Divina di Mt. 24,37-44 – domenica 2 dicembre 2001
1^ domenica di avvento
[37] Come
infatti ai giorni di Noè, così sarà parousìa del Figlio dell’uomo.
[38] Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano
e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca,
[39] e non si accorsero finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così
sarà anche la parousìa del Figlio dell’uomo. [40] Allora due uomini
saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. [41] Due donne
macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata. [42] Vegliate
dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro viene. [43]
Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della
notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la
casa. [44] Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che
non immaginate, il Figlio dell’uomo viene. |
·
quelle
sottolineate sono parole-chiave per la meditatio.
Anche Matteo, così come
Marco (c. 13) e Luca (c. 21), include nel suo Vangelo un “discorso
escatologico” centrato sulla rivelazione da parte di Gesù della sua prossima
venuta, la cosiddetta parousia. Le parole di Gesù, proprio perché
testimoniate dagli evangelisti con questa forza, costituiscono il fondamento
della speranza dei cristiani, che dopo la morte e la resurrezione di Gesù sono
chiamati a vivere il tempo dell’attesa e della speranza del suo ritorno. Così
Matteo, il quale in tutto il c. 24 ha combinato l’annuncio della parousia
con quello della distruzione di Gerusalemme, presenta quelle che secondo Gesù
saranno le modalità di questo evento: esso sarà manifesto a tutti (vv. 27-28) e
avrà una dimensione universale (vv. 29-31); soprattutto però la parousia
appare in Matteo un evento imminente, (v. 34 “non passerà questa generazione
prima che tutto questo accada”), ma del quale neppure Gesù è in grado di
indicare con precisione il momento preciso, il “giorno”, dal momento che questo
è custodito esclusivamente nel segreto della volontà del Padre (v. 36).
Tuttavia proprio
l’ignoranza del momento in cui il Signore ritornerà sembra poter porre una
forte ipoteca sull’atteggiamento dell’uomo: vivendo una porzione di tempo necessariamente
limitata, storica, è facile farsi cogliere da cali di tensione, dalla
tentazione cioè di considerare il ritorno di Cristo come un evento lontano,
posto in un tempo indefinito che oltrepassa i limiti dell’esistenza
individuale; e se questa era forse già la situazione della comunità per la
quale Matteo scrive il suo vangelo, questo atteggiamento riguarda forse ancor
più drammaticamente noi per i quali quell’urgenza e quell’imminenza del suo
ritorno, di cui Gesù ci parla, sembra aver perso molta della sua forza
stringente: espressioni come “fine del mondo”, “fine dei tempi”, “giudizio”,
così centrali anche nella teologia di Paolo, rischiano di proiettare l’evento
della parousia in un tempo indefinito e del tutto disincarnato.
La catechesi di Gesù, che
si apre con il nostro brano e che trova esemplificazione anche nelle tre
parabole seguenti, è dunque la logica conclusione dei discorsi da lui
precedentemente condotti e sgorga come sempre dall’intima conoscenza del cuore
dell’uomo; facendosi ancora una volta interprete di un episodio chiave
dell’antico testamento, quello del diluvio universale, Gesù sembra voler dire
che il pericolo per l’uomo rimane sempre lo stesso, fin dai tempi di Noè,
quello cioè di volare basso: mangiare e bere, prendere moglie e marito non sono
attività di per sé stesse riprovevoli, ma divengono simboli della quintessenza
della banalità e della miopia spirituale quando non sono accompagnate
dall’at/tenzione per i segni dei tempi; così il rischio è quello di farsi
sorprendere e travolgere dall’inatteso: le immagini usate da Gesù sono per
certi versi minacciose, in quanto sembrano implicare un giudizio e dunque una
selezione (“uno sarà preso, l’altro lasciato”); eppure esse hanno soprattutto
la funzione di introdurre l’esortazione perentoria che il Signore lancia alla
comunità: “vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro
viene”. La promessa del ritorno glorioso consegnata da Gesù alla comunità,
provoca quest’ultima a prendere sul serio le sue parole, a considerarle come
parole che hanno già trovato testimonianza nella sua presenza tra gli uomini e
che attendono soltanto il loro definitivo compimento. La venuta del Signore
coinvolge ciascuno di noi già nella sua storia, come ci rivela anche quel verbo
coniugato al presente, “viene” (contrariamente al futuro “verrà” delle
traduzioni correnti) che accorcia drasticamente ogni distanza. Gesù invita
dunque a vivere in tensione il tempo dell’attesa (ad-tendere appunto) e
ciò comporta quello spostamento spirituale e pratico al contempo che Paolo ci
suggerisce, fornendoci una splendida esegesi del nostro vangelo: “voi,
fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come
un ladro; voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno […]. Non
dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii. Quelli che
dormono infatti dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di
notte. Noi invece, che siamo del giorno dobbiamo essere sobrii, rivestiti con
la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della
salvezza” (1Ts 5,4-8). Vigilare dunque, per essere pronti ad accogliere
in ogni momento la visita del Signore, così come pronte alle nozze sono
le vergini che hanno preso l’olio per le loro lampade (Mt. 25,10) e come ancora
ci invita a fare Luca “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le
lucerne accese” (Lc. 12,35).
- Si consiglia la lettura di tutto il c. 24 di
Matteo e delle parabole che seguono il nostro brano.
- Il racconto del diluvio si trova in Gn. 6,5
– 8,22; è interessante notare che l’autore motiva l’invio del diluvio da parte
di Dio con la malvagità degli uomini (6,5); alla banalità delle attività umane
di cui parla il nostro vangelo non si fa cenno: come al solito Gesù
reinterpreta i testi antichi alla luce della sua venuta.
-
Interessanti
anche i passi di Paolo sul “giorno del Signore” (1Ts 5,2 e 2Ts 2,2) e sulla
parousia, interpretata come venuta futura di Gesù Cristo (1Cor 15,23;
1Ts 2,19; 3,13; 4,15; 2Ts 2,1.8-9).