Breve meditazione su Lc 24, 35-48 (Maggio 2000)

 

 

Come è possibile, per noi cristiani di oggi, riconoscere la presenza del Cristo Risorto nella storia? Gesù stesso, infatti, ci ha solennemente promesso che sarebbe rimasto con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20). Ma come vedere la realizzazione attuale di questa promessa?

E’ facile provare una certa invidia nei confronti di quegli uomini, gli Undici apostoli; essi hanno avuto la grazia di poter fare esperienza diretta del Risorto in mezzo a loro, nell’interezza della sua corporeità, come uomo che vive, che mangia e che porta su di sé i segni tangibili della vita precedente a conferma della sua identità: quella stessa di Gesù di Nazareth.

Ma se scrutiamo a fondo il nostro brano, ci rendiamo conto del fatto che, nonostante questa visibile presenza del Risorto, i discepoli mostrano di essere ancora in difficoltà ed alquanto increduli: evidentemente il segno fisico non è stato sufficiente. Ma di ciò, Gesù è consapevole: Egli sa che deve fare ancora qualche passo per aprire quei cuori alla fede; e così, invitandoli a far memoria delle parole da Lui dette quando era ancora con loro, apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture, rendendoli finalmente coscienti riguardo alla loro missione: quella di testimoniare il Cristo risorto nella loro esistenza.

A questo punto viene spontaneo chiedersi qual è la funzione di noi cristiani di oggi: possiamo credere e testimoniare il Cristo Risorto anche a distanza di duemila anni da quegli eventi?

La speranza è enorme: "Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno." (Gv 20,28). Dunque, la grazia è anche per noi: se, infatti, Gesù proclama beati coloro che credono pur non essendo stati testimoni oculari dei fatti, è evidente che, insieme alla promessa, deve aver lasciato un’eredità, una realtà attraverso cui poterlo conoscere e testimoniare di Lui.

In fondo, se ci riflettiamo attentamente, la nostra situazione non è tanto più complessa di quella in cui si trovavano a vivere gli Undici; ci troviamo, infatti, di fronte ad un problema con cui dovevano fare i conti anche i discepoli di allora: gestire l’assenza dell’Amico amato in tempi in cui sembra che l’unica presenza sia quella dell’uomo.

E’ tutta una questione che ha a che fare con i concetti di frammentazione, di assimilazione, di interiorizzazione; e la parola-chiave che ci può aiutare a decifrare ciò che è nascosto tra le righe è il verbo spezzare.

Gesù risorto è ancora presente in mezzo a noi, ma la sua forma è cambiata: il suo corpo ormai è la sua stessa Parola, quella che apre la nostra mente alla comprensione del mistero di Dio, quella che ci fa crescere nella fede e che porta la vita; scrutare la Parola, spezzarla quotidianamente, frammentandola come il corpo stesso di Cristo, ci permette di riconoscere quel Gesù di Nazareth morto e risorto, attraverso un processo di assimilazione ed interiorizzazione della sua stessa sostanza divina dentro il nostro cuore. Una volta incontrato Gesù, ed avendo acquisito la sua stessa intelligenza, quella filiale, nella comprensione delle cose di Dio attraverso l’ascolto attento delle Scritture, il passo diventa breve per la presa di coscienza del fatto che è possibile incontrarlo ancora nel corpo comunitario degli uomini e delle donne della Sua Chiesa che, vivendo nell’amore e nella memoria perenne di Cristo risorto, può giungere al culmine del processo di interiorizzazione nel gesto eucaristico dello spezzare il pane, anch'esso corpo di Cristo.

Dunque, Parola-Eucaristia-Comunità: sono queste le tre dimensioni sacramentali, assolutamente inscindibili tra loro, in cui si materializza e si rende evidente il corpo di Cristo ed attraverso cui possiamo fare esperienza del Risorto.

E se oggi noi non possiamo vedere Gesù Cristo Risorto in carne e ossa e non possiamo far mensa con Lui familiarmente, tuttavia possiamo raggiungere la stessa sapienza e la stessa intelligenza degli undici apostoli attraverso l’insegnamento che ci viene impartito da quel maestro che è lo Spirito Santo, il quale, donatoci da Gesù stesso, ci parla della volontà del Padre usando le stesse parole del Figlio.

Così, spezzando il corpo di Cristo nelle sue forme attuali, con la forza che ci viene dallo Spirito Santo, potremo avere accesso a quella vita spirituale che trasforma e rigenera, che risveglia la memoria e fa ardere il cuore, nella certezza che Gesù di Nazareth è veramente risorto e che continua ancora oggi a vivere attraverso la sua Chiesa e a predicare la conversione ed il perdono dei peccati per la salvezza di tutti gli uomini.

 

Giovanni, Comunità Kairòs