Introduzione alla Lectio divina di Mt 1,18-25

domenica 19.12.2004 – IV di Avvento

[18] Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. [19] Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva esporla pubblicamente all’infamia (deigmatizo, nel NT solo in Col. 2,15), pensò di licenziarla in segreto. [20] Mentre andava rimuginando queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide (1,1), non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. [21] Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati (Sal 130,8; At 4,12)". [22] Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: [23] Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele, (Is 7,14)che significa Dio con noi. (Is 8,8.10).[24] Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, [25] e non la conobbe finché partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.

 

Quelle segnate sono parole ed espressioni – chiave per la meditatio

L’evangelo di questa settimana attira la nostra attenzione innanzitutto sull’identità di Cristo. L’intento di Matteo appare evidente fin dal primo versetto: non tanto raccontare una sorta di dramma esistenziale a lieto fine vissuto da una coppia di fidanzati, quanto piuttosto presentare e svelare l’ ”origine di Gesù Cristo”. Nella visione di Matteo è chiaro innanzitutto che Gesù è realmente il figlio di Dio (Mt 26, 63-63) ed è proprio questo ciò che egli intende comunicare preannunciando al lettore fin dal v. 18 che il concepimento di Maria prima della convivenza con il promesso sposo è opera dello Spirito Santo (cf. Gn 1,2; Ez 37,1-14). Allo stesso scopo obbedisce anche la citazione del versetto di Isaia 7,14 a commento delle parole dell’angelo a Giuseppe: quel bambino che sta per nascere è l’adempimento di un piano d’amore di Dio che rivolto prima di tutto ad Israele, coinvolge tutti gli uomini. Egli è proprio l’Atteso invocato dai profeti, è “il Signore salva” (questo è il significato del nome ebraico di Gesù, Yehoshûa), è, ancora, l’Emmanuele ossia il “Dio con noi” (Is. 8.8-10) che “salverà il popolo dai suoi peccati ( v. 21; cfr. At 4,12).

Matteo dunque interpreta Gesù innanzitutto come figlio di Dio venuto ad adempiere le antiche promesse di salvezza. Tuttavia questa sua meravigliosa azione salvifica si dispiega nell’incontro con l’uomo sul piano della sua concreta esperienza storica ed esistenziale. Così tramite la figura dell’Emmanuele, Matteo interpreta anche il senso profondo dell’azione di Dio nella storia. Alla vicenda di Israele si ricollega infatti già la genealogia che precede il nostro brano (vv. 1-17). In essa Matteo mostra la discendenza di Giuseppe da Abramo e da Davide, dalla cui stirpe, secondo le profezie dell’Antico Testamento, doveva venire il Salvatore. Ma quella lunga serie di nomi non è una semplice quanto fondamentale “carta d’identità”; essa mostra sì la piena ebraicità di Gesù e la sua appartenenza alla linea della discendenza messianica, ma rivela soprattutto come la vicenda storica del popolo eletto sia profondamente marcata dalle contraddizioni radicali che segnano la condizione umana: la storia non è fatta solo da uomini di Dio come Davide o Salomone ma anche da prostitute (Rahab), da traditori del proprio popolo, da tiranni sanguinari (Achaz e Manasse), o anche da gente comune. E tuttavia, è proprio in questa vicenda “impura” che Dio ha scelto di dispiegare la propria fedele azione d’amore: la promessa fatta ad Abramo, essere una benedizione per l’umanità, perviene ora al proprio culmine: nella vicenda di Giuseppe e di Maria, scorgiamo i segni di una storia redenta non dall’innalzamento dell’uomo, ma dall’abbassamento e dalla discesa di Dio: Egli sceglie la compagnia degli uomini passando attraverso l’amen di due protagonisti discreti e silenziosi, un uomo e una donna, che vivono una storia comune e “normale”.

Un uomo come gli altri è certamente Giuseppe, che Matteo ci presenta impegnato a meditare sul da farsi rispetto all’inaspettato annuncio della gravidanza di Maria. II conflitto interiore di Giuseppe probabilmente non è frutto di sospetti nei confronti della promessa sposa, quanto del trovarsi coinvolto dentro un mistero più grande di lui che egli stenta a comprendere. È lui l’uomo della stirpe di Davide chiamato ad accogliere il Messia? È forse proprio per questo che egli vorrebbe licenziare Maria in segreto: da uomo “giusto” e innamorato, egli si colloca già oltre il legalismo che avrebbe imposto di esporre la fidanzata al pubblico ludibrio, come la Legge prescriveva in caso di adulterio (Dt 24,1).

Ciò che tuttavia risulta irrisolvibile attraverso la riflessione personale (v.20), viene assunto sul piano della rivelazione. La Parola di Dio, che si fa largo attraverso la narrazione, piuttosto consueta sul piano letterario, della visione onirica dell’angelo, rivela ciò che la ragione non comprende; l’Angelo invita Giuseppe alla scelta: egli è chiamato ad accogliere e proteggere Maria e “ciò che in lei è generato…dallo Spirito Santo”, facendosi garante della discendenza davidica del Messia, figlio di Dio e figlio di Davide ed imponendogli quel nome che ne rivela l’universale missione di salvezza.

È proprio qui che Giuseppe si fa grande. I versetti finali lo vedono infatti compiere ciò che l’angelo gli aveva detto, caricandosi pienamente la responsabilità di Maria e di quel nascituro che pure egli non ha voluto. Uomo del silenzio e della discrezione, (in ciò quasi complementare a Giovanni il Battista), Giuseppe si limita solo a fare obbedienza ad un progetto più grande di lui (cfr. Mt 2,13-15; 18-21), magari anche a costo di dimenticare le proprie aspettative personali o di un’immagine sociale poco lusinghiera. Come Maria, egli è forse l’espressione più alta della disponibilità e dell’apertura all’azione del Signore: in questo suo dire sì con i fatti è forse possibile intravedere un modo nuovo e più autentico di vivere la  “giustizia”, nell’accoglienza e nell’amore.

Brani di riferimento:

·        Il ripudio: Dt 24,1; Mt 5,31; 19,3-9.

·        Essere giusti: Gn 15,4-6; Sir 44,17.

·        Gli annunci di nascita: Gn 16,7-13; 17,1-19; 18,2-15; Gdc 13,3-22; Lc 1,11-20.26-37.

·        Il sogno: Gn 20,3; 28,12; 31,11; 37,5ss.; 41,25; Nm 12,6; Gb 33,14-15; Mt 2,13.19-21.22. Cf. anche Mt 27,19.