Lectio divina di Mt 25,31-46 – domenica 21.11.1999

XXXIV domenica del tempo ordinario – Cristo Re

 

[31] Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. [32] E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, [33] e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. [34] Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. [35] Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, [36] nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. [37]Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? [38] Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? [39] E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? [40] Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. [41] Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. [42] Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; [43] ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. [44] Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito? [45] Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. [46] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".

 

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

 

Questo brano rappresenta la conclusione del ministero pubblico di Gesù e la conclusione del suo discorso escatologico (cc.24-25). E’ opportuno ricollegarsi a Mt 24,29-31 e non perdere di vista le tre parabole sulla vigilanza per interpretare il senso della rappresentazione del giudizio finale.

In Mt 21,5 Gesù annuncia il proprio ingresso a Gerusalemme con le parole del profeta Zaccaria (9,9): 

Dite alla figlia di Sion:
Ecco, il tuo re viene a te
mite, seduto su un'asina,
con un puledro figlio di bestia da soma.

Questo re è mite e si presenta seduto su un’asina. Egli, nella sua veste storica, è mite come i miti di Mt 5,5 che erediteranno la terra, dove terra sta per terra promessa, “un’altra espressione per indicare il regno dei cieli” (TOB). E’ un re mite, un re che ama. E’ un re pastore (Mt 18,12-14; Gv 10, 1-18) che sa riconoscere le pecore che condividono con lui il tratto dell’agape. L’affresco del giudizio finale di questo brano ha a che fare con il discernimento che il Re-pastore opera in termini definitivi e con la rivelazione, per ciascuno dei giudicati, della verità del proprio cuore.

L’ingresso nella benedizione eterna è riservato a chi ha vissuto secondo il criterio dell’ amore. Non tanto a chi lo ha predicato o proclamato, ma a chi lo ha praticato, e praticato con immediatezza quasi senza capire cosa stesse facendo e a chi. In realtà ciò che viene rivelato, e che risulta sorprendente, è la coincidenza sostanziale tra il piccolo e Gesù (cf. Mt 22,34-40). E’ questa coincidenza che dev’essere sfuggita agli uni e agli altri. Questa coincidenza difficile da comprendere perché non è sempre facile riconoscere il povero.

 

???  Problema esegetico

Alcuni esegeti fanno coincidere “i miei fratelli più piccoli” con i cristiani sic et simpliciter e hanno fondati motivi biblici per farlo. Si può concordare se si considera “cristiano” chi è fratello del Signore, ovvero “chiunque fa la volontà del Padre mio” (Mt 12, 48-50), e chi è piccolo nel senso indicato da Gesù quando si rivolge ai suoi discepoli o parla di loro (Mt 10,42; 18,6; Mc 9.42; Lc 12,32). Si può essere “piccoli” allora soltanto in relazione a Gesù di Nazareth? E soltanto rispetto a questi “piccoli” ci sarà la responsabilità dell’accoglienza? Se fossero solo i cristiani i destinatari dell’accoglienza, il giudizio riguarderebbe, a questo punto, soltanto i non cristiani (come farebbe pensare l’espressione panta ta ethne, solitamente rivolta ai pagani, ed  il termine giusti, che solitamente indica chi dà buona prova di sé pur non essendo discepolo). Il problema, seguendo quest’impostazione, è capire in quale posizione stanno i cristiani di tutti i tempi. Saranno anche loro interpellati dal giudizio? E saranno interpellati nel loro atteggiamento nei confronti di altri cristiani ancora più piccoli (nel caso in cui essere piccoli  è una condizione di particolare indigenza tra i cristiani); oppure nel senso della loro capacità di diventare piccoli a tal punto da mettere tutto nelle mani del Signore? In ultima analisi: di essere veri cristiani? Se i fratelli più piccoli sono gli indifesi, i poveri in spirito, certamente facenti parte delle pecore quasi per diritto acquisito, e se il riferimento di Gesù è ai cristiani (o a questo tipo di cristiani), ai protetti dal Signore, la questione si sposta radicalmente: chi può dirsi cristiano?

 

Le azioni compiute, o non compiute, nei confronti dei piccoli, chiunque essi siano e chiunque debba compierle, sono condensate nell’ultimo dei verbi utilizzati: servire (v.44). La fraternità – e non necessariamente il riconoscimento di Cristo nel piccolo - è il criterio della candidatura al regno dei cieli. E’ chiamata in causa la qualità della vita “qui e ora”, nel senso della parabola dei talenti. La vita cristiana nella fraternità, l’agape, l’accoglienza sono il filo conduttore del Vangelo. E Matteo, con la rappresentazione del giudizio finale, piuttosto che impaurire la sua comunità di riferimento e noi che oggi ascoltiamo la Parola, ha voluto forse ricordarci che la vita degli uomini è orientata. Che le azioni degli uomini non sono prive di responsabilità. Ma anche che l’ Essenziale è invisibile (come il granello di senapa di Mt 13,31-32) e nascosto dietro i volti di uomini e donne che ci intercettano nel nostro cammino. O dietro i nostri “piccoli” volti .

 

Brani di riferimento

Ø    Riguardo il giudizio di Dio nell’AT: Ez 34,17; Zc 14,5; Dn 7,13;

Ø    Riguardo il concetto di “piccoli”: Mt tutto il c. 10; Mt 18,1-14.

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