Introduzione
alla lectio divina di Giovanni 21, 1-19
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aprile 2004 – III domenica di Pasqua
[1] Dopo queste cose, Gesù si manifestò di nuovo
ai discepoli presso il mar di Tiberiade; e si manifestò in questa maniera.
[2] Simon Pietro, Tommaso
detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due
altri dei suoi discepoli erano insieme.
[3] Simon Pietro disse loro: “Vado a pescare”. Essi gli dissero:
“Veniamo anche noi con te”. Uscirono e salirono sulla barca; e quella
notte non presero nulla. [4] Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla
riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. [5] Allora Gesù disse loro: “Figlioli, avete del pesce?” Gli risposero:
“No”. [6] Ed egli disse loro:
“Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete”. Essi dunque
la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero di pesci.
[7] Allora il discepolo che Gesù amava
disse a Pietro: “È il Signore!” Simon Pietro, udito che era il Signore,
si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. [8] Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano
molto distanti da terra (circa duecento cubiti), trascinando la rete
con i pesci. [9] Appena scesero a terra, videro là della brace
e del pesce messovi su, e del pane. [10]
Gesù disse loro: “Portate qua dei pesci che avete preso ora”. [11] Simon Pietro allora salì sulla barca
e tirò a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci; e benché
ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. [12] Gesù disse loro: “Venite a far colazione”.
E nessuno dei discepoli osava chiedergli: “Chi sei?” Sapendo che era
il Signore. [13] Gesù venne,
prese il pane e lo diede loro; e così anche il pesce. [14] Questa era già la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi
discepoli, dopo esser risuscitato dai morti. [15] Quand'ebbero fatto colazione, Gesù disse a
Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami più di questi?” Egli rispose:
“Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”. Gesù gli disse: “Pasci
i miei agnellini”. [16]
Gli disse di nuovo, una seconda volta: “Simone di Giovanni, mi ami?”
Egli rispose: “Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene”. Gesù gli disse:
“Custodisci le mie pecore”. [17] Gli disse la terza volta: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”
Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: “Mi vuoi
bene?” E gli rispose: “Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti
voglio bene”. Gesù gli disse: “Pasci le mie pecorelle. [18] In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi
da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le
tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti”. [19] Disse questo per indicare con quale
morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse:
“Seguimi”. |
Quelle
sottolineate sono parole ed espressioni chiave per la meditatio.
La fine del capitolo 20,
che precede il nostro brano, contiene una esplicitazione delle finalità per cui
il quarto Evangelo è stato scritto e sembra concluderlo. Questa ulteriore
dimensione narrativa del cap. 21 e alcune incongruenze anche stilistiche hanno
portato i commentatori a discutere a lungo sull’autore di questo capitolo,
molto probabilmente non proprio Giovanni ma uno dei suoi discepoli. Comunque
sia, è proprio questo epilogo, in cui il racconto continua con la terza apparizione
di Gesù ad alcuni discepoli, non più a Gerusalemme ma in Galilea, che risulta
determinante per ricomprendere dopo l’evento pasquale la storia della relazione
tra gli uomini e Dio e il senso della missione della comunità ecclesiale.
Il brano può essere
diviso in due nuclei: il primo (vss. 1-13) in cui viene narrata la pesca
miracolosa presso il lago di Tiberiade che comporta il riconoscimento di Gesù
da parte dei discepoli, e il loro mangiare insieme, e il secondo nucleo (vss.
15- 19) tutto incentrato sul dialogo tra Gesù e Pietro, in cui Gesù gli affida
il suo gregge.
Il lago di Tiberiade,
dove avviene l’incontro tra Gesù e i suoi discepoli, è il luogo della
sovrabbondanza della grazia, proprio qui era avvenuta anche la moltiplicazione
dei pani (cap. 6, 1-14), ed è il luogo dove i discepoli, dopo essere andati via
da Gerusalemme, tornano alla loro attività e, riprendendo ciò che facevano
prima che Gesù irrompesse nelle loro vite e nella loro storia, tentano di
ridare un senso alla loro esistenza. Comprendono tuttavia l’importanza del
rimanere insieme, dell’essere comunità anche nella condivisione del momento
difficile dello smarrimento, della perdita di senso (“Veniamo anche noi con
te”, vs. 3).
Come nell’episodio
narrato da Luca (Lc. 5, 1-11) per la chiamata dei primi discepoli, anche qui la
pesca è infruttuosa ed è l’incontro con Gesù a dare un nuovo corso alla
vicenda. Gesù sa che non hanno preso nulla ma vuole riannodare i rapporti con
loro nella piena umanità della loro attività e del mangiare insieme (anche
nell’apparizione in Lc. 24, 41 Gesù chiede di mangiare); ancora una volta Gesù
vuole profondamente la relazione con gli uomini, anche quando l’uomo che vive
l’assenza di Dio è pronto a chiudersi alla relazione, come avviene con il “no”
secco della risposta dei discepoli alla sua richiesta di un po’ di pesce.
E’ necessario un atto di
affidamento dell’uomo, la disposizione a calare ancora una volta le reti,
perché si manifesti in pienezza l’azione della grazia e perché nel momento
dell’esperienza dell’assoluto annichilimento possa farsi strada quella forza
nuova che cambia la vita e che permette ad alcuni di riconoscere il Signore,
come nel caso del discepolo che Gesù amava, ad altri di andargli incontro con
slancio, come fa Pietro che, pur avendolo rinnegato, non esita a buttarsi in
mare, grazie alla fiducia nella misericordia del Padre.
La pesca che prefigura
l’opera di evangelizzazione (cfr. Mt. 4, 19; Mc. 1,17: “Seguitemi, vi farò
diventare pescatori di uomini”) è il risultato della presenza di Gesù Risorto
nell’esistenza quotidiana dei discepoli e, benché i pesci siano tanti, la rete
non si rompe (il verbo greco usato è lo stesso da cui deriva la parola scisma). L’universalità della comunità
dei credenti (il numero 153 si può ricollegare a tutte le specie di pesci
allora classificate dagli zoologi e quindi all’idea di universalità) si lega
strettamente nel quarto Evangelo alla loro unità, che è anche uno dei temi
centrali della preghiera di Cristo al Padre (cap. 17, 20-23). Come nota Leon
Dufour “la missione apostolica simboleggiata dalla pesca mira a unificare gli
uomini”.
Dopo l’esperienza
pasquale, Pietro non è chiamato soltanto a una missionarietà che si fonda su
una reinterpretazione del suo essere pescatore (cfr. Lc 5, 10) ma ad una vera e
propria imitazione di Cristo: nell’essere pastore della sue pecorelle sino a
dare la propria vita per loro (cfr. cap. 10, 14-15). Questa volta il “Seguimi”
presuppone l’andare sino in fondo, sino al martirio, ed è soltanto l’esperienza
della Pasqua, dell’incontro con il Cristo Risorto, che permette di seguire Gesù
non solo nella vita ma anche nella morte (cfr. cap. 13, 36-38); solo ora Pietro
può comprendere pienamente il significato del suo primo incontro con Gesù (cfr.
cap. 1, 40-42).
Per rispondere alla sua
chiamata occorre un amore incondizionato come quello che per tre volte, come
tre erano stati i rinnegamenti (cfr. cap 18, 15-27), Gesù domanda a Pietro; un
amore che racchiude in sé i significati dei due verbi greci usati (agapao e fileo) che sintetizzano l’amore che viene da Dio ed è per Dio e al
tempo stesso l’accoglienza dell’altro e la relazione con i fratelli.
Nel proclamare il suo amore, questa volta Pietro,
senza l’impulsività che lo aveva caratterizzato, ma con la consapevolezza che
gli viene dall’affidamento alla profonda conoscenza del cuore che è propria di
Gesù e dall’aver percepito la sua debolezza grazie all’esperienza dell’aiuto di
Dio che ha fatto con il perdono, è pronto ad assumere su di sé il servizio di
pascere il gregge.
Riferimenti:
Ø Sul ruolo di Dio come pastore: Gn 49, 24; Os
4, 16; Ge 23, 1-6; 31, 10;Ez 34; Is 40, 11; Sal 23; 80,2; Mc 6, 34; Lc 15, 3)
Ø
Sulla missione
della Chiesa: Mt 28, 19-20; Mc 16, 15-16; 1Pt. 5, 2; At 20,28.