nostra fede!".

 

Brani di riferimento:

Sulla fede: Gen.15,6; Gb. 42,6;Eb. 10,38.

Essere servo: Is.41,21; 43,10; Lc. 22, 26-7.