Lectio divina di Gv 1,35-42 - domenica 19.01.2003
2^ DOMENICA TEMPO
ORDINARIO
[35]
Il giorno dopo Giovanni stava di nuovo là con due dei suoi discepoli
[36] e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco
l'agnello di Dio!". [37] E i due discepoli, sentendolo parlare
così, seguirono Gesù. [38] Gesù allora si voltò e, vedendo che lo
seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì
(che significa maestro), dove dimori?". [39] Disse loro:
"Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove dimorava
e quel giorno dimorarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
[40] Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano
seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. [41] Egli trovò per primo
suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia
(che significa il Cristo)" [42] e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando
lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni;
ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)". |
*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la
meditatio
E’ interessante dare uno sguardo agli altri
Evangeli, i sinottici, per rendersi conto della originalità con cui
l’Evangelista Giovanni narra la chiamata dei primi discepoli. Negli altri Evangeli l’iniziativa è sempre di
Gesù, che vede uomini intenti al loro lavoro quotidiano e li invita a seguirlo
(Mt 4,18-22; Mc 1,16-20; Lc 5,1-11). Giovanni invece incorpora questi eventi
all’interno del capitolo 1 che tratta di Giovanni il Battista. La chiamata dei
primi discepoli è inserita nel più vasto tema della testimonianza, come
se l’Evangelista volesse approfondire di più, rispetto ai sinottici, la
dinamica della vocazione al discepolato connettendola al tema della mediazione
costituita dal Testimone.
Apparentemente infatti l’iniziativa qui è
del Testimone. E’ Giovanni (cf. anche 1,29) che indica ai suoi discepoli l’ “!Agnello
di Dio”, quando vede Gesù “passare” (1,36). Gesù non va “verso Giovanni”, come
in 1,29, ma semplicemente “passa”. Di Gesù, poi, non si dice più che “toglie il
peccato del mondo”, come se il Testimone – e con lui l’omonimo Evangelista -
volesse attirare l’attenzione, piuttosto che sull’azione redentiva, sulla relazione
con Gesù. Dire che l’iniziativa è del Testimone non significa dimenticare che
egli è “inviato da Dio” (Gv 1,6). Significa tuttavia porre l’attenzione sul
fatto che Gesù si offre a chi ha già intrapreso un cammino di ricerca, per
quanto lo stesso cammino di ricerca sia indizio di una forma di relazione con
il Signore (si può parlare qui di un vero e proprio circolo vocazionale).
Tale cammino inizia proprio a partire da un atto di ascolto del
Testimone: i due discepoli si muovono “sentendolo parlare così” (1,37). Nella
relazione tra il Testimone e i due discepoli non c’è né gelosia del Testimone né
dipendenza dei discepoli. Il Testimone sa di doverli consegnare ad un altro. Ha
colto il kairòs, il momento del suo “passare” per rivelare ai suoi
discepoli la propria comprensione dell’identità di Gesù. Il Battista comprende
Gesù come “Agnello di Dio” rimandando i propri due discepoli a Isaia
52,13-53,12, ma è curioso che i due discepoli che si sono messi alla sequela del Signore interpretano Gesù soltanto come
Rabbi (1,38). Una buona possibilità di comprensione del testo, infatti, è data
proprio dalla progressione degli appellativi di Gesù, che di volta in volta è
indicato come “Agnello di Dio” (36), “Rabbi” (38) e, infine, “Messia” (41).
I due
discepoli seguono dunque Gesù in quanto Rabbi. Alla lectio proposta loro
dal Testimone, essi rispondono con una meditatio che è sequela e ricerca
di un’attenzione da parte di Gesù. Gesù infatti si volta, evidentemente perché
la loro è una ricerca autentica: “Che cercate?” (cf. il “Chi cerchi?” a Maria
Maddalena in Gv 20,15). I due discepoli esprimono il loro desiderio non tanto
di sapere dove abiti Gesù, quanto di fare esperienza di comunione con
lui, sulla linea del rabbinismo ebraico. Quel “dove dimori?”, più che una
richiesta di informazioni, è una richiesta di comunione, una vera e propria oratio.
Il Gesù che si volta, a questo punto, è il Gesù che invita. Invita a muoversi
per “vedere” (1,39). Il movimento dall’ascoltare al vedere è reso possibile da
una meditatio tutt’altro che statica o contemplativa, ma dinamica: “seguirono
Gesù” (1,37). Il momento della contemplatio, indicibile (infatti non si
dice nulla di quelle ore trascorse con Gesù), è indicato dall’espressione
“dimorarono presso di lui” (1,39). Da quella esperienza ormai personale, non
più testimoniata dal Battista, i due discepoli pervengono al riconoscimento di
Gesù come Messia: “Abbiamo trovato il Messia” (1,41).
La ricerca
è giunta a compimento. La vocazione al discepolato si è snodata come una vera e
propria lectio divina, con i quattro momenti canonici, ma all’Evangelo
di questa straordinaria vocazione seguono gli Atti dei due Apostoli, anzi di
uno di loro, Andrea, che, proprio perché ha “trovato” il Messia (ma usa il
plurale, “abbiamo” a sancire la nascita della comunità cristiana), così “trova”
(stesso verbo eurisko al v. 41) suo fratello Simone, al quale annuncia
la Buona Notizia. Andrea qui è pennellato come colui che “aveva udito le parole
di Giovanni” (1,40), come a voler risottolineare che il primo movimento è stato
un movimento di ascolto e che tutto quel che è venuto dopo e che, ancor oggi,
continua ad avvenire dopo l’ascolto della Parola, è risultato il frutto donato
dal Dio-che-si-volta all’uomo che accetta la fatica dell’ascolto e della
ricerca. La fatica dell’ascolto e della ricerca seria che rende Andrea, a sua
volta, Testimone, come il suo ex maestro, e gli dà forza di condurre niente
meno che Simon Pietro a Gesù.
Il dialogo tra Gesù e Simone dice con
chiarezza la quintessenza del cammino cristiano.
A parte il fatto che il verbo usato per
definire lo sguardo di Gesù su Simone è lo stesso di quello che definiva, in
1,35, lo sguardo del Battista su Gesù (en-blepo, scrutare in
profondità), va notato come Gesù in due battute dimostri di conoscere, di
Simone, passato (“figlio di Giovanni”), presente (“tu sei…”) e futuro (“ti
chiamerai…”). Gesù riorganizza l’esistenza di Simone e la ridefinisce a partire
da uno sguardo profondo d’amore (cf. lo sguardo sull’uomo ricco in Mc 10,21)
che costituisce il modo in cui Dio fissa coloro che vuole attirare a sé.
Per Simone, come per suo fratello Andrea e
per l’altro discepolo (forse proprio Giovanni?), l’annuncio, pur necessario,
cede il passo ad un’esperienza diretta del Signore. Il Battista indicò l’Agnello,
ma i due discepoli trascorsero gran parte della giornata con colui che per loro
era Rabbi, così come Andrea potè annunciare a Simone Colui che ormai era
stato compreso come il Messia, ma Simone quest’uomo dovette vederlo
faccia a faccia, perché fosse Messia anche per lui. Solo allora infatti capì che la sua identità, prima ancora che la
sua stessa esistenza quotidiana, sarebbe radicalmente cambiata.
Brani di riferimento:
·
Sul
significato dell’agnello nell’AT: Es 12, 1-28; Is 52,13- 53,12.
·
Sulla
sequela nel Vangelo di Gv: Gv 8,12; 10, 4.27; 12,26;
13, 36-38; 21, 19-22.