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EQUOCHOCOLATE DENUNCIA: LACRIME E SANGUE DIETRO UN CIOCCOLATINO

di Vittorio Bonanni

da "Liberazione" del 24.10.02

Ogni anno ad ottobre si danno appuntamento a Perugia i golosi di tutta Italia. C'è "Eurochocolate", una vera e propria festa dedicata alla cioccolata. Ma ben pochi sanno che dietro quei prelibati dolci c'è fame, miseria, sofferenza e sfruttamento da parte del mondo occidentale nei confronti dei paesi produttori. E così la Cooperativa Monimbò e Altragricoltura di Perugia hanno deciso, con la partecipazione di una cinquantina di associazioni, di dare vita ad "Equochocolate", un'iniziativa nata con l'intenzione di spiegare che cosa c'è dietro i cioccolatini prodotti in Belgio piuttosto che in Svizzera. «Sono nove anni che a Perugia c'è Eurochocolate - dice Fabio Barcaioli, coordinatore regionale di Altragricoltura - una festa che è diventata l'espressione del consumismo più becero del cioccolato, e noi invece con la nostra controiniziativa abbiamo voluto mettere in risalto l'idea di società che c'è dietro un cioccolatino. E dunque lo sfruttamento dei lavoratori nelle piantagioni di cacao, il lavoro minorile e i problemi ambientali che ci sono dietro queste coltivazioni». Ma il problema non riguarda solo i lavoratori del sud del mondo. «Qui a Perugia c'è l'esempio della Nestlé-Perugina - sottolinea il coordinatore - che tra quest'anno e l'anno prossimo manderà in mobilità un centinaio di dipendenti. Un fatto che dimostra come sia possibile costruire legami di solidarietà tra i lavoratori dei paesi occidentali e i contadini del Sud del mondo». Nella mostra mercato presente nei locali di Via della Viola c'è spazio anche per altre associazioni umanitarie, come Amnesty International, il Circolo Amerindiano di Perugia e Manitese, presente con la sua "Operazione nocciolina", ovvero la vendita di 500 grammi di arachidi a cinque euro nell'ambito di una campagna a favore del Salvador, colpito nel '98 da un uragano e terremoti. Ma che cosa ne pensano i perugini e gli amministratori della città di un'iniziativa che intende chiarire a tutti qual è realmente il percorso di un pezzo di cioccolata? «Innanzitutto la Nestlé Italia ha chiesto un incontro con Epifani - dice Barcaioli - nel corso del quale la Cgil è stata minacciata di non essere più riconosciuta nella contrattazione se si immischiava in queste "manifestazioni estremistiche". In città invece dobbiamo registrare che il comune non ci ha ancora dato il patrocinio e il sindaco ci aveva chiesto di spostare la manifestazione a gennaio, febbraio per non disturbare "Eurochocolate". Noi non possiamo volantinare al centro contro, è questa la motivazione, una manifestazione patrocinata dal comune. All'Università ci hanno sequestrato i volantini». Insomma un bruttissimo clima, quasi sorprendente in una città di tradizioni democratiche, tanto che il Corriere dell'Umbria, non sappiamo se in buona fede o meno, ha intitolato "Eurochocolate dà spazio all'equo e solidale". Ma la realtà è ben diversa: la festa non deve essere disturbata e nessuno deve sapere la verità. Ovvero che il 70% del prezzo del consumo va all'industria del cacao e alle organizzazioni commerciali e che spesso ai coltivatori resta solo il 5% del prezzo finale. Tutto questo perché l'Unione Europea impone altissime tariffe doganali ai prodotti semilavorati derivati dal cacao di provenienza extraeuropea. Come se non bastasse negli ultimi venti anni il prezzo del prodotto base è calato verticalmente. Fino al '94 è stato tenuto artificialmente stabile ma poi questa politica di sostegno del prezzo si dimostrò insostenibile. Per i paesi principali produttori di cacao, dalla Costa d'Avorio, primo produttore, al Ghana, all'Indonesia, al Brasile, alla Nigeria, alla Malesia e al Camerum, è stato un vero disastro. Come si ricorderà, ad indebolire ancora di più l'economia di questi paesi, intervenne la decisione dell'Ue di ammettere l'uso dei sostituti del burro di cacao a tutti i paesi membri, mentre prima veniva consentito solo ad Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Svezia, Finlandia e Austria. Un altro colpo alle già deboli economie dei paesi produttori. Nel tentativo di rompere questo muro negli anni '80 nasceva il circuito del Commercio Equo e Solidale, al quale si rifà Equochocolate. Il prezzo all'origine del cacao, sceso nel '98 a 1630 dollari a tonnellata, è stato stabilito a 1725 dollari per i prodotti distribuiti dal Commercio stesso, che cerca così di intrufolarsi faticosamente con le proprie botteghe nei meandri del mercato ufficiale, per favorire i lavoratori dei paesi più poveri e per sensibilizzare i consumatori occidentali. «Bisogna far capire alla gente che non è tutta festa ciò che riguarda il cioccolato - dice Edwin Igori, nigeriano, tra i primi ad aprire a Perugia una bottega del Commercio equo e solidale - e il lavoro di Equochocolate è appunto finalizzato a sensibilizzare i consumatori». I quali continuano a pensare che esiste il cioccolato svizzero e non quello ivoriano, per esempio. E sempre Igori ci racconta un aneddoto emblematico: «Un giorno venne uno studente universitario che cercava thè inglese. Io risposi che il the inglese non esiste, semmai c'è solo un marchio inglese. I thè che sono in commercio provengono dall'India, dallo Sri Lanka, dalle Mauritius, dalla Tanzania, dal Kenia e da altri paesi. Malgrado io avessi thè di una quindicina di marche diverse il giovane uscì dal negozio senza comprare nulla».



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