Diffusione della Comunicazione Facilitata

   La Comunicazione Facilitata fu portata negli Stati Uniti nel 1989 da
Douglas Biklen, sociologo e professore di Istruzione Speciale presso la Syracuse University di New York, dopo che egli ebbe conosciuto il lavoro della Crossley in Australia presso il centro da lei fondato. Vi andò perplesso e incredulo di quanto aveva sentito dire e tornò entusiasta e desideroso di sperimentare la tecnica.
   Nonostante inizialmente la Crossley utilizzasse il metodo solo con persone con disabilità motorie, Biklen estese l'uso della tecnica anche a persone con gravi deficit cognitivi.
   I
Mass Media hanno avuto nella diffusione della Comunicazione Facilitata un ruolo rilevante, soprattutto in Nordamerica, dove se ne è parlato frequentemente in articoli apparsi su riviste e quotidiani e in programmi televisivi, come 60 Minutes e Frontline. Quest'ultimo, trasmesso sulla PBS (Public Broadcasting System) ha dedicato al fenomeno Comunicazione Facilitata una puntata intitolata Prisoners of Silence.
   Attualmente anche in Italia si è parlato di Comunicazione Facilitata in televisione: nel corso della puntata del
Maurizio Costanzo Show andata in onda il 7 ottobre 1999 fra gli ospiti vi era Carlo Carlone, padre di Matteo, un ragazzo di diciotto anni affetto da autismo. Durante il programma è stata raccontata la storia del figlio e di come, grazie alla tecnica della Comunicazione Facilitata, da qualche mese il ragazzo avesse svelato ai propri genitori una realtà per loro insospettata, anche se non si è accennato alle numerose controversie sulla validazione del metodo.
   Già dal 1991, comunque, la tecnica aveva fatto la sua prima apparizione in televisione, sulla ABC, che gli dedicò un servizio nella trasmissione
Part-time Live in cui la Comunicazione Facilitata veniva descritta come un nuovo strumento di comunicazione grazie al quale persone con gravi disturbi, non ritenute perciò in grado di compiere le più elementari operazioni cognitive, mostravano sorprendenti capacità espressive ed insospettate abilità.
   Nel 1993 viene riportato il caso di un ventisettenne ritenuto affetto da ritardo mentale, il quale, tramite la Comunicazione Facilitata, ha mostrato di possedere inaspettate competenze.
   La rivista
Newsday è invece stata palcoscenico di testimonianze contrastanti in materia di Comunicazione Facilitata: ai dubbi riportati in un articolo del numero di gennaio 1993 seguì la pubblicazione della storia positiva dell'impiego della Comunicazione Facilitata con il figlio affetto da autismo di un membro dello staff dello stesso giornale.
   Non solo il mondo accademico, ma anche l'opinione pubblica inizialmente si interessò molto alla Comunicazione Facilitata, perché gli scritti dei facilitati sembravano portare alla luce un problema scabroso: quello dell'
abuso sessuale o violenze da parte dei genitori e degli educatori. Borthwick, Morton, Biklen, e Crossley hanno firmato un articolo in cui si sottolineava come la Comunicazione Facilitata consentisse finalmente ad un categoria socialmente debole di esporre denunce così da difendersi dalle violenze sessuali. Balza perciò in primo piano, come affronteremo fra poco nel prossimo capitoletto, l'esigenza di stabilire la veridicità e l'affidabilità delle testimonianze ricavate per mezzo della Comunicazione Facilitata, tanto che furono spesso i tribunali il contesto in cui si resero necessarie diverse ricerche sulla validazione del metodo. Da una rassegna sull'argomento risulta che venti casi giudiziari per abuso sessuale si sono tutti conclusi col ritenere falsi o comunque non credibili gli allegati, prodotti tramite Comunicazione Facilitata, nei quali veniva esplicitata la denuncia.


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