Lectio Divina di Giovanni 20,
19-29
22 aprile 2001
II domenica di Pasqua
[19]
Essendo dunque sera, in quel giorno, il primo della
settimana, mentre erano chiuse le porte dove erano i discepoli, per paura
dei Giudei, venne Gesù e stette nel mezzo e disse loro: “Pace a voi!”.
[20] E detto questo, mostrò loro le mani e il costato. Gioirono
allora i discepoli vedendo il Signore. [21] Disse dunque loro di
nuovo: “Pace a voi! Come (per il fatto che, greco= kathòs) il
Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. 22 E dicendo questo, alitò
e disse loro:”Ricevete lo Spirito Santo. [23] A chi rimetterete i
peccati, sono loro rimessi; a chi li riterrete, sono ritenuti”. [24] Ma
Tommaso, uno dei Dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. [25]
Gli dicevano dunque gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma
egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani l’impronta dei chiodi e
non metto il mio dito nell’impronta dei chiodi e non metto la mia mano nel
suo costato, non crederò affatto”. [26] E dopo otto giorni i
suoi discepoli erano di nuovo dentro e Tommaso con loro. Viene Gesù, mentre
le porte erano chiuse, stette nel mezzo e disse: ”Pace a voi”. [27] Poi
dice a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, porta la tua
mano e mettila nel mio costato, e non essere incredulo, ma credente”. [28]
Gli rispose Tommaso e disse: “Il mio Signore e il mio Dio!”. [29]
Gli dice Gesù: “Perché hai visto me hai creduto. Beati coloro che non
hanno visto e hanno creduto”. |
Ci sono personaggi del Vangelo che hanno segnato
più di altri l’immaginario di lettori e ascoltatori, fino a diventare
proverbiali: Tommaso è uno di questi. L’evangelista Giovanni è l’unico a
raccontarci questo episodio, concentrando nella figura di Tommaso i dubbi che
in realtà serpeggiavano fra tutti gli apostoli, come ci dicono chiaramente i
sinottici (MT 28, 17; Mc16, 11-14; Lc 24, 37-41). E’ domenica quando Gesù
appare per la prima volta alla comunità dei discepoli rinchiusi per paura dei
Giudei. Ed è ancora domenica quando il Risorto appare anche a Tommaso.
Probabilmente questa insistenza sul giorno significa che già ai tempi della
redazione evangelica si era affermata la domenica cristiana, “il giorno del
Signore” (Ap. 1, 10) in cui la comunità si riuniva per “spezzare il pane” (Atti
20, 7). La prima parola che Gesù rivolge agli apostoli è lo shalom
ebraico, il saluto quotidiano, che nella sua bocca assume forza e valore nuovo:
non è un semplice augurio, ma è il dono della pace effettiva, che spazza le
ansie e le paure di chi ha perso di vista Cristo e non sa quando e se lo
incontrerà di nuovo. E’ l’adempimento della promessa che Gesù stesso aveva fatto
in Gv 14, 27: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo
io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia paura. La
conseguenza di questo incontro, fugato ogni timore, è la gioia immediata del
ritrovarsi: Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo
e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. (vedi
Gv 16, 20-23). Il dono fondamentale di Gesù è comunque quello dello Spirito
Santo, tanto che questo brano viene spesso indicato, in modo improprio, come
“Pentecoste giovannea”: il verbo ‘alitare’ rievoca la creazione (Gn 2,7),
perché, attraverso il dono dello Spirito, Gesù suscita la fede pasquale e attua
una creazione nuova. Lo Spirito permetterà la continuazione della missione di
Gesù, che ha come obiettivo la remissione dei peccati in vista della salvezza.
Ma per attuare un compito simile ci vuole piena sicurezza della propria fede e
una salda relazione col Cristo risorto. Tommaso proprio non riesce a credere
alla parola della sua comunità. Non fidandosi dei compagni, l’apostolo opera
uno strappo con la comunità, non riesce a condividere la loro gioia, sceglie la
solitudine del dubbio, la chiusura dell’incredulità. Non gli basta Ascoltare:
vuole vedere, vuole toccare. Altrimenti -è categorico- non crederà. Il dubbio è
coerente col suo carattere, pragmatico, razionale, concreto: Andiamo anche
noi a morire con lui! Aveva esclamato di fronte alla risoluta decisione di
Gesù di recarsi da Lazzaro, mentre i discepoli timorosi dei Giudei obiettavano
che si trattava di un viaggio pericoloso (Gv 11, 8.16). E quando Gesù, dopo
l’ultima cena, aveva fatto quel lungo discorso sul ‘posto’ che andava a
preparare per i discepoli, Tommaso, rivelando ancora scarsa sintonia col
Signore, aveva quasi ironizzato: Signore, non sappiamo dove vai: come
possiamo conoscere la via? (Gv 14, 2-5). Gesù, che lo conosce bene, va
incontro ai suoi dubbi, li ascolta e gli risponde usando le sue stesse parole.
Non nasconde però alla fine una punta di amarezza. Il problema non è però la
negatività dell’esperienza sensibile in sé: tutto il capitolo 20 di Gv insiste
sul nesso tra vedere e credere, e Gesù stesso ha scelto di farsi vedere,
mantenendo le piaghe e le ferite, che lo rendono subito riconoscibile agli
occhi degli apostoli, oltre a significare quel senso di addossamento fisico del
dolore e del peccato del mondo, come canta Isaia 53, 11. Tommaso sbaglia non
solo e non tanto perché vuole vedere anche lui, quanto perché il vedere e il
toccare sono le condizioni senza le quali la sua fede non può sussistere.
Quando si ragiona con i “se”, come Tommaso, anche una esigenza comprensibile
come la sua diventa ‘scandalo’, pietra d’inciampo nel cammino della Fede e
dell’abbandono a Dio. La debolezza diventa però ancora una volta forza ed è
proprio Tommaso a conferire a Gesù il titolo più alto e definitivo, mio
Signore e mio Dio, dopo che i discepoli nel primo capitolo avevano
attribuito a Gesù una serie di titoli, man mano che la loro conoscenza si
approfondiva. La professione di fede di Tommaso, dà l’occasione a Gesù di
proclamare beati quelli che non vedono e credono. Quelli che crederanno
sulla parola di chi ha visto: i vv. 31 e 32 sembrano essere la vera
conclusione del vangelo di Gv, mentre il cap. 21 sarebbe tutto un’aggiunta
posteriore. La nostra fede si basa su una testimonianza scritta, una
testimonianza che dà la vita a chi le dà ascolto: chi ha visto ne dà
testimonianza… perché anche voi crediate (Gv 19, 35) e perché, credendo,
abbiate la vita nel suo nome.
Brani di riferimento:
*Può aiutare la comprensione la rilettura della
prima parte del capitolo 20 di Gv.
*Sul Signore principe della Pace nell’AT si può
vedere Gdc 6, 23 ss.; Is 9, 5-6; Mic 5, 4.
*Sulla
paura di schierarsi apertamente con Gesù: Gv 7, 13; 9, 22; 12, 42; 19, 38.
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