Lectio divina di Mc. 1,14-20 – domenica 26.01.2003

3^ domenica tempo ordinario

(Mt. 4, 18-22; Lc. 5, 1-11)

 

 

[14] Dopo che Giovanni fu consegnato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e dicendo: [15] "Il momento (kairòs) è compiuto e il regno di Dio si è avvicinato; convertitevi e credete al vangelo".

[16] Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. [17] Gesù disse loro: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". [18] E immediatamente, lasciate le reti, lo seguirono. [19] Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti; [20] e immediatamente li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, si allontanarono dietro a lui.

 

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

 

La consegna di Giovanni segna l’inizio della predicazione di Gesù. Il tema centrale della sua predicazione è formulato nei primi due versetti del brano di questa settimana: la compiutezza del momento (kairòs) a cui si lega la vicinanza del regno di Dio. Il momento è compiuto. Il kairòs, quindi non il tempo lineare della storia, nella sua scansione oggettiva ma il momento della pienezza che viene enfatizzata dall’ “è compiuto”. Tutta l’antica alleanza che è iniziata nel passato e che dura attualizzandosi nel presente si compie nella sua perfetta interezza con la venuta di Gesù nella storia degli uomini, nella storia di ogni esistenza (cfr. Gal. 4, 4; Ef. 1, 1-10). Grazie a questo incontro con Gesù il regno non solo si è fatto vicino ma è presente dentro di noi.

Questa è la buona notizia che comporta un cambiamento radicale, una ristrutturazione della propria esistenza e, una volta che si sono rotti i vecchi schemi, un affidarsi fiducioso al Padre.

La narrazione della chiamata dei primi discepoli della seconda parte del brano (vss. 16-20) si può comprendere a partire da questi primi due versetti ed è presentata da Marco quasi come un modello di riferimento che si attualizza in ogni storia di conversione.

La dinamicità dell’incontro tra Gesù e i primi discepoli sintetizza ciò che avviene quando nel fluire del tempo di un’esistenza, che si dipana tra le attività delle propria quotidianità, irrompe Gesù che passa. La risposta non può che essere immediata (vs. 18) come immediata è la chiamata (v. 20): non si può rischiare che l’attimo passi senza che ci lasciamo trasformare.

Nel vangelo di Giovanni della scorsa settimana (cfr. Gv. 35-42) i discepoli erano presentati come già in ricerca, pronti ad ascoltare un maestro così come avevano ascoltato la testimonianza del Battista, qui invece sono presentati nel loro vissuto esistenziale, intenti nelle loro attività abituali, e il passaggio di Gesù, la sua iniziativa nelle loro vite, comporta una nuova ermeneutica del loro essere pescatori, una reinterpretazione di tutta la loro esistenza e una nuova missione che nasce dalla gioia di condividere il lieto annuncio. Nella narrazione di queste due coppie di chiamate si puntualizza come ogni volta che si trova ciò che può farci cambiare la nostra esistenza ci sia da lasciare qualcosa perché dentro ogni pienezza c’è la morte dell’uomo vecchio e l’inizio di una nuova storia.

Il lasciare tutte le proprie sicurezze, quelle della proprio lavoro, quelle affettive, per andare dietro al Signore che passa è il salto audace che permette che il kairòs  si realizzi.

 

Brani di riferimento:

Sulla chiamata: 1 Re, 19, 19-20; Is 50, 4-5; Gio 1, 1-16.

Sul significato del “pescare uomini”: Ez 12,13; Ab 1,15-17; Mt 13, 47-50.

Sul senso del “lasciare” e “seguire”: Lc 9, 57-62.