LA RAGIONE DEGLI ALTRI (1895)

La vicenda è quella di un giornalista, Leonardo Arciani, che, a causa della sterilità della moglie Livia, intreccia una relazione con una vecchia fiamma, Elena, dalla quale ha una figlia.
Inizialmente Livia subisce la situazione, ma poi, scossa dalle parole del padre, reagisce decisamente per riavere il marito. Ritrovandolo però padre di una bambina, sostiene di dover portare via ad Elena non solo l'amante, ma anche la piccola. Convince quindi la donna che tutto è per il bene di sua figlia, che avrebbe così una famiglia ricca e "in regola". Con la formazione di questa nuova famiglia (saranno effettivamente felici?), si conclude l'opera.
Compare qui per la prima volta una tematica costante di Pirandello: l'annullamento di sè per la felicità dell'altro. E per annullamento qui non s'intende abnegazione, ma piuttosto la cancellazione della propria personalità per la personalità degli altri, delle proprie ragioni per le ragioni degli altri.
La prima ad annullarsi, per tenere nascosta la vicenda al padre, è Livia. Questa, pur soffrendone, crede quasi che il marito non abbia commesso una colpa tanto grave: in fondo, per risolvere la situazione creatasi basta che lei si annulli!
Chi "rovina tutto" è proprio il padre, Guglielmo, che, venuto a conoscenza del fatto, crede di essere matto vedendo che tutti (compresa sua figlia!) ne parlano come fosse una situazione quasi normale...:
"Cose da trasecolare! Ma dove siamo? Oh, mi tocco e dico: ma, ho la testa a posto? La meraviglia non è di lui... Ma vedo te, così... Ohè; figlia mia! Che sortilegio t'ha fatto? [...] Non si può davvero più parlare? Fare, sì, si può tutto. Gli atti qua non offendono. Appena si parla invece: piano! piano! V'offendono le parole? Ma guarda! Pare che gli orecchi soltanto in città vi diventino così delicati!"
Ecco allora che nel dialogo padre-figlia qualche cosa è stato comunicato (anche se, come vedremo, non compreso pienamente): il valore della persona-Livia è tale che non si può annullarlo a proprio piacimento per nessun motivo: sarebbero "cose da trasecolare!".
La lezione del padre viene però assimilata solo in parte, perchè Livia ha uno schema mentale ben radicato secondo il quale, per risolvere la situazione, qualcuno deve comunque annullarsi. Lei non può essere perchè è stata, in fondo, la vittima in tutta la vicenda; sarà allora Elena colei che dovrà cancellare se stessa, lasciando l'amante-padre e la figlia.
Ma come convincerla che questo è il modo migliore per risolvere tutto? La madre non accetterà tanto facilmente di impersonare una maschera dietro cui non c'è niente!
Ecco quindi il discorso del "comunicare per vivere", dove però, secondo Livia, "vivere" significa "sopravvivere". Per convincere Elena a fare un gesto che sembra contro natura (lasciare la figlia),e quindi per sopravvivere-vivere, Livia deve parlarle, senza ascoltare le ragioni dell'altra: deve utilizzare quindi un tipo di comunicazione a senso unico, in cui distrugge automaticamente ogni argomentazione di Elena, con incessante violenza.
Interviene poi nel dialogo il marito-amante-padre che dà man forte a Livia, usando il suo medesimo tipo di comunicazione (a senso unico e violenta). La poveretta cede sempre più terreno in questa battaglia, finchè la perde...:
"ELENA Senti, io ora non posso; ma se tu te ne vai, ti prometto, ti giuro, che io stessa...
LEONARDO No, cara, no. Niente promesse...
ELENA Ti giuro! appena ne avrò la forza [...] te la porterò io stessa...io con le mie mani...
[...]
LEONARDO Ora o non più, Elena! Dammela. E' meglio per te!
ELENA Ora no! ora non posso! Giù...lasciala!
LEONARDO Non potrai più! Non potrai mai!
ELENA E' vero! è vero! Ma come dunque, così?
LEONARDO Così...che importa? così...
ELENA No... così no... aspetta... aspetta... un cappellino... il cappellino, il cappellino almeno... Voglio che sia bella... aspetta... aspetta..."

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