Lectio divina di Lc 4, 21–30 - domenica 28.1.2001

[21] Ora cominciò a dir loro: "Oggi si è adempiuta questa scrittura nei vostri orecchi".

[22] E tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?".

[23] Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!". [24] Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria. [25] Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; [26] ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. [27] C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro".

[28] All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; [29] si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. [30] Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

Questo brano segue immediatamente il grande annuncio di salvezza che l’evangelista Luca inserisce a mo’ di programma per segnare l’inizio della predicazione di Gesù. Mentre gli altri sinottici concentravano la Buona Novella (v. Mc 1, 14; Mt 4, 12) nella imminenza del regno di Dio ormai prossimo, Luca riadatta Isaia (v. Is 61, 1-2; 58, 6) per rivelare alle genti che è Gesù il Giubileo eterno, l’anno di grazia "accetto" (in greco dektos, come al v.24) al Signore che - a differenza di Isaia – non ammetterà vendette, né rendimento di conti.

Il regno di Dio, per Luca, si realizza <<oggi>> nell’ascolto (nei vostri orecchi) della Parola, in Gesù che rende attuale le Scritture, svelandone il senso profondo che si rivolge a tutte le genti.

Di fronte a questo annuncio, l’uditorio di Gesù, la gente di Nazaret riunita nella sinagoga, si trasforma in una comunità di credenti. E’ impressionante notare che tutti gli rendevano testimonianza (v.22).

Cosa giustifica questo radicale cambiamento del popolo in ascolto? Perché prima c’è un riconoscimento della grandezza delle parole di grazia di Gesù e, poco dopo, si assiste al cambiamento di umore, fino addirittura al tentativo di linciarlo?

Il racconto è piuttosto enigmatico e lascia spazio all’interpretazione, ma pare proprio di intravedere nelle parole che hanno scatenato l’ira dei "suoi", quasi una sorta di annuncio al contrario, una specificazione della portata universale della salvezza annunciata poco prima in sinagoga.

Gesù ha forse intravisto nel mormorio dei presenti un dubbio circa la sua effettiva appartenenza. Non è forse costui il figlio di Giuseppe? Alcuni, infatti, hanno notato che il riferimento a Giuseppe e non a Maria, quest’ultimo sicuramente più frequente nei vangeli, mira ad attribuire una discendenza umana a Gesù, anzi una esclusiva identità nazarena. Per l’uditorio, Gesù è Nazaret (cura te ipsum).

Ma Gesù non condiziona la sua missione a logiche di appartenenza. Egli non è solo un profeta ebreo. Egli è venuto per tutti, giudei e pagani, diremmo oggi credenti e non credenti. Il miracolo della Parola non è prerogativa di nessuno, va oltre ogni settarismo. Dio può suscitare figli ad Abramo dalle pietre (v. Lc 3,8). Può guarire le ferite e le piaghe di chi ha un cuore disposto a seguirlo, come la vedova di Sidone o Naaman il Siro. Non è la comunità in sé (patria, famiglia, chiesa) che genera i miracoli, ma solo la comunità con il Signore.

Lo strappo è forte.

I testimoni del v.22 sono gli stessi potenziali assassini (tutti) del v.28. Un riferimento, come se ce ne fosse bisogno, alla situazione di ogni credente (e di ogni comunità di credenti), ove c’è un germe di incredulità che vivacchia latente, per poi esplodere quando qualcosa esula dagli schemi, quando il rifiuto della Parola impedisce l’unità.

Gesù non permette ancora la sua morte. La forza profetica del suo annuncio, scomodo ai suoi, deve ancora risuonare fino alla Croce per esaltare l’universalità della salvezza.

 

 

Brani di riferimento:

Meditazione su Lc 4,21-30

Lectio divina Geremia 1,4-5;17-19