Introduzione
alla Lectio divina su Lc 17, 11-19
XXVIII
domenica tempo ordinario – 10 ottobre 2004
[11] Mentre andava verso
Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. [12] Entrando
in un villaggio, gli vennero incontro dieci uomini lebbrosi i quali,
fermatisi a distanza, [13] alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro,
abbi pietà di noi!». [14] Appena li vide, Gesù
disse: «Andate e presentatevi ai sacerdoti». E mentre essi andavano,
furono mondati. [15] Uno di loro, vedendosi
guarito, tornò indietro glorificando Dio a gran voce; [16] e si gettò
ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. [17] Ma Gesù osservò:
«Non sono stati mondati tutti e dieci? E gli altri nove dove
sono? [18] Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori
di questo straniero?». E gli disse: [19] «Alzati e và; la tua
fede ti ha salvato!». |
* Quelle sottolineate sono alcune parole chiave per la meditatio.
Nella liturgia domenicale
che si affida alla lettura cursiva del vangelo di Luca, continuiamo ad approfondire
il tema della fede.
Se poco prima
l’evangelista aveva affrontato il tema della forza e della verità della fede
(v.5-10), che può renderci capaci di ordinare ad un albero di sradicarsi e di
piantarsi nel mare, ma al contempo di riconoscerci servi inutili, ora si punta
l’attenzione al profondo legame tra la fede e la salvezza dell’uomo.
Una salvezza che lo
strano richiamo geografico della introduzione (Gesù passa attraverso la Samaria
che sta a sud e poi per la Galilea che sta a nord per recarsi infine a
Gerusalemme a sud) indica come rivolta all’intera umanità: l’episodio del samaritano riconoscente si colloca,
infatti, all’interno di in un viaggio che percorre sia le terre giudaiche del
popolo eletto, sia quelle più esterne e marginali e Gesù riesce, in questo
percorso, ad incontrare tutta l’umanità peccatrice e afflitta dal male (il
numero dieci utilizzato per i lebbrosi
esprime per la cultura ebraica proprio l’interezza).
Nell’episodio, i
lebbrosi, conformemente alle prescrizioni socio-religiose contenute nel libro
del Levitico, si tengono a distanza dai sani e da Gesù. Il loro rispetto per la
legge è anche segnale di una dolorosa
consapevolezza della propria condizione di malattia\peccato, che li
tiene ai margini della comunità felice, ma che non impedisce loro di alzare un
grido di preghiera verso il Maestro capace di realizzare l’insperabile. La loro
preghiera è volta ad ottenere la soluzione del loro male, un gesto di pietà per
eliminare le ferite, per permettere loro di riacquistare la dignità di uomini.
Gesù si muove a pietà e
offre la sua Parola, che è la Parola del Padre buono.
Luca a questo punto,
diversamente dall’episodio del singolo lebbroso da lui stesso in precedenza
raccontato e conformemente al rituale vetero-testamentario, scrive che la
purificazione avviene nel tragitto verso i sacerdoti. Tutti sono guariti dal
loro male seguendo il percorso della Parola.
Ma al miracolo non è
automaticamente collegata anche la salvezza. Il verbo utilizzato
dall’evangelista al v. 14 (in greco, lett. mondare) è, infatti, diverso dal
verbo impiegato dal redattore per rendere di lì a poco la condizione del
samaritano (nel secondo caso, lett. guarire, risanare).
Costui, sperimentata e
meditata l’occasione di grazia, riconosce il suo kairòs, con la stessa carica personale che aveva segnato il suo
dolore (a gran voce), si “vede guarito” e interpreta l’evento di guarigione
alla luce di Dio, intravede le tracce di Dio dietro il miracolo: torna, quindi,
indietro (una vera conversione) rendendo lode a Dio e prostrandosi per fare
eucaristia (cioè rendere grazie, in greco eucharistein)
del Figlio e della sua azione pontificale.
L’eucaristia è, si badi,
celebrata da uno straniero, uno che appartiene al popolo degli scismatici
contaminati, degli idolatri che non potevano rappresentare il popolo di Dio (Ne
2, 19-20), ma che, al contrario dei suoi ex-compagni di sventura, non si è
lasciato distogliere dalle prescrizioni sacerdotali sulla dichiarazione di
purezza (pur richiamate dallo stesso Gesù) per rivolgersi alla fonte della
guarigione, che si trova nella relazione benedicente con la Parola di Cristo.
Nell’azione di
ringraziamento, Gesù rivela la sua natura divina al samaritano, mostra di
sapere già ciò che era avvenuto nel cammino di questi uomini. L’intuizione del
samaritano di un Dio dietro la sua storia personale si rivela, quindi, fondata.
È lo svelamento di una relazione che porta alla salvezza.
Ognuno ha avuto dalla
Parola vivente la sua occasione di grazia: a tutti i malati l’indicazione della
via per eliminare le proprie ferite e per risollevarsi da una condizione di
morte sociale ed umana; il decimo, autentico uomo religioso, ha avuto, in più,
la lucidità per assaporare quel grido a
voce alta, per scoprire, con tutta la sua persona, che la salvezza è già lì,
in quel riconoscimento di un amore che ci previene.
Brani di riferimento:
Ø Sulle
istruzioni per la purificazione dei lebbrosi: Lv 13, 1-3 e 45-46; Lv. 14, 1-3
Ø Episodio
del lebbroso Naaman: 2Re 5, 1 e ss.
Ø Guarigione
lucana di un lebbroso: Lc 5, 13 e ss.
Ø Guarigione
e salvezza: Ger 17, 13; Sal 30,3