4.1. Cosa è la Comunicazione Facilitata

   Per Comunicazione Facilitata si intende
(definizione:) un metodo per facilitare la comunicazione in cui un terapista abilitato - il facilitatore - offre un sostegno alla mano o al braccio di un individuo con un deficit nella comunicazione - il facilitato - per aiutarlo ad indicare delle immagini o lettere o ad usare una tastiera per digitare un testo: "comunicare in facilitazione significa scrivere a macchina o indicare figure, lettere e parole. Un facilitatore (un insegnante, un membro della famiglia, un amico o un altro partner di comunicazione) fornisce un supporto fisico, cioè un aiuto nello stabilizzare il braccio o nell'isolare il dito indice, ma, soprattutto, fornisce un supporto emotivo".
   Il supporto fisico può essere di tipo
mano-su-mano oppure mano-su-braccio. Il facilitatore non guida il facilitato nella scelta, ma piuttosto stabilizza il movimento e, in alcuni casi, effettivamente rallenta la mano della persona che si accinge a compiere una scelta.
   Le
difficoltà fisiche ed emotive specifiche che il supporto di questa tecnica aiuta a superare sono:

  • uno scarso coordinamento occhio-mano;
  • un basso tono muscolare;
  • un elevato tono muscolare;
  • problemi nell'isolare o estendere il dito indice;
  • perseveranza nell'esecuzione di un compito;
  • utilizzo di entrambe le mani per eseguire un compito che ne richiederebbe una sola;
  • tremori ed instabilità muscolare;
  • problemi nell'iniziare un compito su comando;
  • impulsività'.
   Con il passare del tempo il supporto regredisce ad un semplice tocco sulla spalla fino ad arrivare all'indipendenza nello scrivere.
   Questo metodo rientra in una delle forme di
Comunicazione Aumentativa e Alternativa (AAC), dato che si basa su diverse modalità di suggerimento e sollecitazione date al facilitato da parte del facilitatore. Il suo specifico, rispetto alle altre tecniche di CAA, consiste nell'aiuto di supporto fisico mano-braccio o mano-mano fornito dal facilitatore.
   Questa tecnica non si presenta quindi propriamente come una "cura" per le disabilità (queste restano), il suo utilizzo consente piuttosto ad una persona con problemi di comunicazione di esprimere, attraverso un intervento graduale, il pensiero intrappolato a causa di una comunicazione verbale nulla, insufficiente o stereotipata. Utilizza una "dipendenza" da mezzi e da persone per costruire un futuro nel quale si possa comunicare nella maniera più possibile indipendente.
   Vi è, sottostante, la supposizione (se non addirittura la convinzione) che le persone affette da Sindrome autistica possano essere "
molto più abili e intelligenti di quanto si possa presumere in considerazione di una mancanza del linguaggio verbale o dell'incapacità di imparare a scrivere". Essi sono sprovvisti di un mezzo di comunicazione efficace, perciò è difficile sapere ciò che stiano effettivamente pensando.
   È anche per questo motivo, oltre a quanto abbiamo già affrontato nel capitolo precedente, che la Comunicazione Facilitata risulta essere un metodo "altamente controverso, perché contraddice la diagnosi di ritardo mentale" che molti facilitati portano da sempre con sé.
   La facilitazione permette di compensare i problemi neuromotori, la cui importanza non è stata mai sufficientemente sottolineata nei casi di handicap mentale. Questi problemi neuromotori sono passati inosservati soprattutto nelle persone con Sindrome autistica: mentre questi individui sono molto spesso agili nei movimenti riflessi ed automatici, avviene che sia invece difficoltoso il controllo volontario del movimento, sia a livello dei movimenti ampi che dei movimenti fini necessari all'esecuzione della parola.
   È propriamente da questa visione della disabilità che la Comunicazione Facilitata muove i suoi passi, definendosi quindi essenzialmente come "aiuto" e "supporto" fisico per chi saprebbe comunicare ma non lo riesce a fare per motivi neuromotori e non per ritardo mentale.


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