Quando ho finito di leggere "Volo di notte"
di A. de Saint-Exupery (letto, peraltro, con una rapidità inconsueta
per i miei tempi abituali) ho in primo luogo pensato - cosa ancora più
inconsueta - che avrei voluto leggerlo di nuovo.
Qualcosa di questo piccolo libro mi ha profondamente affascinato e,
direi, catturato, lasciandomi il desiderio di visitarlo di nuovo.
Racconto in apparenza semplice, storia che si può riassumere
in poche righe, "Volo di notte" offre in primo luogo il piacere
di un linguaggio perfetto, il piacere tutto speciale che un lettore
trova quando forma e sostanza si incontrano con semplicità ed
è dato sentire: questo non poteva essere detto che così,
con queste esatte parole. Non c'è nel momento niente di più
di quello che è strettamente necessario e niente di meno: i dialoghi
sono essenziali, le descrizioni nitide e trasparenti.
In secondo luogo, dietro l'apparente semplicità del racconto
e del linguaggio, si percepisce a poco a poco una profondità
inusuale: è la personalità complessa del protagonista,
sono l'esattezza e l'acume psicologico con cui vengono tratteggiati
tutti i personaggi.
Ma, scavando ancora un po', si fanno strada i temi di fondo del racconto:
la misteriosa interazione tra il destino personale (con la sua unicità
e valore) e il destino comune, che è la storia e, anche il dramma
solitario e profondo della responsabilità e delle scelte.
Eppure, tutto questo proposto con leggerezza, come impigliato nelle
maglie di un racconto che scorre senza intoppi e che si può leggere,
se si vuole, anche senza domande.
Una ricchezza stratificata dunque: ognuno può decidere dove fermarsi:
al fascino della parola ben scritta, al gusto della psicologia ben tratteggiata,
o infine al senso, al rapporto fra dovere e responsabilità, e,
perché no, sul destino.
Cosa chiedere di più a un libro di un centinaio (scarso) di pagine?