Lectio divina su Lc 20,27-38
XXXII domenica tempo
ordinario – 11 novembre 2001
[27] Poi si avvicinarono alcuni sadducei, i
quali negano che ci sia risurrezione, e lo interrogarono, dicendo:
[28] “Maestro, Mosè ci ha prescritto: "Se il fratello di uno muore,
avendo moglie ma senza figli, il fratello ne prenda la moglie e dia
una discendenza a suo fratello". [29] C'erano dunque sette fratelli.
Il primo prese moglie, e morì senza figli. [30] Il secondo pure la sposò;
[31] poi il terzo; e così, fino al settimo, morirono senza lasciar figli.
[32] Infine morì anche la donna. [33] Nella risurrezione, dunque, di
chi sarà moglie quella donna? Perché tutti e sette l'hanno avuta per
moglie”. [34] Gesù disse loro: “I figli di questo mondo
sposano e sono sposati; [35] ma quelli che saranno ritenuti degni di
aver parte al mondo avvenire e alla risurrezione dai morti, non prendono
né hanno moglie; [36] neanche possono più morire perché sono simili
agli angeli e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione. [37] Che poi i morti risuscitino, lo dichiarò
anche Mosè nel passo del “roveto”, quando chiama il Signore, Dio
di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. [38] Ora, egli non è
Dio di morti, ma di vivi; perché per lui tutti vivono”. |
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Quelle sottolineate sono alcune parole chiave per la meditatio.
Il
contesto in cui si svolge l'episodio narrato in questo brano è del tutto
differente da quelli delle scorse settimane: Gesù, entrato in Gerusalemme (19,
29-38) subisce infatti subito gli attacchi polemici degli scribi e dei
farisei (19, 39-40; 47-48) che prima
mettono in discussione la sua autorità (20,1-8), quindi tentano di metterlo in
difficoltà con il potere romano (20, 20-26). E' un contesto fortemente
polemico, che porterà infatti, dopo poco tempo alla cattura di Gesù (22, 1-6) e
quindi alla sua crocifissione.
La
questione posta dai sadducei circa la resurrezione si inserisce in questo
clima, ma fa riferimento ad una questione allora molto aperta e dibattuta. I
sadducei costituivano una delle ali più tradizionaliste del mondo ebraico,
forte soprattutto tra le grandi famiglie sacerdotali e l'aristocrazia laica.
Essi riconoscevano un'importanza ed un valore prevalente ai 5 libri del
Pentateuco (Genesi, Esodo, Numeri, Deuteronomio e Levitico) rispetto a tutti
gli altri. La fede nella resurrezione dai morti era un'acquisizione abbastanza
recente per Israele, fondata su Dn 12, 2-3 cui i sadducei, appunto, non attribuivano
grande valore.
Il
caso cui fanno riferimento è del tutto "classico" nelle dispute
teologiche del tempo. Esso si fonda sull'apparente contrasto tra tale fede
nella resurrezione e la legge del Levirato che imponeva ad un uomo cui fosse
morto un fratello sposato, ma senza figli, di sposare la vedova per assicurare
la discendenza al fratello. I brani cui fanno riferimento i sadducei sono
tratti liberamente da Gen 38,8; Dt 25,5 e Rt 3,9; 4,12.
Al
di là dell'intento polemico nei confronti di Gesù, i sadducei mostrano di
cadere nella trappola, sempre dietro l'angolo per ogni uomo che si accosti ai
grandi misteri della vita e della morte, di volere leggere e capire tale eventi
alla luce delle categorie umane. E' questo il senso della prima parte della
risposta di Gesù: il mondo dei risorti non è quello da noi conosciuto, ma
quello degli angeli (isaggeloi, "come angeli" dice Luca coniando un
termine inesistente nel greco) i quali vivono nella contemplazione del volto di
Dio ("vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli", Mt
18,10).
Cadendo
in un errore simile a quello dei sadducei, una certa traduzione ha colto nella
risposta di Gesù una svalutazione del matrimonio e della sessualità, superati
nell'aldilà in quanto non più necessari alla prosecuzione della specie. Leggere
le parole di Gesù in questo senso significa non comprenderne il senso: non è
mai intenzione di Gesù dare indicazioni sulla realtà "pratica" della
vita dopo la risurrezione, né in questo brano né ad esempio, in Lc 21, 20-27
dove sono descritti i segni che precederanno la venuta del Figlio dell'uomo.
Compito dell'uomo è vivere in pienezza "questa" vita terrena e a Gesù
non interessa dare seguito a inutili "curiosità" che possono solo
deviare lo sguardo dalla realtà storica in cui si svolge la vita terrena
donataci da Dio.
Ciò
che invece per gli uomini è essenziale comprendere e fare proprio è la fedeltà
di Dio alla sua promessa di amicizia, che non avrà termine dopo la morte (Gv
12, 26). Il Signore è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, vivi perché
amati dal Signore, la cui promessa di fedeltà è più forte della morte. Dio è
Dio dei vivi e la prova della resurrezione non è in alcuna sottile
argomentazione teologica, ma "solo" nella realtà stessa dell'amore di
Dio. Gesù in questo modo ci permette di sottrarci a qualunque ricerca di Dio
basata sul soddisfacimento dei nostri bisogni umani. La realtà, infatti, è del
tutto invertita: si giunge a Dio scoprendo che il suo volto è quello dell'amore
incondizionato, della cura verso le creature e in questa consapevolezza
dell'essere amati si percepisce la forza di un messaggio di salvezza che supera
la morte.
L'esempio
dei sadducei è illuminante di quanto possano portare lontano da Dio
"percorsi religiosi" fondati sulla ricerca razionale della verità
(ovvero, n modo del tutto analogo, fondati su concezioni morali o
legalistiche).Questi percorsi, infatti, in quanto profondamente e
"arrogantemente" umani, fanno smarrire il senso vero e la portata del
messaggio di salvezza che è Gesù stesso: "Io sono la Via, la Verità e la
Vita". Ad un Gesù che ci offre la possibilità di riempirci di gioia come
Zaccheo perché il Suo sguardo si posa su di noi, non è possibile opporre la
freddezza dei nostri poveri ragionamenti: teniamoci pure i nostri dubbi, conviviamo
con le nostre incertezze, facciamo i conti con le contraddizioni che la nostra
mente può credere di rilevare, ma non lasciamo che nulla di tutto ciò possa
impedirci di "riconoscere il tempo" in cui siamo visitati (Lc 19,
44). Gesù non è "offeso dai nostri peccati", come una concezione
moralistica un po’ opprimente usava dire, ma piuttosto piange, come su
Gerusalemme, quando da noi non è compreso che Lui è venuto "per cercare e
salvare ciò che era perduto".
Riferimenti:
v sinottici: Mt 22:23-33; Mc 12:18-27
v
sulla resurrezione: Dn 12, 2-3; Ez 37, 1-14; Os 6, 1-2; 2 Mac 7; Gb 19,
25-27; Is 25, 8; 26, 19-21; Sal 16, 9-11; 49, 16; 73,24; Mt 22, 23-33;