Lectio Divina di Mt 22,34-40 – domenica 24.10.1999

 

[34] Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme [35] e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: [36] "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?". [37] Gli rispose: "Amerai il Signore Dio tuo in tutto il cuore, in tutta la tua anima  (Dt 6,5) e in tutta la tua mente. [38] Questo è il più grande e il primo comandamento. [39] E il secondo è simile al primo: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Lv 19,18). [40] A questi due comandamenti è sospesa tutta la Legge e i Profeti".

 

*Le parole sottolineate sono parole-chiave per la meditatio

 

Siamo sempre nel contesto della polemica tra Gesù e i Farisei, e più specificamente all’interno della questione se l’idea di Dio del giudaismo abbia a che fare con l’idea di Dio di Gesù di Nazareth. Il tentativo – terzo, dopo quello del tributo a Cesare (22,15-22) e della risurrezione dai morti (22,23,33) – è sempre quello di incastrare Gesù mettendolo alla prova con domande relative alla Legge e ai suoi precetti. In questo caso, si tratta di vedere se tra le innumerevoli prescrizioni della Legge (615: 248 comandi e 365 divieti), ce n’è qualcuna che conti più delle altre.

Gesù di Nazareth con la sua risposta unisce il cielo e la terra, Dio e l’uomo, la relazione con Dio e quella con gli uomini. Lui non dà un comandamento, ma un criterio per ogni comandamento. Sposta la questione dal precetto alla relazione, dal comportamento all’interiorità, dal fare/non fare all’amare. La sua novità non consiste nei due comandamenti indicati, perché l’uno e l’altro erano ben conosciuti dall’AT. La novità consiste nell’avere reso il secondo strettamente connesso al primo, come fossero la stessa cosa. In realtà tra i due c’è teologicamente un primato (v.38: “il più grande e il primo…”): è il primato di Dio, così come a proposito dell’immagine di Cesare (moneta) e dell’immagine di Dio (uomo). E’ la relazione d’amore con Dio come risposta/restituzione all’amore di Dio per l’uomo che rende possibile l’amore per se stessi, in quanto amati da Dio, e quindi la possibilità di farsi prossimi per gli altri (cf. Lc 10,30-37). Nella rinnovata relazione Dio-uomo-prossimo sta il fondamento di una morale. Non c’è una morale cristiana senza una relazione personale con Dio. Per questo La Legge e i profeti sono sospesi al comandamento dell’amore.

Ma la relazione con Dio è divenuta possibile in virtù della presenza di Gesù Cristo in noi. Per Gesù Cristo il verticale e l’orizzontale finiscono per coincidere, e la comunità cristiana prende forma a partire da questa relazione col Maestro: “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Amare Dio e amare il prossimo diventano una cosa sola nella misura in cui Dio ha preso il volto del prossimo in Gesù Cristo. Se non ci fosse stata l’Incarnazione non sarebbe stato possibile unire così strettamente i due comandamenti fin quasi ad identificarli.

Si comprende facilmente come questo brano riassuma la vita cristiana. E la riassume dando il giusto posto a tutti: a Dio, che crea l’uomo a sua immagine e gli fa dono della sua Parola; all’uomo, che cogliendosi amato da Dio in Gesù Cristo restituisce a Dio tutto se stesso (cuore, anima, mente); alla comunità cristiana, che trova la sua possibilità di esistenza nell’agape vicendevole. Non si saprebbe immaginare a questo punto una comunità ecclesiale senza ascolto della Parola e senza profonda fraternità.

 

Brani di riferimento:

 

Ø    Sull’amore per Dio e per il prossimo: Dt 6,5; Lv 19,18; Dt 10,12-22;

Ø    Sul rapporto tra Gesù e la Legge: Mt 5,17-20; 7,12; 19,18-19; 23,23;

Ø    Sull’amore per il prossimo nel NT: Rm 13,8-10; Gal 5,14; Gc 2,8; 1Gv 2,3-11.