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 Emilio de’ Rossignoli *
 Dracula

edizione americana dell'inzio del secolo
Forse pochi libri sono stati tanto citati e così poco letti come Dracula di Bram Stoker; eppure ne sono state pubblicate edizioni in tutte le più diffuse lingue del mondo, anche in collane economiche come i Pockets Books e i Perma Books americani; in Italia, scaduti i diritti d’autore, ne sono apparse cinque o sei edizioni in tutte le più diffuse lingue a quelle di Longanesi e di Sugar.
Tuttavia di Dracula, il grande pubblico conosce soltanto quanto ha visto al cinema e basta. Un motivo c’è: Dracula romanzo è alquanto noioso e di lettura faticosa, aggravata da un’infelice trovata dell’autore (del resto diffusa nella letteratura dell’epoca), quella di raccontare la storia attraverso le pagine di diario dei diversi protagonisti. Eppure Dracula resta importante per motivi che hanno poco a vedere con la buona letteratura, così come per un diverso (ma non tanto) motivo resta importante l’opera del Marchese De Sade.
Dracula è il primo tentativo serio di trasportare in un clima vittoriano, realistico, socialmente evoluto, una leggenda orientale, ricca di credenze e fantasie che invasero l’europa centrale quattrocento anni prima al seguito delle orde turche. Prima, nel periodo più frenetico del Romanticismo, autori ben più importanti di Stoker avevano ricamato cronache, novelle, romanzi e poesie sul personaggio del vampiro, ma esso era sempre una figura orientale, come nel Giaurro di Lord Gorge Gordon Byron o nella Sposa di Corinto di Goethe. Venivano dal Medio ed Estremo oriente il terribile Melmoth di Maturin, l’atroce Smarra di Nodier, Cara-Alì di Merimée. Poi, quasi insensibilmente, il vampiro si sposta verso occidente, diventando preferibilmente russo nella Guzla, in Lokis, sempre di Merimée, nei racconti di Gogol, autore del Vij, e di Alerei Tolstoi, cugino del grande Leone (Vourdalak). Seguì il tempo più ricco, quello di Poe e di Baudelaire, di Lacroix e di Lautréamont, di Maupassant e di Dumas, di Hoffman e di Gautier: i vampiri erano ormai ovunque, ma inseriti in un mondo fantastico, a loro modo immagine, spesso fuori campo, della realtà.
Dracula venne scritto nel 1897 e fu un buon successo editoriale, il migliore per Stoker, che pure aveva scritto altre opere, fra le quali una di fantascienza, dedicate a un mostruoso serpente lungo cento piedi. Lo scrittore ambientò la storia di Dracula in Transilvania, una zona della fascia medio-europea particolarmente sensibile al mito vampirico, come egli aveva appreso nei suoi studi.
La prima causa storica del fenomeno va ricercata nella divisione fra le due chiese cristiane, la cattolica e l’ortodossa, con le loro concezioni sulla sopravvivenza dei morti. La chiesa cattolica attribuisce ai corpi dei santi morti una conservazione miracolosa che esclude la decomposizione; l’integrità del corpo dopo la morte diviene in tal modo un premio. Secondo gli ortodossi, invece, sono i corpi degli empi che non decadono, rimanendo integri per la suprema espiazione. Essi sono considerati tanto orribili che la terra rifiuta il loro sacro rifugio. Questa divergenza fondamentale provoca uno sdoppiamento ansioso nei fedeli. La conservazione del corpo oltre la morte è un premio o un castigo? L’interrogativo diventa angoscioso quando gli si affianca, oltre il problema religioso, il timore della morte. Il pensiero dell’annientamento è spaventoso, ossessionante, ma non è forse anche l’inizio della desiderata immortalità?
Ogni credente nasconde nel suo intimo questa doppia incertezza, un’ambivalenza che è la chiave del vampirismo: angoscia di morire e fascino della morte; speranza di sopravvivere e paura che a vita corporale dopo il trapasso significhi dannazione. Questo è il crogiolo antico della leggenda.
Nelle antiche cronache Transilvane, Bram Stoker trovò la storia del vero Dracula, anzi Drakula, un voivoda crudele, terrore della Valacchia fra il 1445 e il 1452. Voivoda, significa capo, un condottiero, ma non è necessariamente un nobile; Dracula divenne conte per lo snobismo di marca romantica che animava Stoker. Drakul significa “diavolo” in romeno e la Transilvania appartiene geograficamente alla Romania. La parola deriva dal latino draco-draconis (drago) nel significato di Satana che gli dà comunemente l’iconografia cristiana. Del resto in Grecia, il vampiro è detto vrucolacas, che ha un suono simile. Tutto ciò fa ritenere che il famoso voivoda fosse un’invenzione, un simbolo della crudeltà tirannica, anche se il suo nome riappare inspiegabilmente in una diversa leggenda del Seicento tedesco.
Il Dracula di Stoker, presa in prestito la crudeltà dei voivoda, e le implicazioni religiose di Dracul, visto come nemico universale; aggiunse le suggestioni di Carmilla e dei tetri eroi romantici, bevitori di sangue; appuntò con pignoleria le caratteristiche vampiriche della tradizione popolare (la paura dell’aglio, della croce, degli specchi, il potere esorcizzante della picca usata come arma definitiva), costruendo di getto il suo conte, capace di trasformarsi in pipistrello e in vrolok (lupo mannaro). Una delle immagini più affascinati del romanzo è quella in cui Dracula viene descritto come una gigantesca e repellente lucertola, che scivola a testa in giù lungo il muro esterno del castello, col matello nero allargato a guisa di ali membranose. E di profonda suggestione sono alcune frasi “a chiave” (“tu sei la carne della mia carne e il sangue del mio sangue. Quando ti dirò: vieni attraverserai terra e mare per venire da me”).
Dracula morde, dissangua, uccide. Ma chi muore per il suo bacio non trova pace nella fossa e risorge a sua volta per mordere altri, diffondendo il contagio. Ecco perché bisogna trapassare il corpo del vampiro dormiente (durante il giorno, dato che la notte è il suo regno) con la picca. Il dottor Van Helsing, che nel libro di Stoker è il nemico dichiarato del vampiro, fa di più nel finale: taglia la testa al nosferatu, come lo chiama lo stesso professore, usando un’antica parola orientale, e gli riempie la bocca d’aglio.
Quante volte abbiamo visto morire il conte Dracula? Tante, specialmente al cinema, troppe per credere alla sua sconfitta. Le forze del male, per quanto debellate, ritornano; le teste del drago ricrescono. Dracula, anche contro la volontà di Stoker che l’aveva definitivamente ucciso nel suo romanzo, è riapparso infinite altre volte. Forse, come il suo antenato che si distinse per eroismo e malvagità, ha fatto anche lui un patto col diavolo, una specie di parodia blasfema della volontà celeste. Non era forse Gesù a dire: “ Chi mangerà della mia carne e berrà il sangue del mio sangue avrà la vita eterna e risorgerà”? Dracula ha scelto la stessa via del Signore, ma con una fondamentale differenza: la vita eterna alla quale egli aspira è qui sulla terra.



* Questo articolo è tratto da Horror N. 10, Gino Sansoni Editore, Settembre 1970.





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