Introduzione alla lectio divina su Gv 1, 1-10

21 Aprile 2002-domenica IV Pasqua

 

1 “In verità, in verità vi dico: chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore ma si arrampica da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra per la porta è pastore delle pecore. 3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce e chiama le proprie pecore per nome e le fa uscire. 4 Quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, va innanzi a loro e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”. 6 Questa parabola disse loro Gesù, ma essi non capirono di che cosa parlasse loro. 7 Gesù allora continuò: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e briganti. Ma le pecore non li ascoltarono. 9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo; entrerà ed uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non entra se non per rubare, sgozzare e distruggere. Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.

*Quelle sottolineate sono le parole chiave per la meditatio

 

 

Con il brano giovanneo di questa settimana si riprende il filo delle rivelazioni che Gesù fa di sé e dei motivi della sua missione. Se ne era avuta una anticipazione con l’episodio del cieco nato, prototipo dell’uomo che ascolta e segue con fede, nel quale Gesù si era presentato come “luce del mondo”. Tuttavia questo brano si lega anche a quello di domenica scorsa poiché Gesù ci parla di sé, come ha fatto con i discepoli di Emmaus, e si propone come attualizzazione vivente delle promesse veterotestamentarie.

Il discorso di Gesù è un discorso figurato e come tale procede per immagini: il pastore, l’ovile, le pecore, il trovare pascolo. Immagini che dovevano essere molto familiari per chi ascoltava Gesù ed apparteneva ad una società dedita alla pastorizia. Ancora più familiari perché già nell’Antico Testamento tanti sono i riferimenti al popolo di Israele come ad un gregge (Num. 27, 15-17, Sal. 95, 7; Ger. 23-3-4; Ez. 34; Mic. 2, 12) su cui Dio vigila e di cui si prende cura.

In questo brano Gesù presenta se stesso e la sua missione non solo affermando ciò che è ma anche attraverso antitesi, in cui contrappone il pastore a chi vuole ingannare il popolo di Dio. In questi primi versetti del capitolo infatti il nucleo centrale riguarda il modo di approccio alle pecore che contrappone il pastore da chi è un ladro o un brigante, ossia chi non ha a cuore il bene delle pecore ma ne vuole la rovina. In questa prima parte del brano viene semplicemente accennato il rapporto tra il pastore e le pecore che verrà poi approfondito nei versetti successivi, in cui Gesù parlerà di sé come buon pastore.

Qui la figura del pastore è delineata nei tratti che ne sottolineano la confidenza e il prendersi cura delle pecore: le chiama per nome, le conduce fuori una ad una assicurandosi che tutte lo seguano, va davanti a loro. Da parte loro, le pecore fanno ciò che i discepoli sono chiamati a fare: ascoltare e seguire il pastore. E’ proprio grazie a questa reciproca conoscenza che c’è tra il pastore e le pecore che queste ultime non danno ascolto a nessuno se non al pastore.

Nella seconda parte del brano la formula “io sono” che introduce il discorso rivelativo è maggiormente messa in evidenza dal contesto polemico dei versetti precedenti. Gesù dice di sé di essere porta secondo una duplice accezione.

Nella prima rivelazione Gesù sottolinea il suo essere “porta delle pecore”, ossia il mezzo attraverso cui il pastore si accosta alle pecore. A differenza dei falsi pastori, soltanto chi vuole effettivamente il bene delle pecore, chi vuole effettivamente condurre il gregge di Dio si avvicina ad esse dalla porta, passa attraverso Gesù e non può prescindere da lui.

Nella seconda rivelazione invece Gesù si definisce soltanto “porta”, senza alcuna specificazione, porta che conduce all salvezza, questa volta porta non per il pastore ma per le pecore stesse, che attraverso la porta possono giungere al pascolo, dove trovano il nutrimento per la loro vita. Sono libere di entrare e uscire per quella libertà che viene dalla fedeltà alla parola e dal conoscere la verità (Gv. 8, 32).

Anche il “trovare pascolo” è una espressione veterotestamentaria, immagine dell’assistenza divina (Sal. 23, 2) che qui viene reinterpretata in senso escatologico, Gesù come porta che conduce al pascolo è la via per la salvezza (Gv. 14, 6) è il rivelatore e il portatore di salvezza. La sua venuta è per dare all’uomo la vita nella sua pienezza, al suo più alto livello in quanto vita eterna.

 

Brani di riferimento:

 

Alcuni brani di riferimento sono indicati nel corpo del testo.

Su Gesù pastore tutto il cap. 10.

Meditazione su Gv 10, 1-10

 

Lectio divina Prima Alleanza

da ora e per le prossime domeniche pasquali questa lectio sarà relativa ad una delle letture dell'antica alleanza lette durante la veglia di Pasqua