Introduzione alla lectio divina su Mc 2,1-12

Domenica 23.2.2003 - 7^ tempo ordinario

 

[1] Entrato di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni, si udì che era in casa. [2] E si radunarono molte persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta (cf. 1,33); ed annunziava loro la Parola.

[3] Si recarono da lui con un paralitico sorretto da quattro persone. [4] Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella ove giaceva il paralitico. [5] Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: “Figlio, ti sono rimessi i peccati”.

[6] Seduti là vi erano alcuni scribi che ragionavano in cuor loro: [7] “Perché costui dice così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non l’unico Dio?”.

[8] Ma subito Gesù, avendo conosciuto nel suo spirito che così ragionavano in sé stessi, disse loro: “Perché ragionate su queste cose nei vostri cuori? [9] Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi la tua barella e cammina? [10] Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha autorità (cf. 1,27) sulla terra per rimettere i peccati, [11] Dico a te - disse al paralitico - alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. [12] Quegli si alzò, prese la sua barella e se ne andò in presenza di tutti al punto che tutti erano fuori di sé e glorificavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.

 *Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

 

Gesù insiste. Dopo la giornata di Cafarnao in cui aveva guarito corpi ed anime delle gente del luogo e dopo essersi allontanato per predicare (kerussein; v. Mc 1,39) nel resto della Galilea la prossimità del Regno di Dio (predicazione nel corso della quale aveva avuto anche occasione di guarire – toccandolo - un lebbroso), Egli ritorna nella città da cui era partito.

È ancora fresco il ricordo delle sue gesta miracolose, tanto che appena si ode voce del suo arrivo nella casa (la presenza di Gesù rende quel luogo “la casa”, sia che essa fosse quella di Simone [v. Mc 1,29] o di altri) si crea una folla. La velocità del passaparola riempie subito quel luogo e molti sono costretti ad ascoltare l’annuncio (lalein è il termine greco) della parola del Signore da fuori la porta. Non c’è tutta la città (v. Mc 1, 33), ma i presenti stavolta non vengono da lui solo per essere guariti dai loro problemi fisici o morali.

Ancora una volta però Gesù è richiamato al suo ruolo di guaritore. Come i suoi discepoli gli avevano in precedenza parlato della suocera di Simone (v. Mc 1, 30), così altri quattro individui, la cui identità l’evangelista non rende nota, intercedono alla loro maniera per un paralitico costretto a giacere su una lettiga. È un segno della presenza di una Chiesa nascente, che fa di tutto per presentare chi ha bisogno innanzi al Signore. E Gesù percepisce immediatamente la portata del gesto spettacolare compiuto dai quattro e si sente chiamato in causa dalla loro fiducia (“vedendo la loro fede”; v. 5) nell’autorità di quell’Uomo, nel suo potere di liberatore.

E ne prende spunto per mostrare a tutti la misericordia  del Padre, facendo capire chi è.

Non tutti i presenti, infatti, hanno ancora ben percepito la reale identità di questo autorevole guaritore (v. Mc 1,22), ma dopo questo miracolo certamente lo sapranno (ancor meglio all’esito di questa sezione che termina al capitolo 3,6) e si dovranno confrontare con lui, con il Cristo, segno di contraddizione.

Le parole che Gesù pronuncia sono il suo biglietto da visita. “Figlio, ti sono rimessi i peccati” è una frase che è diretta al paralitico, ma anche al resto dei presenti. Il miracolo non è questione privata del paralitico.

Il malato viene così perdonato dai suoi peccati. Per l’uditorio di quel tempo questa affermazione è più straordinaria di un miracolo. Neanche l’atteso Messia era in grado di rimettere i peccati, ma solo il Padre. Il cd. passivo divino, ossia l’abitudine narrativa di tacere l’autore della azione espressa al passivo, sottintendendo un intervento di Dio, utilizzato in questa occasione dall’evangelista non è evidentemente apprezzato dall’uditorio di scribi intervenuti a sentire Gesù, i quali, in modo del tutto coerente con l’insegnamento delle Scritture, si scandalizzano pur senza voler far trapelare cosa si agita nel loro cuore.

La loro obiezione è estremamente seria. Qui è in gioco l’unicità di Dio e la persistente validità dello Shemà Israel. Qui si rischia l’idolatria.

Ma a questo punto Gesù compie il vero miracolo. Legge nei cuori dell’uomo (avendolo appreso nel suo spirito) come solo Dio può fare. “Perché ragionate su queste cose nei vostri cuori?” (v.8). Egli riesce a svelare i loghismoi (i ragionamenti, che, nella tradizione monastica del deserto, equivalgono al termine “peccati”) che si agitano all’interno di coloro che lo ascoltano (e questi scribi sembrano ascoltarlo davvero). Gesù in questo modo inizia il percorso di guarigione degli scribi, che prendono coscienza di cosa si agita nel loro cuore.

E non si ferma qui. Anzi, raccogliendo i dubbi degli scribi e riprendendo l’idea diffusa del legame tra malattia e peccato, afferma esplicitamente che egli è il “Figlio dell’Uomo”, il Cristo atteso, al quale è stato assegnato ogni potere sulla terra, compreso quello di perdonare i peccati. Il Padre, infatti, gli ha affidato la salvezza di tutto l’uomo (”Alzati” del v.11 è lo stesso verbo di resurrezione utilizzato per la suocera di Simone), non solo del suo spirito o del suo corpo (“Che cosa è più facile dire al paralitico?”; v.9).

Qui non c’è la temuta idolatria, perché se la salvezza vera e completa dell’uomo appartiene al Padre, ebbene Gesù dimostra con i fatti e con le parole che il Padre ed il Figlio sono una cosa sola.

Tutti escono fuori  di sé (già un primo segno di salvezza? Lett. sono in estasi). E danno lode a Dio, testimoniando la straordinarietà dell’incontro con Gesù.

 

 

Brani di riferimento (oltre a quelli già citati) :

 

Ø      Su Dio che cancella il peccato: Es 34,7; Is 43,25;  Sal 103,3.

Ø      Sulla bestemmia nell’AT: Lv 24,16

Ø      Sulla paralisi come castigo di Dio: Lv 21,17-23; Ez 21,11-12.

Ø      Sulla conoscenza dei cuori di Dio: 1 Re 8,39.