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MORTI PER OMOSESSUALITA'

di Francesco Gnerre

da "Liberazione" del 15.10.02

Di fronte al corpo straziato dell'amico, ucciso da una marchetta, Alberto Moravia disse: «Pasolini è morto in una maniera intonata non già alla sua vita ma ai pregiudizi e alle convinzioni della società italiana; ossia non per colpa sua ma per colpa degli altri. In altri termini e per dirla con chiarezza definitiva: Pelosi e gli altri come lui sono stati il braccio che ha ucciso Pasolini; ma i mandanti del delitto sono una legione, in pratica l'intera società italiana». Molte cose sono cambiate da quel lontano 1975, ma ogni volta che un omosessuale viene ucciso, in circostanze più o meno simili a quelle in cui fu ucciso Pasolini, queste parole di Moravia risuonano drammaticamente attuali. Quanto questa analisi riguardi ancora l'oggi ce lo dimostra con ricchezza di documentazione questo libro sui morti "per omosessualità" in Italia di Andrea Pini (Omocidi Gli omosessuali uccisi in Italia, Stampa Alternativa, pp. 245, euro 9,50). L'autore parte da lontano, dall'assassinio del celebre archeologo e storico dell'arte Johann Winckelmann, ucciso a Trieste da una marchetta nel 1768, e dopo un excursus che ricostruisce gli "omocidi" celebri, da Pasolini a Versace, si sofferma sui casi di omosessuali comuni, che sono morti, più o meno in circostanze analoghe, nel periodo 1990-2001 in Italia. Le cifre sono impressionanti, 111 persone uccise nell'ultimo decennio, e la cifra reale è sicuramente più alta se teniamo presente che molti di questi delitti sono classificati in altro modo dagli investigatori, perché la vittima ha sempre tenuto nascosta la sua identità sessuale o se consideriamo il fatto che le circostanze della morte sono molto spesso occultate dai familiari, per i quali essere stati uccisi "per rapina" è evidentemente molto più onorevole che essere stati uccisi "per omosessualità". L'accanimento di molti familiari a nascondere l'omosessualità del congiunto ucciso è a volte impressionante e patetica. I familiari di Enrico Sini Luzi, "addetto al cerimoniale del Papa", vittima di una marchetta il 4 gennaio 1998 (e sulle circostanze della morte non ci sono dubbi - quando sono entrati nella casa dell'uomo i vigili del fuoco hanno trovato il corpo senza vita in mutande e la tv accesa con video porno inserito), anche dopo la confessione dell'assassino, una marchetta rumena rimorchiata alla Stazione Termini di Roma, si sono costituiti parte civile nel processo non per chiedere un improbabile risarcimento o perché si promuova una cultura meno omofoba in Italia, che è all'origine della morte violenta del congiunto, ma «per riabilitarne la memoria». Secondo loro, la sua memoria la si riabilita continuando a coprire di silenzio e di ipocrisia la sua identità sessuale, evidentemente una vergogna anche dopo la morte. D'altronde, quando viene ucciso un omosessuale la stampa usa l'espressione "omicidio gay" ( che è come dire "omicidio cattolico" per dire che è stato ammazzato un prete o "omicidio nero" per dire che è stato ucciso un uomo di colore). Ma dietro il paradosso linguistico, fa notare Pini ad apertura del libro, si nasconde evidentemente il giudizio nei confronti delle vittime, confuse nella loro identità e nel loro ruolo con i colpevoli. La ricostruzione di Andrea Pini, che analizza in particolare quattro aree geografiche (Roma, Milano, Firenze e la regione Puglia come esempio di grande area del Sud) è precisa e attenta e fa emergere molto bene il clima in cui maturano questi delitti: la mancanza di autostima delle vittime, per lo più persone che vivono in maniera clandestina e schizofrenica la loro omosessualità (rispettabili eterosessuali di giorno e marchettari di notte); la cultura sottilmente omofoba che spesso i mezzi di informazione, senza nemmeno rendersene conto, continuano a veicolare; la stupida idea di virilità di giovani sbandati che spesso uccidono senza aver premeditato l'assassinio, ma spaventati dallo stesso piacere che hanno appena provato (spesso il delitto avviene subito dopo un rapporto sessuale); forme di vero e proprio razzismo ancora presente in certo fanatismo antiomosessuale, che serpeggia spaventosamente in tutta Europa (tra le vittime, anche se in minoranza, troviamo anche persone che vivevano abbastanza serenamente la loro omosessualità, come il giovane Francesco Bertolini ucciso a Roma il 15 luglio del 2001). Il fatto è che alcuni di questi delitti sono ancora da attribuire a una "normale" e diffusa omofobia. Il fratello del giovane che il 30 aprile 1999 fece scoppiare una bomba in un bar gay di Londra, un locale di "depravati", causando 3 morti e 65 feriti, confessa candidamente: «credo che David avesse una sana avversione per gli omosessuali, come la maggior parte dei maschi». Andrea Pini ha analizzato gli studi sull'argomento, ha ricostruito i singoli casi, ma ha anche parlato con funzionari della questura, con amici o ex fidanzati delle vittime, con alcuni gay che hanno subito aggressioni e che sono fortunosamente scampati alla morte, dandoci così un quadro inedito e ricco di particolari che aiuta a capire la fragilità di molti gay, ancora vittime essi stessi di sensi di colpa interiorizzati, e i meccanismi perversi che fanno scattare nell'improvvisato prostituto il desiderio di uccidere. Concludono il libro due appendici riassuntive. La prima è il lungo elenco di persone ammazzate, con l'indicazione di età, professione, circostanza della morte: sono 22 pagine che nel loro linguaggio quasi burocratico, rendono drammaticamente visibile il lungo fiume di sangue che ha attraversato il decennio appena concluso e che non sembra preoccupare nessuna istituzione. Evidentemente la sicurezza delle persone omosessuali interessa poco e poi è sempre radicato il pregiudizio che, come per le donne stuprate, certe persone i loro guai se li vanno a cercare. La seconda appendice presenta una serie di dati statistici di grande interesse, dal numero di casi di "omocidi" per regione e città (il triste primato è della città di Roma) alla soluzione dei singoli casi (più di quanti si crede), al rapporto tra italiani e stranieri nelle responsabilità dei delitti. Il libro si legge con partecipazione, ma anche con rabbia e con un senso di impotente sconforto, perché fotografa una realtà che trenta anni di movimento gay hanno scalfito ben poco. Certo la polizia italiana è meno omofoba, molti dei casi sono risolti e quasi la metà degli assassini è in carcere, ma negli ultimi anni gli omicidi di gay (e non "omicidi gay") sono aumentati, in alcune città in maniera allarmante. Il fatto è che, nonostante tanta spettacolarizzazione dell'omosessualità, ancora non c'è stato un reale mutamento culturale, né negli omosessuali, molti dei quali continuano a vivere la loro sessualità in maniera clandestina (e quindi pericolosa), né nella cosiddetta società civile che rimuove il problema e, se non è spettacolo, trova imbarazzante anche solo parlare di omosessualità. Per questo il libro di Andrea Pini è importante, perché oltre a restituire dignità a questi morti che troppo disinvoltamente releghiamo in una poco interessante cronaca nera, ci aiuta a cogliere la complessità di un fenomeno che crediamo di conoscere, ma su cui abbiamo molto spesso solo pregiudizi. E si vorrebbe che a leggere questo libro non fossero solo gli omosessuali più consapevoli, lettori abituali e attenti di libri che trattano la realtà gay, ma i tanti giornalisti che confondono l'omosessualità con la pedofilia, i poliziotti che spesso mettono sullo stesso piano vittima e carnefice, gli omosessuali che vanno con le marchette e che credono ingenuamente che la loro casa sia un luogo sicuro, i familiari di Sini Luzi o la madre della guardia svizzera Cedric Tornay, anche lei impegnata a liberare l'immagine del figlio morto "dalla deturpante macchia dell'omosessualità". Questo libro smonta tutti questi luoghi comuni e con le sue storie di solitudini e di repressioni, che si leggono anche come dei racconti "gialli" sui molteplici e insondabili percorsi del desiderio, ci aiuta a capire che solo se cominciamo a sollevare il velo di ipocrisia che ancora copre l'omosessualità, avremo cominciato anche a sconfiggere la violenza di cui gli omosessuali troppo spesso sono ancora vittime



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