Introduzione
alla Lectio divina di Mt 4,1-11
I domenica di Quaresima – 13 febbraio 2005
[1]
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel
deserto per esser tentato dal diavolo. [2] E dopo aver digiunato quaranta
giorni e quaranta notti, ebbe fame. [3] Il tentatore allora gli
si accostò e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi
diventino pane". [4]
Ma egli rispose: "Sta scritto: Non di
solo pane vivrà l'uomo,
[5] Allora il diavolo lo condusse con sé nella
città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio [6] e gli disse: "Se
sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi
angeli darà ordini a tuo riguardo,
[7]
Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:
Non tentare
il Signore Dio tuo"
(Dt 6,16). [8]
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli
mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:
[9] "Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi
adorerai". [10] Ma Gesù gli rispose:
"Vattene, satana! Sta scritto: Adora il
Signore Dio tuo
[11] Allora
il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano. |
Il
brano è collegato dall’avverbio “allora” (tote
in greco) all’episodio del battesimo di Gesù nel
Giordano, che si conclude con la voce dal cielo:”Questi
è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (3,17). E’
quindi immediatamente dopo questa manifestazione di compiacimento del Padre che
Gesù viene
condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato. Gesù
non si trova nel deserto per caso, né vi si è recato per sua scelta, ma
piuttosto sta obbedendo ad una precisa volontà dello Spirito, che vuole
che Egli sia tentato dal diavolo. Alla luce di ciò acquista un significato
ancora più grande il compiacimento del Padre, che ci sarebbe
apparso più ovvio e motivato dopo il superamento delle tentazioni
e che invece, avvenendo prima, mostra che l’abbraccio del Padre nei
confronti del Figlio, e di tutti i suoi figli, prescinde dalle “buone azioni”,
dai successi (sia pure spirituali) ed è prima di tutto una scommessa sull’uomo,
nella quale il Padre investe addirittura la Sua stessa credibilità: cosa ne
sarebbe stato di questo compiacimento se Gesù fosse
caduto, se si fosse lasciato vincere dalle tentazioni?
Non
possiamo permetterci infatti di considerare questo
episodio come una semplice passeggiata di Gesù nel
deserto, o addirittura come una parata dal sapore quasi militare imbastita
dallo Spirito per mostrare la potenza di Gesù,
vincitore sulle tentazioni del diavolo: se Gesù,
trascorsi quaranta giorni nel digiuno, viene sottoposto a queste prove, è
perché l’esito non era scontato, perché effettivamente queste tentazioni
avevano in sé la forza di corrompere Gesù stesso, di
vederlo soccombere alle seduzioni orchestrate da Satana. Non possiamo che
giungere a queste conclusioni se non vogliamo ridurre a pura prova di forza
di Gesù l’episodio raccontato, svuotandolo in fin dei
conti di ogni persuasione
e di ogni capacità di entrare nei nostri cuori.
Il
Padre quindi ha rischiato in prima persona, ha impegnato sé stesso ed il
proprio nome, senza utilizzare gli uomini come semplici pedine di eventi ben orchestrati e dall’esito già stabilito e
accettando invece di rimanere sconfitto Egli stesso se il Figlio fosse caduto
nella trappola, di rimanere sconfitto con il Figlio se questi fosse
caduto.
Perché allora lo Spirito conduce Gesù nel
deserto, perché vuole che sia sottoposto alle tentazioni? Un primo elemento che
possiamo senz’altro dedurre da tutto ciò è che il
Padre vuole mostrare ad ogni uomo soggetto alla tentazione del male che, anche indipendentemente
dall’esito della prova e infatti anche prima di conoscerne l’esito, Egli
è vicino a quell’uomo, pronto a sorreggerlo con il suo sguardo benedicente.
L’altro
elemento può essere invece in qualche modo considerato una sorta di
“educazione” nei confronti del Figlio, che solo da questo momento in poi
comincerà la sua predicazione a Cafarnao (4, 17) e
che non potrebbe insegnare nulla a nessuno se non condividesse la debolezza dei
fratelli cui si rivolge. Se Gesù
non conoscesse la fame (4, 3), la debolezza fisica, e non avesse sperimentato
la debolezza spirituale, se non fosse stato soggetto, come tutti gli uomini,
alla tentazione del potere (4, 9), della strada più facile (4, 6), la sua
predicazione sarebbe stata vana e la sua presenza nel mondo del tutto inutile
(… proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto
personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova,
Eb 2, 18).
Gesù dunque si fa vicino agli uomini condividendo la loro debolezza
e avvicinando loro, proprio nel momento della debolezza e in virtù di questa
debolezza, anche l’amore del Padre. Tutte le risposte che Gesù
dà a Satana si caratterizzano infatti per il
riferimento al Padre, le cui parole sono nutrimento per l’uomo (4, 4) e al
quale si deve riservare l’adorazione (4, 10), senza alcuna pretesa di sfidarlo
a fare quello che la nostra “idea” di Dio dovrebbe fare e che non può neanche
lontanamente avvicinarsi alla sua vera volontà (4, 7). La “vera” tentazione cui Gesù è soggetto e
che lo Spirito quindi considera anche la tentazione più forte per gli uomini è
quella di fare a meno del Padre, di trovare risposta ai nostri bisogni
prescindendo dalla risposta che Egli ci offre e che, sola, può veramente dare
loro soddisfazione.
Questa
presenza e questa disponibilità del Padre non sono una novità, ma una
riaffermazione di quello che già il Primo Testamento aveva
insegnato e che il popolo di Israele non aveva saputo cogliere. Le
parole di Gesù in questo brano sono solo le parole
delle Scritture (Dt 8, 3; Dt
6, 16; Dt 6, 13), quasi Egli non avesse
nulla da aggiungere o non volesse aggiungere nulla a quanto già gli uomini
avevano ricevuto.
Brani di
riferimento:
·
Sul
digiuno: Dt 9,9.18; Gl
2,2-17;
·
Su
Israele ed il deserto: tutto il c.8 del Deuteronomio
·
Sul
tentare Dio: Es 17,1-7; Nm
21,4-9; Mt 16,23
·
Sulla
tentazione e la prova: Sir 2; Gc
1,12-15