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LA SOCIETA' DEL COPRIFUOCO

di Nichi Vendola

da "Liberazione" del 04.12.02

Questo è il tempo di stilare rendiconti e promemoria, per capire cosa gira vorticosamente sulle nostre teste, per leggere tra le righe e sotto le righe quale sia la trama del nuovo Ordine in via di costruzione su scala planetaria, per denunciare il cuore grezzo di quell'Impero che nasce dalle proprie stesse rovine e dalla sua medesima crisi. Occorre guardare con attenzione ogni singolo tassello (di storia, di geografia, di politica, di cultura) senza mai dimenticare il mosaico: che è quello della globalizzazione liberista, della sua progressiva perdita di egemonia, del suo mappamondo incendiato dal dolore sociale, della sua scelta strategica di affidare alla guerra (preventiva, infinita, indefinita) il compito di una ricomposizione materiale del quadro del comando sovranazionale. Poiché questo scenario non consente correzioni "riformiste" - le quali risultano patetiche quando si ingegnano a cercare foglie di fico e coperture legali alla generalizzata "chiamata alle armi" - si capisce bene che qualsiasi opposizione radicale, qualsiasi dissenso di merito, qualsiasi diserzione dalla coscrizione obbligatoria in cui tentano di irreggimentarci, apparirà immediatamente come un atto di cospirazione politica, di sovversione, di insubordinazione alle leggi scritte (codice fascista e norme emergenziali) e alle tante leggi non scritte o in via di scrittura che stigmatizzano persino gli eccessi della libertà di pensiero. Questo sta accadendo sotto ogni latitudine, con buona pace della conclamata e universale vittoria di quella "civiltà liberale" che sembra diventata l'abito della festa: quando il "pensiero unico" diviene arruolamento si cambia abito, che diventa "uniforme" proprio perché ci uniforma, e le sottigliezze di Voltaire e Montesquie vanno a farsi fottere. La verità è che siamo seduti sul cratere di una contraddizione insanabile: il pensiero critico, e il movimento che lo incarna e lo propaga, sono oggettivamente una proposta di "sovversione" dell'ordine costituito (e costituendo).

Ci proveranno ancora
Ma non c'è codice penale che possa fermare l'uno e l'altro. Anche perché "questo" movimento agisce il suo pensiero nella forma dell'antagonismo sociale e della disubbidienza civile: e le uniche "bande armate" che si son viste a Firenze e altrove sono quelle del trombettieri e dei sassofonisti. Eppure ci provano. E ci riproveranno. Lo ha fatto la procura di Cosenza, con una ordinanza di custodia grottesca e fantascientifica, ora stracciata dal Tribunale del riesame. Lo fa un ineffabile pubblico ministero "avanguardista" che, a Trento, pensa bene di iscrivere nel registro degli indagati 151 persone che si erano auto-denunciate in segno di solidarietà con Caruso e gli altri arrestati. Lo fa a Genova il Pm Silvio Franz che, sulla base di perizie assai controverse, chiede di archiviare la bollente "pratica" dell'omicidio di Carlo Giuliani sotto la comoda rubrica della "legittima difesa". Ci proveranno ancora. Non perché ci sia una regia occulta e tanti burattini che (nelle polizie e nelle magistrature e negli organi di informazione) si lasciano manovrare dalla manina di una "mente raffinata" o di un "grande vecchio". C'è piuttosto una regia palese, una trama visibile e conclamata, un codice lungamente incubato dall'ideologia della sicurezza: e l'ossessione securitaria ha da subito individuato gli esuberi, gli eccedenti, i border-line del nuovo ordine globale. I migranti, innanzitutto: portatori insani di povertà e di "alterità" culturale, buoni come esercito di riserva nei bassifondi del mercato del lavoro, ma colpevoli di "rivelare" le dilanianti ingiustizie del binomio sviluppo-sottosviluppo.

I teoremi inquisitori
Come in una recrudescenza caricaturale di una certa etica calvinista, si è tornati a connotare in termini criminologici la fenomenologia della miseria: clandestini, stranieri, tossicodipendenti, marginali di ogni specie affollano le gabbie dei nostri universi concentrazionari. Viceversa la ricchezza è sintomo di protezione divina, e in questo senso la Cirami non è un'anomalia italiana ma un pezzo emblematico dell'illegalismo di sistema delle classi dirigenti mondiali. E dunque sta nascendo, spesso come spontaneo posizionamento nella gerarchia della globalizzazione, quella che è stata chiamata "società del coprifuoco": dove settori interi dell'èlite ovunque distribuita si attivano ai doveri del "sorvegliare e punire", ritagliano una propria competenza repressiva e sanzionatoria, si candidano a conquistare benemerenze presso i nuovi centurioni dell'Impero. E' uno slittamento culturale verso la società "a-democratica" quello che anima i teoremi inquisitori di un pubblico ministero o di un vescovo che caccia il suo parroco disobbediente. Stretta nella morsa tra terrorismo e guerra, la politica muore: fingendo di vivere nel "porta a porta" della finta dialettica dello spettacolo cinico e ammiccante. Viceversa vive e può vivere solo come contestazione del "sistema di guerra" e del suo indotto terroristico: e quindi come cospirazione, insubordinazione, sovversione. Come movimento di moltitudini che demistificano la falsa coscienza di un ordine che è disordine, di una ricchezza che è miseria, di una giustizia che è tutela della proprietà e castigo della povertà. Vive e può vivere a condizione che non introietti, neppure per il buon fine di contrastarli, i codici violenti della guerra e del terrore. E qui c'è la potenza strategica della disobbedienza: cioè di una finalità di cambiamento che già vive nei mezzi e negli strumenti della propria ricerca, di un orizzonte che pensa la rivoluzione in termini non di confronto militare ma di rifondazione, qui e ora, dei tempi e dei luoghi dell'agire comune. Ci proveranno ancora, a metterci in un angolo, a farci cadere nei loro agguati, a spezzare le nostre reti intelligenti e anche le nostre teste. Ma noi stiamo imparando, com'è scritto su carte sacre, a farci "puri come colombe e furbi come serpenti". La partita è più che mai aperta.



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