Lectio divina di Gv 10, 11-18 – domenica 14.05.2000

4^ domenica di Pasqua

[11] Io sono il buon pastore. Il buon pastore depone la vita per le pecore. [12] Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; [13] egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. [14] Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, [15] come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e depongo la vita per le pecore. [16] E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. [17] Per questo il Padre mi ama: perché io depongo la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. [18] Nessuno me la toglie, ma la depongo da me stesso, poiché ho il potere di deporla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane" (Gv 9,41). Nel c. 9 dell'Evangelo di Giovanni, Gesù ridà la vista ad un cieco riproponendo uno dei suoi soliti paradossi (vd. per esempio lo scambio di significati tra morte e vita nel c.12): questa volta sono chiamate in causa la vista ed il suo opposto, la cecità. I farisei credono di vedere, ma in realtà sono ciechi. Si è rimandati ad una "vista" diversa, di tipo spirituale. A chi è consentita questa facoltà visiva tutta interiore? Il capitolo 10 risponde a questa domanda proponendo il discorso del buon pastore. Nei primi dieci versetti, Gesù descrive l'azione del pastore tenendo soprattutto a connotarla come azione protettiva nei confronti delle pecore. La conclusione di questa prima parte del discorso presenta Gesù come "porta" del recinto delle pecore. Alle pecore si accede attraverso Gesù: ogni altra strada è abusiva.

Dal v.11 Gesù va oltre e presenta se stesso come il pastore per eccellenza, il pastore "buono" (in greco kalòs, "bello", ma nel senso biblico di "pienamente adatto alla sua funzione"). L'AT conosceva la metafora del Dio-pastore e dei pastori indegni. L'orecchio degli uditori di Gesù era allenato a certe immagini. La novità qui consiste in un movimento di autospogliazione volontaria, evidenziato dalla ripetizione, per cinque volte, dell'espressione "deporre la propria vita". Il mistero pasquale di morte e risurrezione (v.18) è però preceduto da un andamento del testo che mira a evidenziare le condizioni e gli scopi che sono sottesi a questa azione di autospogliazione.

Le condizioni sono indicate ai vv.14-15 e hanno a che fare con il conoscere, che biblicamente segnala intimità profonda. Non casualmente il movimento dell'intimità profonda, dell'agape, parte da Gesù verso le pecore ed è modellato dal movimento che dal Padre va a Gesù: l'iniziativa prima è del Padre. Ogni pecora è tale in quanto è conosciuta. Il suo percorso di autoconsapevolezza sta in questa sempre crescente percezione dell'energia agapica che si sprigiona in lei e che le consente quella vista spirituale inaccessibile al fariseo.

Gli scopi sono indicati al v.16: l'autospogliazione volontaria è per l'unità di tutte le pecore. Ce ne sono altre che attendono. Altre che attendono questa "chiamata". E' una chiamata alla sequela ("devo condurre"), all'ascolto ("mi ascolteranno") e all'unità ("diventeranno un solo gregge e un solo pastore"). Notazione importante: diventeranno un solo pastore. Il pastore buono, caduto in terra come il chicco di grano, resosi assente dopo la Risurrezione, è presente nel suo gregge. E' presente nell'attitudine del suo gregge al discepolato, all'ascolto e all'agape fraterna. La relazione tra Gesù e il Padre costituisce il modello di questo movimento di amore che lega Gesù alle pecore. Le pecore da sé non sono in grado di amare. Il maestro dell'agape è Gesù: "Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli "(1Gv 3,16).

Brani di riferimento (oltre a quelli già citati) :

 

Meditazione su Gv 10,11-18