LUIGI PIRANDELLO
Un intervento sulla comunicazione nel teatro pirandelliano

Perchè parlare di Pirandello? E soprattutto di cosa parlare? Infatti in un'opera così vasta è difficile riuscire a estrapolare in modo interessante un filo guida, e rimane certamente riduttivo analizzare in poche righe un autore che si è mosso in modo così autorevole dal teatro alla prosa (sia con romanzi che con diverse novelle). D'altra parte criticare vuol dire sempre focalizzare la propria attenzione su una zona molto ristretta...e penso di non scandalizzare troppi dicendo che è difficile al pari descrivere come sia una persona che cercare di descrivere l'intera sua opera.
Non essendo perciò un luminare di Pirandello vorrei sottolineare il rapporto del (se si può dire) classico personaggio pirandelliano - e con questo intendo soprattutto, ma non solo, i personaggi teatrali - con la comunicazione: sono tutto sommato degli stimoli per vedere quanto sia attuale la lettura di questo autore sui generis pure nel mondo completamente diverso di oggi.

Innanzi tutto una piccolissima premessa, che è questa, probailmente banale, ma importante: comunicare vuol dire propriamente "entrare in comunione" o "partecipare alla mensa eucaristica" e ha una forte correlazione con comune cioè con ciò "che subisce un autorità insieme". Per comunicare è quindi ovvio che non basta entrare in contatto, ma bisogna fare anche un passo più in là, decidendo di condividere la propria interiorità e accentando i rischi che questo comporta. Il processo della comunicazione si avvale perciò di due parti ben distinte (in realtà se ne potrebbero trovare davvero molte altre, ma non è il caso di perdere troppo tempo): una prima parte, chiamiamola tecnica, che ci permette di entrare in contatto con un'altra persona (il telefono, la chat, ....) e una seconda che ha a che fare con l'interiorità dell'uomo.
E' a partire da questo concetto che ci siamo voluti rivolgere a un passato in cui, appena prima dell'avvento di televisione e radio, la cultura veniva diffusa attraverso libri e teatro, con un atteggiamento, questo bisogna ammetterlo, di sfiducia verso i nuovi mezzi di comunicazione che tendono a svalutare la "comunione" (forse per il fatto che la rendono indefinitamente più semplice?)
Oggi la comunicazione non si rivolge più all'individuo nella sua complessità, quanto a un individuo, per così dire, massificato, cioè minima parte del gruppo, della massa. I numerosi messaggi vengono imposti alla persona, e questa non ha partecipazione attiva, limitandosi ad immagazzinare i dati.
"Accedere sempre piu' velocemente a fonti di informazione può portare alla grottesca e penosa ignoranza di colui che dispone di moltissimi dati ma non sa che farsene."
Il teatro, invece, si propone come strumento diretto di comunicazione: l'autore, portavoce del suo io e dell'io dell'uomo, può stabilire un rapporto reciproco e fecondo di dialogo.
Infatti il teatro parla "all'uomo dell'uomo" e perciò crea una vicinanza tale da permettere allo spettatore di vivere nel dramma, interpretandolo come proprio.
Forse proprio questo rapporto diretto attore-spettatore spinge l'autore a trattare argomenti chiave della vita di un uomo.
Nel primo Novecento, in Italia, teatro significava Pirandello.

Questi affidò alle sue commedie il tormento dell'uomo che vede intorno a sè una realtà in cui non è più possibile comunicare, cioè fondare un vero rapporto di comunione di valori e verita' tra due persone.
L'uomo visto da Pirandello infatti vuole piuttosto apparire che essere, e nel perseguire questo obiettivo finisce per diventare un involucro vuoto, una maschera dietro cui non c'è niente.
Quest'uomo-maschera, essendo uomo ha bisogno di comunicare per vivere, ma essendo maschera non ne e' capace. L'individuo e' quindi combattuto tra l'impossibilita' di comunicare e la necessita' di farlo: e' destinato quindi all'infelicita'.
Ed e' per questo che, nel cercare uno sbocco che porti a una specie di comunicazione, il personaggio pirandelliano prova a ripartire da zero: decide di annullarsi, di farsi cioe' specchio attraverso il quale l'interlocutore possa illudersi di parlare a un altro, parlando in realtà solo con se stesso.

Per mostrare questo, abbiamo sviluppato un'analisi delle commedie più significative seguendo l'evolversi del pensiero pirandelliano dai primi del Novecento fino alla morte. Vedremo un mondo costellato di personaggi che, incapaci di dominare la propria esistenza e travolti da una sorte bizzarra, si dibattono nei confini della propria esteriorità, tanto da poter essere definiti "personaggi tra parentesi".

G.Migliarese A.Vaghi G.Milani

 

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Brevi notizie bibliografiche

Luigi Pirandello nasce nel 1867 nella campagna che circonda Girgenti (Agrigento) da una famiglia benestante: il padre, commerciante di zolfo, porterà il figlio al lavoro con sè alle pese, e Luigi ne trarrà elementi importanti per le sue novelle.
Luigi fu sempre molto legato alla madre, soprattutto dopo aver scoperto il tradimento di suo padre, e nella novella "Colloqui con i personaggi" composta dopo la sua morte nel 1915 lascerà pagine commosse in suo ricordo.
Iscrittosi sia a legge che a lettere, scegliendo poi definitivamente quest'ultima facoltà, si trasferisce a Bonn per dissapori con un professore di latino: in Germania si laurea e della Germania rimarranno nella sua opera legami profondi e consistenti.
Tornato in Italia a Roma inizaia a lavorare come professore e inizia a pubblicare. Sposa Maria Antonietta Portulano, figlia di un socio del padre nel 1894. Nascono tra il 1893 e il 1899 i tre figli. Nel 1904 esce "Il fu Mattia Pascal" che ottiene un buon successo e gli permette la collaborazione felice con la casa editrice Treves. Nello stesso periodo il padre ha un tracollo finanziario e la moglie inizia a dare segni di squilibrio mentale. Per Luigi è un momento difficile e si affaccia anche l'ipotesi del suicidio. Dal 1916 inizia a occuparsi anche di teatro, in vortice di successo sempre crescente. Nel 1924 aderisce al partito fascista. Nel 1925 fonda a Roma il Teatro d'Arte dove presenta nuovi autori e inizia a occuparsi di regia teatrale. Nel 1928 è di nuovo in germania dove scrive "Questa sera si recita a soggetto". I suoi rapporti colla dittatura fascista si fanno più difficili, anche a causa del carattere pessimistico delle sue opere. Nel 1936 dopo aver terminato i primi due atti de "I giganti della montagna" si ammala di polmonite e muore il 10 dicembre.


Un frammento autobiografico del 1895
(non riconosciuto da Pirandello)

Una lettera autobiografica del 1913
(pubblicata su Le Lettere nel 1924)

 

OPERE

La ragione degli altri (1895)

Così è (se vi pare) (1917)

L'uomo dal fiore in bocca (1918)

Lazzaro (1928)

Come tu mi vuoi (1929)

Quando si è qualcuno (1932)


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