Introduzione alla lectio divina su Lc 24,13-35
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Aprile 2005 - domenica III Pasqua
[13] Ed ecco in
quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio
distante sessanta stadi da Gerusalemme, di nome Emmaus,[14] e conversavano
di tutto quello che era accaduto. [15] Mentre conversavano e discutevano
insieme, anche Gesù stesso si accostò e camminava con loro.
[16] Ma i loro occhi erano impediti così da non riconoscerlo. [17]
Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo
(antiballein, ribattere) fra voi durante il cammino?». Ed si fermarono,
scuri in volto; [18] uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo
soggiorni a Gerusalemme e non sai ciò che vi è accaduto in questi
giorni?». [19] Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che
riguarda Gesù Nazareno, che fu un uomo profeta potente in opera e
in parola, davanti a Dio e a tutto il popolo; [20] come i sommi sacerdoti
e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e
poi l’hanno crocifisso. [21] Noi speravamo che egli fosse colui che
stava per liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni
da quando queste cose sono accadute. [22] Ma alcune donne, delle nostre,
ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro [23] e non avendo
trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione
di angeli, i quali affermano che egli è vivo. [24] Alcuni dei nostri
sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne,
ma lui non l’hanno visto». [25] Ed egli disse
loro: «Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!
[26] Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per
entrare nella sua gloria?». [27] E cominciando da Mosè e da tutti
i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva
a lui. [28] Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti,
egli fece come se dovesse andare più lontano. [29] Ma essi insistettero:
«Rimani con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino».
Egli entrò per rimanere con loro. [30] Quando fu a
tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e
lo diede loro. [31] Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.
Ma lui sparì dalla loro vista. [32] Ed essi si dissero l’un l’altro:
«Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi
lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». [33] E partirono
in quella stessa ora e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono
riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, [34] i quali dicevano:
«Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». [35] Essi poi
riferirono ciò che era accaduto nella via e come l’avevano
riconosciuto nella frazione del pane. |
*Quelle sottolineate sono
le parole chiave per la meditatio
Il riferimento temporale
a «quello stesso giorno» di Pasqua che ha cambiato la storia del mondo, in cui
Cristo risorge e si rivela ai suoi discepoli funge da singolare nota di
contrasto rispetto allo stato d’animo presente in due discepoli, i quali invece
si stavano allontanando da Gerusalemme, interrogandosi sulla sorte del maestro
che avevano sinora seguito.
I due discepoli, che non
fanno parte della più ristretta cerchia degli undici, camminano lungo la strada
verso Emmaus: parlano di Gesù, ripercorrendo le sue opere e parole alla luce di
una tomba vuota. Si dirigono lontano dal luogo centrale, teatro degli eventi
della passione, dal luogo in cui per l’evangelista Luca si concentreranno le
apparizioni del Risorto (gli altri sinottici, in effetti, rinviano alla terra
di Galilea). Si sono incamminati, in realtà, in un itinerario nel quale ogni
uomo è personalmente chiamato a fare esperienza delle macerie delle proprie
illusioni, anche quelle relative alla propria idea di Dio, ed a scoprire il
vero volto di Cristo nella propria vita.
Ed è durante questo
viaggio che Gesù in persona si accosta improvvisamente ai due. L’evangelista
esalta narrativamente la discrezione di questo ingresso: non sappiamo come, ma
ad un certo punto, un nuovo compagno di strada si affianca ai due delusi.
Per loro, l’uomo che si è
accostato è un estraneo, un forestiero: nonostante la discepolanza i loro occhi
sono trattenuti (la forma del verbo greco kratein, “aver potere” è al
passivo); il loro volto è «triste» (v.17), come quello di chi è ancora in
lutto, di chi vive in una situazione di mancanza; il forestiero si accorge che
il loro cuore è impegnato in una accesa discussione, (“che parole vi
scambiate l’un l’altro”; il verbo è antiballein, ossia ribattere
lanciando dardi).
Lo sconforto e lo
smarrimento li dominano, come essi stessi raccontano a Gesù ripercorrendo con
lui i fatti di Gerusalemme: la crocifissione del profeta che speravano avrebbe liberato
Israele e i tre giorni ormai passati senza l’ombra della vita nuova – nella
credenza del tempo, dopo il terzo giorno l’anima del defunto era definitivamente
volata via - sono letti con l’amara delusione di chi ha creduto in una speranza
che viene meno. Nemmeno le voci delle donne che dicono che Egli vive sono
sufficienti a rincuorarli.
La discrezione di Gesù,
finora necessaria per Luca a far aprire il cuore di questi uomini, diviene a
questo punto un rimprovero diretto.
Ciò che viene
rimproverato ai due uomini è una lettura degli eventi ferma alla tomba vuota,
al dato fenomenico, senza uno sforzo di interpretazione (v.25), ma soprattutto
senza il contatto salvifico con le Scritture. Prima di aprire i loro occhi,
viene allora aperta la loro mente: Gesù li guida alla verità non additando il
suo corpo risorto, come aveva fatto con Tommaso, ma con una «lectio divina»,
spiegando loro gli eventi alla luce delle Scritture, mostrando come la parola
dei profeti fosse fin dall’inizio orientata verso di Lui.
Egli spiegò (di-ermeneusen)
tutte le Scritture, spingendoci verso una fede non limitata al palpito del
cuore, allo stupore di una tomba vuota, che per essere autentica ha bisogno di
uno sforzo intellettuale, di una comprensione illuminata e intelligente. In
questo lavoro di ermeneutica, Cristo si rivela ai due uomini come colui che
possiede le chiavi di interpretazione della storia, l’unico in grado di
srotolare il libro e spiegarlo al mondo (Ap 5,1-10): è la Parola che spiega la
Parola.
L’evangelista Luca, a
questo punto, ci consegna in modo straordinario un atteggiamento particolare di
Gesù: giunti al villaggio, ossia alla originaria destinazione dei due
discepoli, Egli “finge” (lett. fece come se, il verbo è utilizzato solo
in questo passo nel NT) di dover continuare il cammino. Il Signore finge! Il
gesto di Gesù non va scambiato, né con una
manifestazione di ipocrisia, che più volte era stata da Lui
stigmatizzata, né con una forma di cortesia da galateo. È, invece, un eloquente
immagine del nostro Dio di libertà che rispetta profondamente il mistero
dell’altro: Gesù ci mostra il volto del Padre che ci affianca delicatamente nel
syn-odos (cammino comune), la cui presenza mette in moto la nostra fede,
sveglia il nostro desiderio di lui e ci fa passare, nel rispetto delle nostre
umane debolezze, dallo sconforto all’inversione di marcia.
“Egli è così
rispettoso delle lentezze dei due discepoli da dedicare tempo a «camminare
umilmente» con loro, prendendo parte ad un lungo scambio. La discrezione di
Gesù è talmente portatrice di verità da permettere a ciascuno di esprimere a
fondo le ragioni del proprio sconforto e persino di formulare l’incapacità di
far fiducia sulla parola dell’altro.”(X. Thevenot, Avanza su acque
profonde, Qiqaion, 2001, pag.122). La sua finzione consente ai suoi amici
di sperimentare nel loro cuore un libero desiderio di vicinanza con lui.
I due discepoli non lo hanno ancora riconosciuto,
però «insistono» perché quel pellegrino si fermi presso di loro. Nel cammino
dell’uomo, la Scrittura aperta e spiegata da Cristo riscalda il cuore e
permette nella libertà di farci amici e di incrociare la nostra strada con la
Sua. Gesù entra per restare, fino alla fine come prometterà ai suoi
discepoli (Mt 28,20), e in segno della sua presenza «prende il pane e lo
spezza».
Solo con il gesto eucaristico, però, i loro occhi
si aprono. Essi lo riconoscono, pur se non lo vedono più: «la sua presenza
diventa visibile alla fede che lo riconosce nella sua realtà invisibile di
Risorto» (Rossé, il Vangelo di Luca, Città Nuova, 1995, pag.1030). Nella
Parola e nell’eucaristia si è compiuto per loro l’incontro con il Signore.
Adesso riconoscono in Gesù quel forestiero che da tempo era loro vicino nel
cammino della vita.
La reazione alla scoperta di Cristo nella propria
strada è immediatamente quella di una nuova testimonianza da annunciare ad
altri: i due discepoli di Emmaus corrono verso Gerusalemme a raccontare
l’accaduto. Così il grido pasquale di salvezza comincia a riecheggiare da un
luogo all’altro della terra.
Brani di riferimento: Si
consiglia la lettura di tutto il cap.24.