Lectio divina di Mt 28,16-20 - domenica
12.05.2002
Ascensione del Signore
[16] Quanto agli undici discepoli, essi andarono in Galilea sul
monte che Gesù aveva loro designato. [17] E, vedutolo, l'adorarono;
alcuni però dubitarono. [18] E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato
dato in cielo e sulla terra. [19] Andate dunque e di tutte
le nazioni andate a fare dei discepoli battezzandoli nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, [20] insegnando loro
a conservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco,
io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei tempi». |
Le parole sottolineate
sono parole-chiave per la meditazione
Questi versetti, con cui
si conclude il vangelo di Matteo, presentano molti elementi di collegamento con
la parte iniziale dello stesso vangelo. Questo infatti si era aperto con la
genealogia di Cristo, dalla creazione ad Abramo fino ad indicare in Gesù il
"Dio con noi", l'Emanuele (1, 23) cui si fa riferimento anche nel v.
20 di questo XXVIII capitolo. Anche il riferimento all'adorazione dei discepoli
(v. 17) richiama quella dei magi (2, 1-2), così come l'angelo che, attraverso
le donne presso il sepolcro fissa "l'appuntamento" di Gesù con i
discepoli in Galilea (vv. 5-8) richiama l'"angelo del Signore" che
richiama Giuseppe e la sua famiglia dall'esilio in Egitto per farli tornare
proprio in Galilea. Questi molteplici riferimenti inducono a mettere in
relazione i brani iniziali e finali, scoprendo in loro una chiave di lettura
dell'intero evangelo di Matteo.
La collocazione in Galilea
degli avvenimenti narrati è in particolare significativa. Lc e Gv infatti, a
differenza di Mt, insistono molto sulle apparizioni di Gesù ai discepoli a
Gerusalemme, dove in effetti è più probabile che storicamente si siano
verificate. Il riferimento alla Galilea di Mt acquista allora un significato
teologico che va oltre la narrazione storica e deve sicuramente essere cercato
nell'essere la Galilea il luogo meno "puro" dal punto di vista etnico
(la "Galilea delle genti" di Is 8, 23, richiamato esplicitamente in
Mt 4, 15). Quello che Matteo infatti insiste nel volere sottolineare (24, 14;
25, 32) è l'allargamento della salvezza dai ristretti confini di Israele al
mondo intero, richiamato anche in questo brano al v. 19 con l'invito a
diffondere il discepolato a "tutte le nazioni".
Il riferimento alla
"totalità" è decisamente espresso in questo brano (configurandosi, per
quanto detto, come chiave di lettura dell'intero evangelo di Mt)
rappresentandola non solo in termini spaziali, ma anche temporali e con
riferimento alla completezza dell'insegnamento di Gesù. Questo si evince
chiaramente nella ripetizione, per quattro volte in solo tre versetti,
dell'aggettivo "tutti" ("ogni potere", "tutte le
nazioni", "tutto ciò che vi ho comandato", "tutti i
giorni"). L'esperienza terrena di Gesù non può che concludersi infatti con
un allargamento della buona novella della salvezza e della vittoria sull morte
oltre ogni confine, superando anche quello temporale nella promessa della sua
vicinanza continua (v. 20).
Questa vicinanza di Gesù,
adesso compiutamente il "Dio con noi", passa per l'esperienza del
discepolato, fondato sul battesimo che stabilisce una relazione profonda con il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (secondo la formula trinitaria qui usata da
Mt), ma vivificato dalla "custodia" degli insegnamenti di Gesù, nuova
"legge" per i cristiani e definitivo compimento dell'alleanza
stipulata con Israele.
Il discepolato non può
prescindere dall'insegnamento e dalla testimonianza degli uomini di Dio, della
Chiesa chiamata a rendere presente Gesù e comunicare la buona notizia della
salvezza. Questa chiesa è costituita, nel momento in cui Gesù torna al Padre,
dagli "undici", sottolineando con il riferimento al numero la
mancanza di Giuda, memoria della mutevolezza dell'animo umano e della assenza
all'interno della stessa chiesa (degli uomini scelti "direttamente"
da Gesù!) di ogni garanzia di santità e di pretesa di perfezione. E' una povera
chiesa, fatta di uomini che conoscono il dubbio e lo sperimentano persino alla
presenza del Cristo risorto (v. 17), una chiesa che solo nel contatto continuo
con Gesù e nel radicamento nei suoi insegnamenti trova ragione di esistere,
nella consapevolezza che a Lui "è stato dato ogni potere in cielo e in
terra" (v. 18). Era proprio questa infatti una della "promesse"
di Satana a Gesù, offertagli in cambio della sua adorazione (4, 9-10) e adesso
invece da lui conquistata direttamente, passando attraverso la morte e la
vittoria su essa mediante la resurrezione.
In questo disegno di
salvezza universale sembra non trovare più posto Israele, già depositario
dell'alleanza con Dio e della promessa di salvezza, che adesso trovano pieno
compimento in Gesù, allargandosi a tutta l'umanità e facendo venire meno
qualunque specificità del popolo di Israele. L'esistenza "storica" di
Israele può però ancora assumere un valore ed un significato importante per i
cristiani, ponendosi come segno dell'"attesa" di una salvezza che
ancora deve venire. Israele ci ricorda che, se Gesù è con noi fino alla fine
dei tempi ed il Regno dei cieli è già qui sulla terra, la tensione alla
salvezza piena, donata con abbondanza a tutti gli uomini alla fine dei tempi,
non può che essere elemento centrale della speranza di ogni cristiano .
Brani
di riferimento
Sul monte nel vangelo di Matteo: 5, 1; 8,
1; 14, 23; 15, 29; 17, 1. 9
Sul discepolato in Matteo: 10, 24-25; 10, 37-38; 16, 24-26; 19, 27-28; 23, 8
|