Introduzione alla lectio divina su Mt 5, 13-16

V domenica Tempo Ordinario – 10 febbraio 2002

 

[13] Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

[14] Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte,

[15] né si accende una lucerna per metterla sotto un moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.

[16] Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone (kalòs) e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

Quelle sottolineate sono le parole chiave per la meditatio

 

Dopo lo splendore delle "beatitudini", in cui Gesù ha rivelato ai discepoli chi è Lui stesso e ha insegnato loro cosa significhi essere suoi discepoli, i pochi versetti del vangelo di questa settimana completano quello che può essere considerato il prologo al "Discorso della montagna" che occuperà tutto il V capitolo protraendosi fino alla fine del VII.

Gesù sta ancora parlando con i discepoli (come aveva fatto nel brano delle beatitudini e come farà in tutto il resto del Discorso della montagna), ma cambiando la prospettiva del discorso: non c'è più l'esortazione a comprendere il significato delle persecuzioni e delle situazioni di povertà alla luce della venuta del Regno, né l'invito a essere misericordiosi e farsi operatori di pace, ma piuttosto la semplice comunicazione di uno stato di fatto in cui i discepoli si trovano per il solo essere discepoli. Voi "siete" la luce e il sale, dice infatti Gesù, non voi "siate": non c'è da sforzarsi per diventare  qualcosa che non si sia già, né si può scegliere di diventare discepoli se non in seguito alla chiamata del Signore (4, 18-22).

La chiamata del Signore può essere però disattesa, il suo dono rifiutato ed ecco che il sale può diventare insipido o la luce nascosta sotto il moggio. Si tratta di immagini paradossali, in particolare la prima, che ben evidenziano però l'assurdità dei nostri rifiuti opposti a Dio. Il ruolo che invece viene assegnato dal Signore ai suoi discepoli è importantissimo e le due immagini del sale e della luce lo mostrano con grande chiarezza.

La prima immagine, quella del sale, è ricchissima di significati e connotazioni.

In primo luogo, il sale è ciò che si usa per conservare a lungo i cibi. In Nm 18, 19 e 2 Cr 13, 5 si parla di "alleanza di sale" per indicare un patto eterno, che non avrà mai fine. Sono le caratteristiche dell'alleanza che Dio stipula con il suo popolo, ma che però, come ogni alleanza, ha bisogno che le parti in gioco siano due. La fedeltà di Dio all'alleanza richiede che almeno qualcuno, dall'altra parte, sia fedele a sua volta. Dio non chiede che tutti siano giusti e fedeli, ma che almeno qualcuno lo sia, come dice ad Abramo quando lo informa della sua decisione di distruggere Sodoma: "Non la distruggerò per riguardo a quei dieci (giusti)"  … "per riguardo a loro perdonerò a tutta la città" (Gen, 18, 16-33). Il mondo non ha bisogno quindi di tanti discepoli, tanto meno di tanti discepoli poco convinti e poco convincenti, ma di discepoli veri, pochi o molti che siano, che tengano in vita il patto con Dio per la salvezza di tutti.

Anche l'altra importante funzione del sale, quella di dare sapore, richiama questa esigenza ed evidenzia la vanità di ogni pretesa di "convertire" il mondo: il sale dà sapore, ma non è sapore da solo e, se è troppo, può pure guastare i cibi. La presenza di Dio nel mondo, resa manifesta da quella dei veri discepoli, non ha bisogno di oscurare la varietà del mondo stesso, di annullare le differenze dei modi di essere e di vivere perché tutto comunque, purché "insaporito" dai discepoli, rende testimonianza  della bellezza del creato e quindi del Signore.

Una presenza discreta, ma significativa, che renda evidente la bellezza delle diversità e ne faccia apprezzare il sapore è quindi ciò a cui sono chiamati i veri discepoli. In questo senso si capisce bene l'accostamento delle due figure del sale e della luce, che altrimenti potrebbero apparire in contraddizione: la discrezione è la virtù del sale, che dà sapore senza farsi sentire, mentre il mettersi in evidenza è richiesto alla luce, come ad una città collocata sopra il monte (v. 14). I discepoli sono luce perché possano illuminare tutto quello che è intorno a loro e perché questa luce permetta agli uomini di "rendere gloria al Padre vostro che è nei cieli".

Anche questa luce è quindi discreta, al servizio degli uomini e della bellezza del creato, capace di orientare gli sguardi non su sé stessa, ma sul Signore. Le stesse opere "buone" che viene chiesto ai discepoli di praticare sono in realtà, in una più esatta traduzione, "opere belle". Non c'è quindi alcuna indicazione morale in questo passo: il mondo non ha bisogno che gli uomini di Dio gli insegnino cosa è giusto e cosa non lo è, non è questo il compito dei discepoli.

Ciò che invece essi possono e devono fare è mostrare la bellezza e la bontà del Signore, essere loro stessi "buona novella", evangelo della promessa del Regno. Se un discepolo del Signore incontra un altro fratello e non riesce a comunicargli la gioia della salvezza "a null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini".

 

 

Brani di riferimento:

 

 

 

 

 

Meditazione su Mt 5,13-16

 

Lectio divina prima lettura