Lectio Divina di Luca 6, 20-26 domenica 15 febbraio 2004

VI domenica del tempo ordinario

 

[20] Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: "Beati voi che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro. [21] Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. [22] Beati voi, quando gli uomini vi odieranno, e quando vi scacceranno da loro, e vi insulteranno e metteranno al bando il vostro nome come malvagio, a motivo del Figlio dell'uomo. [23] Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia, perché, ecco, il vostro premio è grande nei cieli; perché i padri loro facevano lo stesso ai profeti.

[24] Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. [25] Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. [26] Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché i padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti.

 

Quelle sottolineate sono parole ed espressioni – chiave per la meditatio

 

Le beatitudini, con i poveri come protagonisti, e le maledizioni (guai) con destinatari i ricchi, continuano il piano programmatico di Gesù del Vangelo di Luca.
Le beatitudini sono una forma letteraria conosciuta fin dall'antico Egitto, Mesopotamia, Grecia… In Israele abbiamo diverse testimonianze nella Bibbia, specialmente nella letteratura sapienziale e profetica. Nei salmi e nella letteratura sapienziale, si ritiene beato colui che fedelmente segue la legge: "Beato l'uomo che non va alle riunioni dei malvagi, né segue le vie dei peccatori… ma si compiace della legge del Signore e medita la sua legge giorno e notte" (Sal 1,1); "Beati coloro che senza deviare andranno per la strada secondo la legge del Signore" (119,1).
Le maledizioni o "guai" sono più comuni nei profeti, in momenti in cui si vuole esprimere dolore, disperazione, lutto o lamento per qualche situazione che conduce alla morte: "guai a coloro che nascondono i loro piani e credono di potersi nascondere da Jahweh" (Is 29,15)… anche per richiamare l'attenzione di coloro che accumulano: "guai a coloro che aggiungono casa a casa, e campo a campo finché non resta alcun posto per abitare sulla terra!" (Is 5,8)… Le beatitudini e le maledizioni di Gesù rispetto a quelle dell'AT hanno delle differenze fondamentali. Nella letteratura sapienziale dell'Antico Testamento si insiste su un comportamento concorde alla legge per poter essere beati, nel Vangelo al contrario, Gesù non esige nessun comportamento etico determinato, come condizione per essere dichiarato beato. Semplicemente, i poveri (anawin), coloro che piangono, i perseguitati sono beati.
La beatitudine fondamentale è quella dei poveri, giacché le altre vanno poste in relazione a questa. Sono i poveri quelli che hanno fame, quelli che piangono o sono perseguitati. Luca ricorda la promessa dell'AT di un Dio che sarebbe venuto ad operare in favore degli oppressi (Is 49,9.13), coloro che hanno Dio come unico difensore (Is 58,6-7) che chiamano costantemente Dio (Sal 72; 107,41 113,7-8). Tutte queste promesse sono compiute in Gesù, che ha definito dal principio il suo programma missionario a favore dei poveri e degli oppressi: nella “cura” che egli ha riposto verso questi ultimi egli ha rivelato la sua più vera e profonda identità di redentore (Lc 4,16-21. Cfr. Is 61,1-3). È Dio stesso, che nel mistero dell’amore che prova per gli uomini ha voluto rendersi povero nell’incarnazione stessa del Figlio, come Paolo efficacemente sintetizza: “Egli, che era di condizione divina … si umiliò prendendo la forma di servo e diventando simile agli uomini” (Fil. 2,6-7) e “per noi da ricco che era si fece povero”. L’”abbassamento”di Dio, il mistero del suo farsi povero in Gesù, è la condizione alla quale Dio si presta per riallacciare il suo rapporto con l’uomo: quella che Gesù incarna è dunque una povertà essenzialmente relazionale.

Bisogna dunque evitare di equivocare: la beatitudine del povero (ebr. Anawim) non si riduce ad un masochistico compiacimento della propria condizione, al crogiolarsi in un vittimismo sterile ed autoconsolatorio; Dio non vuole la povertà, la fame, la persecuzione, ma Luca però ci mostra come nella condizione dell’abiezione, del dolore e del rifiuto si celi l’apertura alla relazione con Dio; i poveri non sono beati per il fatto di essere poveri, ma perché assumendo tale condizione, possono sperimentare la vicinanza del Signore e su tale relazione fondare la propria speranza. È solo assumendo in pieno la povertà e attraversandola che si partecipa fin d’ora alla ricchezza del “Regno di Dio”.

 

Le beatitudini sono seguite da quattro "guai" o maledizioni contro i ricchi. Le due prime vanno direttamente contro i ricchi ed i soddisfatti per la loro indifferenza di fronte alla situazione dei poveri. Le altre due sono dirette a coloro che ridono e a quelli che hanno una buona fama. La contrapposizione tra poveri e ricchi è chiaramente fondata nel Magnificat: "ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote" (Lc 1,53). E' dunque chiaro per Luca che ogni fiducia posta nella ricchezza è ingannevole (Lc 12,19). Eppure anche questi “guai” o “lamentazioni”, già nella loro stessa formulazione, mostrano come le ricchezze, la pienezza, la buona fama non possano essere considerate dei problemi in se stessi, né essere rigettati tout court: il nodo risiede piuttosto per l’atteggiamento interiore di autosalvezza e di chiusura alla Grazia che esse ingenerarano; ancora Luca su questi temi è per noi un maestro prezioso: la straordinaria parabola dell’uomo ricco, altero e sicuro delle proprie sostanze e del povero Lazzaro, accolto dopo la morte nel seno di Abramo e saziato di ogni sua fame, rivela con chiarezza come la sfida fra povertà e ricchezza sia in realtà ben più profonda e riguardi ciò su cui l’uomo radica le proprie sicurezze e le proprie certezze (Lc. 16,19-31). Il bivio che si apre è quindi tra la memoria della cura “povera” che Dio ha esercitato verso l’uomo e il muro dell’orgoglio interiore che le varie ricchezze possono indurci ad erigere. Possiamo perciò meditare le parole del profeta Geremia:

 

“Maledetto l’uomo che confida nell’uomo…

Egli sarà come un tamerisco nella steppa.

Benedetto l’uomo che confida nel Signore…

Egli è come un albero piantato lungo l’acqua”.

 

Riferimenti :

·        Le beatitudini nell'AT: Is 30, 18; 32, 20; Dn 12, 12; Sal 32, 1-2; Sal 33, 12; Sal 84, 5.6.13.

·        Le beatitudini nei Vangeli: Mt 11, 6; 13, 6; 16, 17; Lc 11, 28; 12, 37.38.43; 14, 14; Gv 13, 17; 20, 29.

·        Sui poveri: Mc 10, 21; 12, 43; Lc 4, 18; 7, 22; 14, 13.21; 16, 19-26; 19, 8.

·        Sulla sazietà e sull'annuncio della gioia: Is 49, 10; Ger 31, 12.25; Ez< 34, 29; 36, 29.