Introduzione alla Lectio
Divina di Luca 9,28-36
Seconda domenica di
Quaresima 2001
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*quelli
sottolineati sono termini chiave per la meditatio.
Il brano cosiddetto della “trasfigurazione” è
presente in tutti i tre i vangeli sinottici di Matteo, Marco, Luca; proprio
questo ci dà la possibilità di apprezzare, attraverso le diversità e le
peculiarità di ognuna delle tre versioni, come ciascun racconto, più che il
resoconto di una “esperienza”, sia piuttosto una consapevole costruzione
teologica tramite cui ciascuno degli evangelisti intende donarci un proprio
messaggio.
La “trasfigurazione” di Luca, in particolare si
presenta come il punto di arrivo di una serie di discorsi relativi all’identità
di Gesù, strettamente connessa alla prospettiva pasquale e al cammino che lo
stesso Gesù si avvia a compiere verso Gerusalemme. Già diversi segnali,
disseminati nello stesso capitolo sembrano puntare in questa direzione: la
professione di fede di Pietro, nella quale Gesù è riconosciuto dal proprio
discepolo come “il Cristo di Dio” (v. 20), poi l’annuncio imminente della
passione, con il quale lo stesso Gesù manifesta per la prima volta in modo
inequivocabile la propria vicenda imminente di passione e resurrezione. Ed è
tuttavia proprio nel nostro brano che l’evangelista sembra volere intrecciare
tutti questi fili.
Gesù si avvia adesso con tre dei propri discepoli su
un monte. Di esso non ci viene indicato il nome; per l’evangelista non è
importante indicare un luogo preciso, quanto piuttosto sottolineare, come del
resto era già nella tradizione dell’Antico Testamento, che il monte è il luogo
privilegiato dell’incontro con Dio (basti pensare a Es. 24,15-18, in cui Mosè
sale sul monte Sinai incontrando Dio che per sei giorni dimora sotto forma di
nube). Gesù inizia a pregare e durante la preghiera, nel dialogo intimo e
intenso tra Figlio e Padre il suo aspetto muta. Il volto, immagine e
rivelazione nella persona nella sua globalità, diventa “altro” da quello
consueto, le vesti risplendono di un candore folgorante. È il Gesù della gloria
(ejn dovxh/), è il Gesù che anche nel suo aspetto visibile
manifesta ora la sua totale integrazione tra natura umana e natura divina. E
tuttavia proprio a questo punto che emerge l’originalità e il tratto
caratterizzante di Luca. Già la costruzione del testo rivela che per Luca la
natura gloriosa di Gesù non può assolutamente essere separata dal quel cammino
verso la croce che Gesù sta per affrontare. Non è una caso che egli, unico fra
gli evangelisti, si soffermi a riferire il contenuto della conversazione che
Gesù intrattiene con Mosè ed Elia: “parlavano del suo esodo che stava
per compiere a Gerusalemme”. Da qui possiamo comprendere come secondo Luca
la pienezza (suggerita dal verbo greco plhrovw) di Gesù è ancora da
compiersi e si realizzerà in quell’ ”esodo” imminente che coniuga l’idea di
“cammino” e quella di “allontanamento dalla vita”. In altre parole è come se
l’autore volesse suggerire che la gloria del Cristo trasfigurato assume il suo
senso più pieno solo nella prospettiva della passione e della croce, così come
il volto sofferente di Cristo si spiega alla luce del volto glorioso della
trasfigurazione. Tra i due momenti non c’è separazione bensì continuità e
identità profonda: perché ci sia gloria è necessario l’”esodo” e anzi proprio
quest’ultimo è il compimento più alto della gloria stessa di Gesù.
Di fronte a questo evento straordinario la reazione
di Pietro e dei discepoli appare profondamente umana, a prima vista cattura
quasi la nostra simpatia. Pietro, Giacomo e Giovanni sono saliti sul monte,
hanno avuto il privilegio di condividere con Gesù una intimità ancora più
profonda di quella vissuta dagli altri discepoli: dopo avere seguito quell’uomo
di cui hanno avvertito la forza, hanno ora contemplato la sua gloria; la
proposta di “fare le tende” è allora l’espressione del desiderio di Pietro di
prolungare questo stato di grazia e di benessere, di sospendere il tempo e la storia
per continuare a gioire della gloria del maestro; eppure Luca fa intuire che
paradossalmente proprio chi è più vicino rischia di non comprendere appieno il
senso di quello che accade. A stento i discepoli riescono a stare svegli
(ancora un anticipo di quello che accadrà al momento della passione, quando
durante un’altra e ben più drammatica preghiera di Gesù, quella al Monte degli
Ulivi, essi non riusciranno neppure a vegliare; cfr. Luca 22,44-46) mentre le parole di Paolo sono come prive di senso
“egli non sapeva quel che diceva”; Paolo in effetti ha
dimenticato le parole pronunciate da Gesù pochi giorni prima, sulla necessità
di compiere un percorso che solo attraverso la morte avrebbe condotto alla
resurrezione; se la tentazione di Paolo è quella di “restare”, di fermarsi a
contemplare, Luca suggerisce con forza che la realizzazione piena della gloria
impone a Gesù la necessità di scendere dal monte e di avviarsi a Gerusalemme.
La voce del Padre giunge allora a spiegare ai
discepoli il mistero cui essi hanno assistito. Essa non soltanto porta a
compimento il percorso di definizione dell’identità di Gesù, mettendo in
evidenza il rapporto di figliolanza e di elezione del Cristo, ma suggerisce ai
discepoli (e a noi) il modo con cui rapportarsi al Figlio: “questi è il figlio
mio l’eletto; ascoltatelo”. Non dunque quella visione cui Paolo e gli altri
rimangono ancorati e che alla fine si rivela, almeno per il momento, effimera;
al contrario la sequela dei discepoli dovrà farsi ascolto vigile, custodia e comunicazione
della parola udita dal maestro.
E del resto la raccomandazione del Padre rimane la
stessa anche per noi. Come scrive A. Louf “Egli ci dà il suo Figlio, noi
porgiamo l’orecchio e lo ascoltiamo senza fine”. È ri-ascoltando ogni volta
questa parola con le “orecchie del cuore”, è continuando a proclamarla e
meditarla che siamo invitati ad entrare nel mistero di Gesù, nell’attesa di
vederlo un giorno “così come egli è, faccia a faccia”.
Brani per la meditatio
- È consigliabile anzitutto la lettura dell’intero
capitolo in cui il brano è inserito.
- Interessante è 2Pt. 1,17 e segg. nella quale lo
stesso Pietro, rievocando la trasfigurazione, ne dà una lettura come di un
primo compimento delle profezie dell’A.T.
- utile anche la lettura del brano del Battesimo di
Gesù a 3,21-22.
questa settimana la lectio sulla prima lettura non è disponibile. |