Vivian Lamarque
Poetessa bambina

Da "Una quieta polvere"
(1996)

 

 

 

 

 

Forse antitesi alla «cruenta polvere» del Napoleone manzoniano, il titolo di questo fermissimo libro rinvia a un’esperienza che si esaurisce nel privato più dolorosamente dimesso.
L’autrice da anni persegue una poesia della facilità e della leggibilità. Ma è la calma apparente di acque che celano abissi e gorghi.
E infatti la raccolta non esita ad addentrarsi negli anfratti di una psicologia vulnerata, a guardare in faccia la morte e a dialogare con l’altro, a cominciare dai «nuovi milanesi di colore».

MINIERA

corri nell'ansietà, nella luce del nascere
la tua visione, l'ascolto del mondo,
in profondità, in discesa ardita
là dove la china è più scoscesa, prossima
al salto, al dirupo:
sii l'aquila, dal becco occhiuto, la forza vigilante
sii l'etere, la leggerezza d'essere, implume, l'infanzia
il gioco tenero del tuo bambino, sii l'acqua
che spazza il porto salata, e l'aria che respiri, quando
l'onda
è passata, sii ad ogni istante vera, più della pietra
dura col tempo, sii scura miniera agli altrui sogni
sii oltre la caduta, là dove più esile è la luce
e ancora tenti.

A PASOLINI

Che cielo azzurro guarda si è schierato
per il tuo anniversario
di assassinato.
Proprio un giorno da partita
di pallone vedi? O da lì
non si vede proprio niente
niente? Non senti che vento forte
si è levato? Con un vento così
il pallone ti sarebbe forse sfuggito
volato come tu quel giorno a noi.
E' un novembre con i colori di aprile
Siamo qui soli con te Pasolini
con quel tuo morire
.

"Lo zucchero - diceva Witold Gombrowicz, in una conferenza Contro i poeti, a Buenos Aires il 28 agosto 1947 - e fenomenale quando lo sciogliamo nel caffè ma nessuno si mangerebbe un piatto di zucchero: sarebbe troppo. E' l'eccesso ciò che stanca nella poesia: eccesso di poesia, eccesso di parole poetiche, eccesso di metafore, eccesso di nobiltà, eccesso di depurazione e di condensazione che fanno somigliare la poesia a un composto chimico. Come siamo giunti a questo grado di eccesso? Quando un uomo si esprime in forma naturale, vale a dire in prosa, il suo linguaggio abbraccia una gamma infinita di elementi che riflettono interamente la sua natura; ma ecco che arrivano i poeti ed eliminano gradualmente dal linguaggio umano qualsiasi elemento apoetico, invece di parlare cominciano a cantare e, da uomini, si trasformano in bardi e vati, consacrandosi in modo unico ed esclusivo al canto". E ancora: "I poeti non hanno ancora capito che non si puo' parlare della poesia in tono poetico ed e per questo che le loro riviste abbondano di poeticizzazioni sulla poesia, il più delle volte orripilanti per il loro sterile gioco di equilibrismi verbali".

E' singolare che Piero Cudini (insegna Letteratura contemporanea alla Scuola Normale di Pisa) citi questo tagliente pezzo di Gombrowicz per poi consegnarci un panegirico di una poetessa che dello zuccherificio ne ha fatto una profittevole professione, una vera e propria catena di montaggio dello zucchero in cubetti e semolato, in stato liquido e in stato solido, in bustine e in confezione laccata. Mi chiedo veramente se ormai lo zucchero non sia diventato un ingrediente non più eliminabile dal DNA della poesia italiana, mi chiedo veramente se io e il prof. Cudini abbiamo letto lo stesso libro. Senza dubbio abbiamo letto lo stesso libro, questo e fuor di dubbio, ho controllato l'edizione e le citazioni, e, per amor di fedeltà al vero, riporterò le medesime citazioni virgolettate dal prof. Cudini. Probabilmente e la cognizione della poesia e della letteratura che abbiamo esattamente agli antipodi io e il prof. Cudini.

Sia chiaro che non pretendiamo di aver ragione, resta il fatto che la nostra opinione dello zucchero e dello zuccherificio e' esattamente agli antipodi di quella del prof. Cudini. Del resto e la stessa Lamarque che, molto onestamente, scrive: "Sono una poetina media/normale/da due righe e mezzo/sulla garzantina universale"; diamo atto alla poetessa l'onesta' di questa dichiarazione di poetica che non pretende grandi cose e non reclama grandi considerazioni, si limita infatti ad osservare che "i poeti che ho amato/mi hanno fatto bei regali/matite d'oro conchiglie dell'Atlantico/libri meravigliosi di (in ordine/alfabetico) Hesse Penna Saba Villon/le lettere di Pound le lettere di Rimbaud/le poesie degli olandesi Gerhardt Greshoff ecc./e anche sinfonie e ancora poesie/e poesie e poesie...//i poeti che ho amato/mi hanno telefonato". Indubbiamente tutto ciò e molto edificante, e molto zuccherificio, direi molto raffinatamente banale: in una parola, truismografia. Sia chiaro, ognuno scrive quello che puo' e che vuole, siamo in democrazia, e ognuno, nel libero agone democratico, puo' mettere in versi quello che ritiene lodevole e meritevole di trascrizione.

Certo, la poesia della signora Lamarque, è strutturalmente confortevole, ammicca al buon gusto del lettore, lo sorprende con allitterazioni e rime improprie, lo blandisce con indubbia professionalità; e insomma una professionista della poesia, fa piccoli cammei, ironici e fintamente ingenui, fintamente infantili. Che queste modeste composizioni, tutte flirtate sull'orlo del prevedibile, facciano gridare al capolavoro, ci sembra del tutto fuori luogo, ed il prof. Cudini non rende certo un buon servizio alla signora Lamarque inneggiando le sue lodi.

Trattasi di un "buon" lavoro di un modesto poeta, tutto inscritto dentro il perimetro del minimalismo da noi denunciato nel n. 8 di "Poiesis". Queste nostre considerazioni siano prese per quello che sono, riflessioni molto modeste, molto scontate, direi molto prevedibili. Per fortuna, non e' certo questa la migliore poesia contemporanea. Per fortuna c'e dell'altro. Vorrei a questo punto citare alcune frasi scritte da mio figlio Giacomo, di otto anni, che potrebbero essere ascritte alla signora Lamarque senza togliere a quest'ultima alcuna prerogativa: "Nella saliera si mette il sale Il biglietto del cinema oggi e' gratis Nel mare c'e uno scoglio che fa male La nave ha attraversato il mare".

E si perché sta di fatto che la maestra di Giacomo, persona molto intelligente, fa scrivere ai suoi bambini delle frasi libere, in rima, a partire da certe parole date in anticipo che ho messo appositamente in corsivo. Non e improbabile che nel futuro citerò altre composizioni di Giacomo, il quale a questo punto puo' esser chiamato poeta a tutto tondo, e ciò senza nulla togliere alla signora Lamarque e al prof. Cudini, senza polemiche e senza astio, basta intendersi su che cosa e' poesia, e allora potremo tranquillamente pubblicare le composizioni in rima di tutti gli scolari che frequentano la terza elementare assieme a Giacomo. Il prof. Cudini cita ampiamente un'altra composizione della Lamarque, che io fedelmente trascrivo: "A tavola/ per non parlare da sola/ ha parlato con le sue posate/ per tutta l'infanzia/ per tutta l'adolescenza/ con la signora forchetta/ e suo marito il coltello/ per tutti i pranzi /e tutte le cene/ poi e' diventata grande/ non ha più parlato all'acciaio inossidabile/ quasi più e tornata nel cassetto/ dei feroci bambini cucchiaini".

A questo punto e d'obbligo riportare altre due composizioni di Giacomo: Con il coltello taglio i capelli con la forchetta mangio la bicicletta e con il bicchiere bevo il carabiniere. Con il cucchiaio faccio ciao. Il cane sta nel canile il gatto sta nel gattile ed io prendo il fucile e sparo a papà.

Mi sembra che il piccolo Giacomo non abbia nulla da invidiare alla signora Lamarque, ha un futuro di poeta assicurato, ed io come ogni buon papà ne sono davvero fiero. Non è escluso che, per il futuro, non pubblichi altre composizioni del mio amato pargolo, mi sembra che non manchino di una certa ilare freschezza che le poesie degli adulti tentano di mimare senza attingerne la surreale agilità. Ironia a parte, il problema dello zucchero e' terribilmente serio per potersene uscire con dei mottetti e delle celie; il problema del "poetese" di cui parla il prof. Cudini nell'articolo di encomio alla signora Lamarque, e' problema veramente serio per essere lasciato alle cure idratanti dei soli professori. Credo che occorra ricominciare a pensare con molta serietà e modestia alle cose che andiamo dicendo. Buongiorno.

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