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ROWAN WILLIAMS: A SINISTRA DI DIO

di Daniele Zaccaria

da "Liberazione" del 25.07.02

Il centoquattresimo Arcivescovo di Canterbury è uno di quei personaggi che non passano inosservati. Specialmente nell'austera cornice della Chiesa anglicana, in cui i successori di Sant'Agostino incarnano da sempre il ruolo di un'autentica guida spirituale devota ai precetti della tradizione. Appena nominato dal premier Tony Blair, il cinquantaduenne Rowan Williams, primo gallese a ricoprire il prestigioso incarico, si distingue da anni per le coraggiose prese di posizione sulle più controverse questioni di società. Pacifista militante (in gioventù finì anche in carcere per aver contestato l'adesione inglese al nucleare), linguista, poeta, scrittore e brillante polemista, il nuovo arcivescovo non ha mai esitato ad entrare in conflitto con il governo laburista da cui, per sua stessa ammissione, è rimasto «profondamente deluso». In primo luogo denunciando la sciagurata partecipazione, e per di più in prima linea, alla guerra alleata in Afghanistan. «Un atto moralmente illegale e contestabile», come disse lo scorso inverno. E ora che Downing street scalda le polveri, concertando con Washington l'intervento militare in Iraq, Williams riparte decisamente all'attacco della guerra infinita di Bush: «Sarebbe una scelta indifendibile». Nessun uomo di chiesa si era ancora espresso in patria con una tale durezza sui bombardamenti anglo-americani in Asia Centrale. Come nessun altro esponente religioso aveva cosi nettamente denunciato lo sconfortante stato di abbandono in cui versano le zone degli antichi bacini minerari, vittime della deindustrializzazione forzata, e soprattutto voluta da Margaret Thatcher e i suoi zelanti epigoni. Il capo spirituale dei 70 milioni di anglicani disseminati nel mondo, è un innovatore anche su temi che fanno drizzare le capigliature di tanti moralisti e conservatori. A cominciare dalle sue aperture verso l'"outing"dei preti omosessuali e il sostegno per la nomina di donne-sacerdote, aperture che secondo alcuni analisti, rischieranno di creare non poche frizioni tra gli anglicani e il Vaticano. Pare che la regina in persona, con un tocco di malizioso pragmatismo, abbia espresso un parere positivo sul suo insediamento, in quanto Williams è noto per essere un fervente sostenitore della riforma dottrinaria che apre le porte al matrimonio ai divorziati. Chi meglio di lui può officiare le previste nozze tra il principe Carlo e l'amata (e paziente) Camilla-Parker-Bowes? Eppure questo profilo modernista ed atipico non impedisce che Williams sia reputato come un grande teologo, anzi «Il miglior teologo di tutta la Gran Bretagna», esclama con convinzione Nicholas Lash, professore emerito a Cambridge, tra i suoi più ferventi ammiratori. Poi, quasi per rassicurare puritani e bacchettoni, garantisce: «è un prete perfettamente ortodosso», ricordando la sua ostilità nei confronti dell'aborto, forse l'unico tema che lo fa restare nel solco della tradizione. Certo, un ortodosso, ma anche «un uomo vicino alle persone in carne ed ossa, capace di comprendere la psicologia umana, l'importanza del linguaggio, le diverse disposizioni culturali dei vangeli e della stessa teologia scolastica» precisa il reverendo Maurice Wiles, insegnante all'università di Oxford, tessendo le lodi alla sua sconfinata erudizione. Il neo-arcivescovo è infatti un autentico pozzo di scienza, fiore all'occhiello del mondo accademico d'oltremanica: vero e proprio "enfant prodige", capace di diventare il più giovane professore universitario del Regno unito, di parlare agevolmente sette lingue, pubblicando raffinati trattati di storia, filosofia e linguistica. Che si tratti di un personaggio fuori dal comune te ne accorgi dal modo in cui parla ai fedeli. Nella sua prima dichiarazione da arcivescovo di Canterbury, ha pronunciato parole semplici e di grande bellezza: «Vorrei che cristianità possa catturare l'immaginazione della nostra cultura, attirando l'energia dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti» Uno stile assai diverso dalla pomposa retorica vescovile di cui sono ammantati i discorsi ufficiali degli uomini di chiesa. Ma, all'ammirevole ispirazione letteraria corrisponde un'altrettanta passione civile nel fustigare le piccole miserie delle nostre società. E' rimasta celebre una sua virulenta arringa contro le grandi majors dei cartoni animati, dove, come già fece prima di lui Pier Paolo Pasolini, non esitò ad attaccare la celebre fabbrica dei sogni fondata da Walt Disney: «La cultura del marketing alimenta e incoraggia le ossessioni dei ragazzi, l'impero Disney ha sviluppato questa tendenza in modo professionale». Si dice che ai suoi figli (è sposato con una professoressa di teologia) impedisca di seguire le edificanti gesta di Topolino e compagni, preferendogli i ben più irriverenti e corrosivi Simpson, giudicati con ironia «un modello di virtù». La nomina di Williams è senz'altro un segnale di rottura, un'segnale forse obliquo, ma decisamente rappresentativo degli umori che attraversano la società britannica, dopo decenni di letargo. Se lo stesso Blair non ha posto veti su una figura che gli darà sicuramente filo da torcere sia sul fronte delle scelte interne che su quello della politica estera, vuol dire che il Primo ministro è consapevole che il clima culturale del suo paese sta decisamente mutando. Gli straordinari scioperi dei lavoratori dei trasporti pubblici della scorsa settimana, la crescente insofferenza delle classi popolari verso la linea del governo, le difficoltà finanziarie del Partito laburista con i principali sindacati che si rifiutano di versare le rituali quote, sono tutti elementi di un passaggio che sottolinea la crisi della cosiddetta terza via, che oggi si dimostra una tigre di carta, più un'abile invenzione pubblicitaria che una praticabile prospettiva politica per la sinistra post socialdemocratica. Già la trionfale elezione, tre anni or sono, di Kenneth Livingstone, il popolarissimo e radicalissimo sindaco di Londra nemico giurato di Blair e dei suoi piani di privatizzazione, è stata la prima spia dell'incrinatura che sta da tempo subendo la vulgata che vuole abbattere la rete di tutele del welfare britannico. Gli anni in cui l'Inghilterra era culla ed avanguardia del pensiero unico, i sindacati ridotti ai minimi termini assolutamente incapaci di opporre resistenza ell'offensiva liberista, sembrano lasciar spazio ad un'icoraggiante stagione di disgelo.






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