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Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza
stancarsi: [2] «c’era in una città un giudice, che non temeva Dio
e non aveva riguardo per nessuno. [3] In quella città c’era anche una
vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro
il mio avversario. [4] Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse
tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, [5] poiché
questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente
a importunarmi». [6] E il Signore soggiunse: «avete udito ciò che dice
il giudice disonesto. [7] E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che
gridano giorno e notte verso di lui, anche se nei loro riguardi si fa
attendere? [8] Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio
dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» |
*Quelle sottolineate sono parole-chiave per
la meditatio
Il brano di questa settimana ad una prima lettura
appare semplice e chiaro sia nella struttura che nel messaggio che intende
comunicare; il suo significato però diviene più pregnante solo se alcuni
particolari vengono esaminati con maggiore attenzione.
Luca chiarisce fin dall’inizio lo scopo per il
quale Gesù racconta la parabola del giudice e della vedova, fornendoci così la
chiave di lettura del brano; essa ha la funzione di invitare a mantenersi
costanti e fedeli nella preghiera, senza cadere nella tentazione dello
sconforto e della demotivazione; questo sembra infatti l’atteggiamento che il
Signore richiede nel tempo dell’attesa del ritorno del Figlio dell’Uomo, al
quale lo stesso Gesù aveva fatto riferimento negli ultimi versetti del capitolo
precedente (17,22-37). Il nostro brano è dunque la conclusione del discorso già
avviato da Gesù, ma fornisce in più le motivazioni per le quali i credenti sono
chiamati a pregare con costanza.
Il testo è diviso in due parti: la prima è
costituita dalla parabola vera e propria (vv. 1-5); la seconda contiene le
conclusioni che il Signore trae dalla parabola precedente attraverso un
ragionamento che vuole sottolineare al contempo le analogie e le differenze tra
l’azione del giudice iniquo e l’azione di Dio verso gli “eletti”, ai quali il
brano appare specificamente indirizzato.
Come più volte accade in Luca, Gesù per illustrare
con efficacia e chiarezza l’atteggiamento di Dio verso l’uomo fa riferimento a
personaggi e vicende umane nella loro concretezza. Qui troviamo da una parte un
giudice iniquo e disonesto, il quale amministra la giustizia a suo completo
arbitrio, senza tener conto né delle leggi di Dio né di quelle degli uomini,
dall’altro una vedova, ossia un vero e proprio simbolo dell’insicurezza
sociale, dal momento che la morte del marito provocava la privazione di ogni
mezzo di sostentamento e l’esposizione a ingiustizie di ogni genere (cfr. Lc.
20,17). Non sappiamo quale situazione la affligga, se questioni di debiti
lasciati dal marito o di eredità o altro ancora; sappiamo solo che per
rimediare a questa situazione di abiezione e di debolezza di fronte al proprio
avversario ella non ha altra strada, per reclamare i propri diritti, che rivolgersi
a questo giudice. Ciò che stupisce, e che Luca vuol sottolineare, è il modo
della richiesta: ella si reca continuamente dal giudice rinnovando
incessantemente la sua richiesta di giustizia (gli imperfetti “andava” e
“diceva” nel testo greco hanno appunto valore iterativo, di ripetizione).
L’impassibilità e la noncuranza del giudice che neppure presta ascolto alle sue
legittime rivendicazioni non la scoraggiano; il tempo che trascorre senza
portare risultati concreti (“per un certo tempo egli non volle”) non la blocca;
la forza della disperazione diviene al contempo quella forza della speranza che
alla fine riesce a piegare persino il giudice iniquo; stanco di tanta
insistenza, sia pure in una logica meschina e utilitaria, egli decide di
adempiere il suo dovere dando giustizia alla vedova.
A questo punto Gesù tira le fila del discorso: Dio
non è certo paragonabile al giudice iniquo e se perfino quest’ultimo ha ceduto
alle insistenze della vedova dalla quale non avrebbe tratto alcun vantaggio,
tanto più Egli renderà giustizia prontamente agli “eletti”. Gesù rinnova la sua
promessa di riscatto a coloro che nell’attesa di Dio vivono la delusione, lo
scacco, l’oppressione; non tace il ritardo della venuta del Figlio dell’Uomo
(questa almeno sembra l’interpretazione più plausibile dell’ultima frase del
vv.7) ma assicura alla comunità dei credenti in attesa (cfr. Mc. 13,20; 22; 26)
che il grido della preghiera di invocazione e di soccorso costantemente
rinnovata non rimane inascoltato. Le sue parole sono forti, senza equivoco: la
liberazione dalle tribolazioni ci sarà e sarà immediato, senza dilazioni, senza
indugi.
Malgrado il messaggio sia forte e chiaro, Luca è
però perfettamente consapevole delle debolezze dei credenti; sa bene che il
perdurare nel tempo delle situazioni di ingiustizia, sia che vogliamo
intenderle, come nel caso della vedova, in senso concreto e materiale, sia che
nascano dal mancato riconoscimento della dignità della persona e del credente,
può ingenerare sentimenti di sfiducia, di sconforto, di abbandono, di rinuncia.
L’ultimo interrogativo lanciato dall’evangelista e lasciato in sospeso si può
forse leggere allora come la drammatica denuncia di una situazione di questo
genere, nata probabilmente dalle persecuzioni che la comunità di Luca sperimenta;
un interrogativo però che cela anche un’esortazione energica a vivere la fede
nella preghiera incessante, rinnovata contro ogni disperazione. In questo senso
la vedova diviene per noi un’icona, l’immagine significativa di una fede
“testarda” che trova il suo punto di forza nella preghiera costante, mai
trascurata, anzi più caparbia nei momenti più oscuri della storia di ciascuno e
del mondo (e forse quello attuale è uno di questi momenti) proprio perché
fondata sulla certezza che il Figlio dell’Uomo tornerà a ristabilire la sua
giustizia.
- si consiglia la lettura di Lc. 17,22-37 sulla
venuta del Figlio dell’Uomo (contesto precedente) e di Lc. 18,9-14 che sviluppa
ulteriormente il discorso sulla preghiera (contesto successivo)
-
Sull’efficacia
della preghiera insistente si veda Lc. 11,5-8 e sull’invito a “pregare sempre”
1 Ts 5-17.