Breve meditazione su Lc 3,1-6 (Dicembre 2000)

 

 

"E tu, bambino, sarai chiamato

profeta dell'Altissimo

perché andrai innanzi al Signore

a preparargli le strade."

(Lc 1,76)

 

 

Dio si serve dell'uomo per attuare il suo piano di salvezza. Da Abramo in poi, tutta la Scrittura veterotestamentaria è piena di uomini e donne che hanno ricevuto la grazia di essere voci profetiche per la preparazione della venuta del Messia.

Giovanni Battista, figlio di Zaccaria, giusto figlio di giusti davanti al Signore, si situa in questo filone, sulla scia di questa investitura profetica da parte di Dio.

Ultimo profeta, Giovanni ha ricevuto il compito delicato di fare da trait d'union tra Antico e Nuovo Testamento, tra la promessa e la realizzazione, tra l'incompiuto e la pienezza: egli è stato, al contempo, l'ultimo profeta dell'Antico Testamento ed il primo testimone del compimento dell'annunzio, realizzato nel Nuovo Testamento con la venuta del Figlio di Dio.

Nel terzo Vangelo, la figura di quest'uomo, Giovanni Battista, viene tratteggiata dando maggiore risalto alla sua qualità profetica, di precursore che annuncia la buona novella, più che al fatto di essere il Battista; in particolare, nel nostro brano, l'accento è spostato sull'evento che ha fatto di Giovanni un predicatore: egli viene identificato come una voce al servizio di Dio; la Parola di Dio è una parola-evento che scende-avviene su ed in Giovanni, penetrandolo totalmente al punto da renderlo autentico e fedele testimone del Veniente, del Messia promesso, fino alla morte.

Giovanni, dunque, è una voce in ascolto, quella voce di cui si è servito il Signore per fare sentire la Sua voce, per introdurre la discesa sul mondo della sua Parola nel Verbo incarnato; il compito di questa voce è stato quello di proclamare l'annuncio evangelico della salvezza nel momento stesso in cui essa si realizzava nella venuta del Cristo. Giovanni, pertanto, può essere considerato anche come il primo evangelizzatore della storia nuova per la conversione dell'uomo.

Ma cosa significa conversione, e che senso ha l'annuncio della conversione fatto da Giovanni allo scopo di preparare la via del Signore?

Nel suo Vangelo, Luca usa il termine conversione (metànoia) non tanto per indicare un cambiamento di mentalità, bensì per orientare nel senso del ritorno indietro, verso l'alleanza con Dio; un ritorno sui propri passi che si rende visibile nel concreto della vita cristiana attraverso il cambiamento profondo delle proprie prospettive; un indietreggiare che porta l'uomo, anche attraverso il superamento delle proprie certezze acquisite, a mostrarsi nudo e vero davanti al Signore. In bocca a Giovanni Battista, il termine conversione ha il sapore forte ed estremo della radicalità, evocando quella scelta decisiva che l'uomo è chiamato ad operare nella sua vita in nome della verità e della giustizia evangeliche ed in risposta a quell'atto estremo, radicale e straordinariamente ricco di misericordia che Dio ha compiuto nei suoi confronti attraverso la sua condiscendenza nell'incarnazione del Figlio.

Se ci facciamo caso, inoltre, la vocazione di Giovanni avviene nel deserto: egli è una voce che grida nel deserto e dal deserto intimando alle folle la conversione per potersi preparare all'avvento del Signore. Nel momento stesso in cui la Parola penetra in Giovanni, egli grida con tutte le sue forze per richiamare l'uomo a fare un passo indietro, verso il deserto, laddove è possibile realizzare l'incontro autentico con Dio.

Se Dio viene, nel Cristo, l'uomo deve disporsi ad accoglierlo, nel deserto della conversione: un atto di reciproco impoverimento, necessario per quell'essenziale incontro d'amore fra Dio e l'uomo nella pienezza di libertà e nella verità.

E' questa la condizione necessaria per essere rinnovati, purificati in acqua, pronti per entrare nella comunione battesimale di fuoco con il Signore. Non è un caso che la figura di Giovanni Battista venga presentata in parallelo con quel testo di Isaia (cfr. Is 40,3-5) in cui il profeta annunciava il rientro nella terra promessa al popolo d'Israele in esilio. L'accostamento è, infatti, significativo: Giovanni, nuovo Isaia, nuovo profeta, in occasione dell'imminente venuta del Figlio di Dio, urlando la Parola del volere divino, richiama ed invita Israele e le genti di tutte le nazioni a percorrere il nuovo esodo che, attraverso il deserto, porterà l'uomo ad uscire da se stesso per incamminarsi sulla strada che porta alla terra promessa del Regno di Dio.

E tutto ciò avviene attraverso la Parola di Dio, che chiama l'uomo, cerca l'uomo e, investendolo della libera responsabilità di offrire una risposta, lo invita alla salvezza. E' la Parola di Dio che in fin dei conti genera tutto questo movimento, scendendo nel cuore dell'uomo per dimorare in esso ed aprirlo alla conversione.

Conversione significa, dunque, apertura al mistero della grazia di Dio che scende sull'uomo eleggendolo al grado di figlio; si può accedere a questo mistero soltanto armandosi di quella umiltà coraggiosa che sola ci permette di affidare la nostra vita al Signore per farci condurre nel deserto, presi per mano da Gesù che ci viene incontro, e potere così incontrare il Padre attraverso l'ascolto della sua voce.

Ci accorgeremo che, mentre ci lasciamo penetrare e condurre dalla sua Parola, Dio sta già lavorando per rinnovare la nostra vita, trasformandola e preparandola per l'ultimo giorno, quello della seconda venuta del Figlio nella gloria, in cui riceveremo il secondo battesimo, quello che ci introdurrà alla vita eterna.

In tal modo, nel deserto riceveremo anche la grazia di diventare noi stessi testimoni veraci, voci che annunciano con vigore il Cristo che viene; ponendoci, così, sulla scia dei profeti e dei testimoni che ci hanno preceduto, diventiamo noi stessi, per effetto della grazia battesimale, profeti.

Siamo dunque chiamati a diventare anche noi portatori della Parola di Dio che, come il testimone di una staffetta, viene annunciata e trasmessa di figlio in figlio, attraverso i tempi e le generazioni, per spianare la via del Signore. Di Parola in Parola, attraverso le parole degli uomini, Dio può così rinnovare il creato, preparandolo per la sua venuta finale nel Cristo glorioso nel giorno in cui "ogni carne vedrà la salvezza di Dio!".

In sostanza, entrare nella strada della conversione, rimanerci, stando sempre in ascolto della Parola di Dio che scende continuamente su di noi vivificando la nostra esistenza, significa anche scoprire che bisogna sempre ricominciare di nuovo, giorno per giorno, facendo la massima attenzione a non perdere la via dell'incontro col Signore; come diceva Gregorio di Nissa, la vita cristiana è fatta di inizi, in essa si va "di inizio in inizio attraverso inizi che non hanno mai fine". E anche quando giungerà la fine, al crepuscolo della vita, nel giorno dei giorni, non sarà nemmeno quella, a quel punto, una fine: sarà un altro inizio, l'ultimo, quello che non avrà mai fine, quello per cui sarà valsa la pena di faticare, di ricominciare sempre, rimettendosi, ogni volta, in discussione. In quel giorno, infatti, vedremo finalmente il volto dell'Amato, di quello Sposo di fronte al quale, nel giorno delle sue nozze, l'amico, l'annunciatore, il servo Giovanni, ormai pieno di gioia, non ha esitato a scomparire.

 

 

Giovanni, Comunità Kairòs