Introduzione alla lectio divina su

Luca 3,10 –18; III domenica Avvento 14.12.2003

 

Le folle lo interrogavano: «Che cosa dunque faremo?».[11] Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia (meta-dòto, condivida) una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».[12] Vennero anche dei pubblicani a farsi immergere, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». [13] Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». [14] Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente (lett. non accusate per soldi) a nessuno, contentatevi delle vostre paghe».

[15] Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, [16] Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi immergo in acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi immergerà in Spirito Santo e fuoco. [17] Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile». [18] Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.

 

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

 

Il brano si inserisce in una fase di passaggio nel racconto lucano sulla figura di Giovanni.

Si potrebbero idealmente distinguere due parti: una prima parte (vv. 10-14) in cui si passa dall’annuncio della salvezza imminente, appena proclamata dalla voce di colui che grida nel deserto, alla vita vissuta ed una seconda parte (vv. 15-18) in cui dalla vita si ritorna alla salvezza.

Il “dunque” (v. 7-8-10) che si ripete più volte nel corso dei primi versetti non è casuale. Richiama, secondo Luca, il contenuto e l’intenzione della predicazione di Giovanni e ne esprime l’atteggiamento completamente orientato a tirare le fila del messaggio vetero-testamentario, a spingere verso la circoncisione del cuore (v. Dt cap.30).

Proprio il profeta Giovanni, nei versetti immediatamente precedenti questo brano, aveva già svelato i pensieri velenosi che aleggiavano nel cuore dei giudei accorsi al lavacro dei propri peccati. Un gran numero di giusti incalliti era, infatti, uscito da Gerusalemme e si apprestava ad accostarsi alle abluzioni giovannee con la certezza di aver fatto qualcosa in più degli altri credenti (per l’ebreo osservante, il battesimo non era considerato un precetto essenziale). Ma questi turismi religiosi non sono, per il Battista lucano, segno di conversione. Non troppo tempo dopo una poesia musulmana dirà :

 

O gente partita in pellegrinaggio! Dove mai siete, dove mai siete? L’Amato è qui tornate, tornate! L’amato è un tuo vicino, vivete muro a muro: che idea vi è venuta di vagare nel deserto di Arabia? A ben vedere la forma senza forma dell’Amato, il Padrone e la Casa e la Ka’ba siete voi!

 

Il pragmatico richiamo giovanneo di fronte all’improvvisa sequela che le sue parole hanno destato (ricordiamoci che Giovanni aveva a quel tempo avuto un numero incomparabilmente superiore di discepoli rispetto a Gesù) è alla autenticità: la salvezza non segue il censo, ma sono necessarie opere (si noti il plurale etico) di conversione, opere degne.

Nella prima parte del brano, i soggetti (folle, pubblicani, soldati) variano, ma la domanda è la stessa: cosa faremo dunque?

Tutte le risposte del Battista sono accomunate dall’intento di spiegare in cosa consista la dignità delle opere di conversione: condivisione, equità, giustizia sono le virtù sociali che il più ellenista degli evangelisti mette in bocca al profeta e che questi addita come segno di conversione (notiamo anche che Giovanni non richiede agli interlocutori una rinuncia radicale, nobile ma isolata, bensì un contagioso stile di solidarietà). Non una fede solitaria ed eroica, ma una prassi d’agape tra fratelli. Per Luca, quindi, la conversione è evento di rilevanza comunitaria e non solamente faccenda individuale.

Ed infatti, dopo il richiamo a tali valori, quelle che prima erano indistinte masse di gente, ora diventano, con un passaggio letterario di soggetti, un popolo, sia pur ancora in attesa.

Nella seconda parte del brano si svela l’attesa e dalla vita si ritorna all’annuncio.

Assistiamo alla sottile finezza di Luca, il quale dopo aver dato risalto agli stimoli di interiorità del pre-annuncio giovanneo, ci induce a riflettere sui vari piani del discorso su Dio.

Ci sono le esortazioni del Battista, le esortazioni ad una coerenza di vita, che sono in grado di formare un popolo-in-attesa (metafora della comunità ecclesiale nel tempo di Avvento), ma non sono ancora sufficienti a fornire una risposta a quelle attese. E c’è l’intervento del Cristo (tratteggiato a tinte forse severe per orecchie poco aduse a linguaggi profetici) che immergerà il popolo-in-attesa nello Spirito, curando le nostre ferite con il fuoco purificante della misericordia.

Per Luca, comunque, il piano spirituale del Battista è già Evangelo (v.18).

 

 

Riferimenti :

Ø      Sinottici: Mt 3:11-12; Mc, 1: 7-8; Gv 1: 19-28; At 13:25

Ø      Per le opere di conversione: Ezechiele 18:7; Luca 11:41; 18:22; 19:8; Isaia 58:7-11; Marco 14:5-8; Atti 4:32 e 10:2,4; Romani 12,8; 2Corinzi 8:3-14; 1Timoteo 6:18; Giacomo 1:27; 2:15-26; 1Giovanni 3:17;

Ø       Per l’idea del “forte” e del “giudizio”: Isaia 9:5 e 11:2; Isaia 41:11-16