Introduzione alla Lectio divina di Mt 24,37-44

1^ domenica di Avvento    28 novembre 2004

 

[37] Come infatti ai giorni di Noè, così sarà la presenza del Figlio dell’uomo. [38] Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca, [39] e non ebbero sentore di nulla finché venne il diluvio e portò via tutti, così sarà anche la presenza del Figlio dell’uomo. [40] Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. [41] Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata.

[42] Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro viene. [43] Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. [44] Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo viene.

·     quelle sottolineate sono parole-chiave per la meditatio.

 

Sul Monte degli Ulivi, luogo della visione apocalittica del profeta Zaccaria, Gesù, seduto nel consueto atteggiamento del Maestro, dà le raccomandazioni finali ai suoi discepoli in quello che viene chiamato il Discorso Escatologico (capp 24-25). In risposta alle ultime due di tre domande, che hanno posto i discepoli: “...quando sarà questo e quale sarà il segno della  tua parusia[1] e della consumazione del Tempo?” (24,3), sono scorse per flash immagini di guerra, di persecuzioni, di fine del Tempio, di fine del Tempo, dell’avvento del figlio dell’Uomo, in un intreccio composito e a prima vista inquietante (24,4-31).

Ora Gesù affronta la prima domanda: “quando sarà questo?”. La risposta è decisa, offerta al v 36, che precede immediatamente il nostro brano: “…nessuno lo sa… se non il Padre solo”. Il punto critico del messaggio è proprio questa imprevedibilità, illustrata dal riferimento ai giorni di Noè, quando il cataclisma colse nell’ordinarietà della vita uomini che non ebbero sentore di nulla. Ugualmente imprevedibile sarà la parusia del figlio dell’uomo. Anche questa opererà un giudizio (vv 40-41), che sarà però di salvezza, affidato alla libera scelta di un atteggiamento responsabile. Di chi risponde di sì nella ferialità del lavoro, nella storia di tutti i giorni, vissuta nell’orientamento profondo verso Dio. O, a pari opportunità, di chi non risponde, non si pone il problema e vive la stessa vita e la stessa realtà nel misconoscimento o nell’oblio del Signore.

Conoscere il giorno e l’ora  non aggiungerebbe nulla di più.  Anzi è importante che non si sappia altro, per vivere l’attesa nello spazio della distesa gratuità, pare dire il Signore. La richiesta di segni è sempre strumentale a un calcolo, a un prendere le misure, a un giocare le proprie carte, in ultima analisi a un’autosalvezza, sempre in agguato.

D’altronde gli apostoli erano stati appena rimandati a un’altra risposta, una chiave d’interpretazione segreta: “…dall’albero di fico imparate la parabola..”(32-33). Lì sono stati iniziati al discernimento dei tempi messianici nella forza prorompente di una linfa vitale che scorre nelle rigidità indurite della storia e fa riconoscere, agli occhi attenti, nelle gemme che si aprono la promessa dei frutti. E’ l’estate vicina, gioiosa e feconda, del frutto pieno e maturo, segno di Lui, vicino, alle porte (Ct 5,2 Ap3,20).

Pure, in quel segno solare, si legge in filigrana la realtà positiva della beata riunione dei santi, perché l’estate è il tempo del raccolto (12,3; 13,30).

Spazzato il campo da apparenti catastrofismi e angosce da Giorno del giudizio, resta tuttavia l’esigenza pressante della vigilanza per trovarsi pronti all’appuntamento finale, lungamente atteso dal cuore. Perché il resto del discorso scorrerà ora, attraverso tre parabole sulla vigilanza, verso l’affresco finale in cui il Signore glorioso si farà riconoscere da chi lo ha già riconosciuto nella storia.

Siate pronti” ci ripete oggi la Parola. Se all’inizio del vangelo l’invito era stato “Convertitevi, perché il regno dei cieli si è fatto vicino” (4,17), ora, alla fine del cammino, il “Vigilate” suona: “permanete nella conversione”. Conversione e vigilanza, due momenti di un’unica realtà sempre dinamica. Il primo, fondante, segna l’inversione di rotta. Il secondo, il mantenere la rotta, il riorientamento continuo  verso il Dio che voglio contemplare. In mezzo alle correnti della vita, nell’ordinarietà feriale, dentro il libero gioco delle decisioni, nel pieno delle responsabilità della storia, la vigilanza mi proietta verso l’incontro con colui che il cuore attende e mi attende a sua volta. L’attenzione concentrata, la tensione memore anticipano il compimento della relazione, nella trepida gioia che mescola il già con il non ancora.

Allora il senso profondo del brano è consolatorio: “L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora”(Sl 130,6). O, nello spirito di Giovanni: “E ora, figlioli, rimanete in lui perché possiamo aver fiducia quando apparirà e non veniamo svergognati da lui alla sua venuta” (1 Gv 2,28). E, ancora più forte: “Per questo l’amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia  nel giorno del giudizio;…Nell’amore non c’è timore, …e chi teme non è perfetto nell’amore” (1Gv 4,17-18).

La destinazione liturgica del brano è l’Avvento, che partendo dalla celebrazione della venuta a noi del Signore glorioso negli ultimi tempi, ci accompagnerà a contemplare la sua prima venuta tra noi nella carne di un bambino. Tra le due, nel tempo della Chiesa, la vigilanza ci mette in contatto con la sua venuta intermedia, quella che intercetta la mia vita, quella in cui a ogni istante il Signore mi raggiunge nei sacramenti, nella Parola, nel fratello, nella mia storia. A noi vigilare (v 44) per riconoscere l’ora assolutamente ordinaria, dimessa, che si farà improvvisamente gravida della pienezza di un incontro definitivo, di grazia. Quando, abbandonate le difese, cederemo a lui e ci troveremo radicalmente alla sua presenza, nel tempo fuori dal tempo.

 

Brani di Riferimento

·        per il diluvio:                                    Gn 6,11ss; Sir 44,17-18; 1Pt 3,20; 2Pt 2,5-6; Eb 11,7.

·        per i paralleli sinottici:                    Mc 13,32-37; Lc 17,26-35; 12,39-40;

·        per l’avvento del Signore:               Ab 2,3; Is 21,10-12; Sl 96,13;

1Ts 5,2; 2Ts 2,2; 1Cor 15,23; Rm 13,12; Eb 10,37

·        per il giorno imprevedibile                       Zc 14,7; At 1,7.

 

 

 



[1] Parousia, lett. presenza, era, all’epoca, la visita annunciata e solenne di una autorità. Nella vulg. tradotta  adventus, arrivo.