Lectio divina di Gv 15,26-27; 16,12-15 – domenica 11.06.2000

Pentecoste

[26] Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli testimonierà su di me; [27] e anche voi testimoniate, perché siete con me fin dal principio.

[12] Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarle (cf. Gv 19,17). [13] Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà (Sal 24,5; Is 63,14) alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi riannunzierà (greco: ananghéllein: anà: di nuovo + anghéllein: annunciare) le cose future. [14] Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo riannunzierà. [15] Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo riannunzierà.

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

L'esperienza della comunità giovannea ha i connotati della memoria attiva. Dentro il grande discorso di addio di Gesù, riportato dai cc.13-17 dell'Evangelo di Giovanni, i riferimenti al Paraclito non sono mai disgiunti dalle parole e dalle opere di Gesù stesso. La funzione primaria del Paraclito è esplicitata in Gv 14,26: "Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". Non potrebbe essere evidenziata in maniera più chiara l'esperienza di ascolto e memoria che una comunità sente di dover fare per render presente l'Assente.

Ma si è parlato di memoria attiva. In realtà, infatti, il testo sembra suggerire un itinerario spirituale, che prende le mosse dal v.12: c'è una difficoltà di partenza nel sostenere il peso di qualcosa. C'è il senso di un'inadeguatezza, che potrebbe rischiare di non approdare ad alcun frutto spirituale in mancanza di un intervento istruttivo o, per meglio dire, interpretativo. La verità dell'identità di Gesù di Nazareth, la verità tutta intera (16,13), non è affare alla portata di chi ci si impegni soltanto a partire dalla combinazione di alcuni dati storici o da riflessioni metafisiche. Conviene rileggersi le argomentazioni di Paolo in 1Cor 2, 10-16 per avere un'idea di come venisse intesa l'esperienza dello Spirito dalle comunità neotestamentarie. C'è in Paolo, come in Giovanni, la ferma convinzione di una dynamis, di un'energia donata all'uomo che rende possibile la stessa memoria di quanto Gesù ha detto e fatto.

Non solo, ma la stessa percezione della presenza di questa dynamis ci si presenta in termini tutt'altro che emotivi o mistici, ma, appunto come si è detto, in termini memoriali, legati cioè alla possibilità di un recupero di tutto ciò che costituisce il mistero di Gesù di Nazareth con tutti gli strumenti di cui si può disporre perché tale recupero avvenga. In altri termini, come è stato opportunamente messo in luce, "tutte le funzioni del Paraclito sono relative al Figlio" (Leon-Dufour). Non è pensabile cioè, dalla prospettiva della comunità giovannea, un'esperienza dello Spirito in quanto "successore" di Gesù, come magari lascerebbe intendere la lettura dell'esperienza pentecostale narrata nel libro degli Atti. La Pentecoste è una vicenda strettamente legata al Figlio, come dimostra anche la narrazione di Gv 20.

Si diceva, dunque, memoria attiva. Una memoria attiva che si connota come testimonianza, ma tenendo ben ferma la duplice dinamica di tale testimonianza: i discepoli testimonieranno del Figlio (25,27), ma la loro possibilità di dire alcunché del Figlio è strettamente legata ad una testimonianza che precede, proprio quella che lo Spirito opera nei cuori degli stessi discepoli (25,26). La comunità giovannea si autorappresenta come comunità di testimoni in perenne ascolto. La loro proiezione al mondo (missionarietà) viene percepita come immediatamente dipendente da una pratica di ascolto. Viene fortemente ribadito il primato della Parola di Gesù, riannunciata da uno Spirito permanentemente presente nella comunità (16,13), su ogni tentazione di "parlare da se stessi". Il nesso Parola-Spirito probabilmente esorcizzava la comunità giovannea da ogni tentazione di "invasamento" e la riancorava sistematicamente alla concretezza del Logos di Dio perennemente parlante e perennemente interpretato da intelligenze spirituali poco disposte a sostituire il proprio misticismo alla ruminatio delle parole del Maestro.

Brani di riferimento (oltre a quelli già citati) :

·        Sulla donazione dello Spirito: Ez 36,25-27; Gv 14,26; 1Gv 2,20-28; 3,24; 4,13-14; 1Cor 2,10-16

·        Sulla testimonianza: Mt 10,19-20; Lc 12,12; At 5,32

Meditazione su Gv 15,26-27, 16,12-15