Introduzione alla lectio divina Gv 11, 1-45

17 marzo 2002 - V domenica di quaresima

1 Era allora infermo un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. 2 Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era infermo. 3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui al quale vuoi bene è infermo».

4 All'udire questo, Gesù disse: «Questa infermità non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5 Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. 6 Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. 7 Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea». 8 I discepoli gli dissero: «Rabbi, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9 Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10 ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché non è in lui la luce».

11 Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo».

12 Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, si salverà». 13 Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Dunque, andiamo da lui». 16 Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui».

17 Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. 18 Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia 19 e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. 20 Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21 Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22 Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». 23 Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». 24 Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». 25 Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26 chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». 27 Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».

28 Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29 Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. 30 Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là».32 Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33 Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si adirò nello spirito e si turbò e disse: 34 «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni e vedi!». 35 Gesù pianse. 36 Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?».

38 Intanto Gesù, ancora adirato in sé stesso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie poiché mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che mi ascolti sempre, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43 E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori». 44 Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

45 Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Quelle sottolineate sono le parole chiave per la meditatio.

 

Dio è più forte della malattia e della morte. Questo è il filo conduttore tra il brano della guarigione del cieco nato ed il brano della prossima domenica che riguarda il ritorno alla vita di Lazzaro.

Il Gesù giovanneo continua il suo percorso volto a manifestare (manifestazione=gloria) la potenza di salvezza del nostro Dio, ad illuminare il volto di Colui che la tradizione ortodossa chiamerà l’Ischuròs, cioè il più forte.

Ma la forza di Dio, ancora una volta, si annuncia nella debolezza dell’uomo (il termine greco usato per la malattia di Lazzaro è astheneia, ossia debolezza, infermità). Una fragilità che non risparmia gli uomini che Egli ama, come Maria, Marta ed il loro fratello Lazzaro. Una fragilità implicita nella radice dei nomi che fanno da contesto all’azione di Gesù: Betania (cioè, Casa della Afflizione) e Lazzaro (che significa Dio aiuta).

Che il significato dell’episodio di Lazzaro sia prefigurazione della croce e adempimento della volontà del Padre da parte di Gesù, lo si capisce subito quando l’evangelista Giovanni insinua un lasso di tempo di due giorni tra la notizia della malattia dell’amico e quella della partenza dalla Cisgiordania: è al terzo giorno che Gesù annunzia che è giunta l’ora di svegliare il dormiente, andando così incontro a morte certa nell’ostile giudea. Gesù rispetta i tempi del padre suo.

I discepoli, forse contando di vedere il loro rabbi risvegliare coloro che apparivano morti (v. Mc 5, 35-43; Lc 8,52), non danno peso alla gravità dell’infermità di Lazzaro (“se dorme, sarà salvato”), ma la franchezza (lett. parrhesia ) di Gesù non lascia spazio ad equivoci. Lazzaro è davvero morto e la grandiosità della vittoria sulla morte che Gesù andrà a celebrare non potrà restare nascosta, anzi costituirà motivo di imbarazzo da parte di quel popolo che lo ha già rifiutato (cfr Gv 11, 36 e ss.). Tommaso si accorge di accompagnare concretamente il suo maestro alla croce.

La definitività del sepolcro accoglie Gesù a Betania: una leggenda di quei tempi raccontava che l’anima aleggiava intorno al cadavere per 3 giorni e poi se ne allontanava, abbandonando il corpo alla putrefazione. Gesù giunge, dunque, quando non c’è più nulla da fare, quando le leggi della natura hanno fatto il loro corso. Sia Marta, che viene incontro al Signore, sia Maria, affermano, infatti, che se Gesù fosse arrivato prima dell’ingresso nel sepolcro, Lazzaro sarebbe rimasto vivo. Da buona osservante, Marta interpreta l’annuncio di resurrezione di Gesù come una resurrezione da fine dei tempi, che non esclude però, di fatto, la dolorosa scomparsa del fratello.

A questo punto, però, Gesù va oltre le ordinarie credenze sulla resurrezione: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se fosse morto, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno.” Solo dopo questa scoperta, anche esistenziale, che Dio attraverso il suo Figlio è padrone della vita e che la morte non ha l’ultima parola, Marta può veramente proclamare la venuta del Messia e figliolanza divina di Gesù.

Nonostante le accortezze di Marta (che comunica di nascosto la chiamata di Gesù alla sorella), Maria, inizialmente rimasta in casa, si spinge anch’essa fino ai piedi di Gesù, attirando con sé la folla di giudei che la credeva dirigersi al sepolcro. La disperazione della donna e la commozione dei presenti non sono, però, elementi che restano estranei ai sentimenti del Maestro. Qui l’evangelista Giovanni descrive Gesù scosso da un fremito nello spirito, che letteralmente sembrerebbe d’ira, più che di commozione, e che assomiglia a quelle reazioni di rabbia di fronte al dolore che colpisce i propri cari. A tali sentimenti, insieme alla commozione ed al pianto, non sembra sfuggire neppure il Figlio fatto carne: neppure la fede nelle opere del Padre pone al riparo dal dolore.

Ma l’emozione non è solo per l’amico, è anche per la consapevolezza che l’uscita di Lazzaro dal sepolcro segnerà l’ora della sua condanna a morte (c’è un secondo fremito in se stesso). Il demone della morte si serve di ogni mezzo per impedire l’adempimento della missione del Figlio. E Gesù, come nel Getsemani, piange e soffre prima di consegnarsi con il suo clamoroso gesto a chi lo ucciderà.

Di tutto ciò, comunque, Gesù fa il rendimento di grazie (lett. eucharistein), un ringraziamento che precede la vittoria sugli inferi (cfr. Sal 30) e toglie il macigno che separa la morte dalla vita.

Ai presenti viene, dunque, anticipata la gloria di Dio. Come le vesti candide del Trasfigurato avevano riscaldato il cuore dei tre discepoli, così Marta, Maria e la folla dei testimoni godono della realtà di ciò che avevano più o meno consapevolmente annunciato o sentito riferire.

Molti per questo credettero in Lui.

 

Riferimenti:

Meditazione su Gv 11,1-45

 

Lectio divina AT