Aspettando Godot: una scommessa vinta
La scommessa che quest’anno ha voluto fare la Compagnia Castel del Sasso, mettendo in scena un lavoro teatrale come "Aspettando Godot", un classico dell’irlandese Samuel Beckett, era veramente ardua e difficile da vincere: un testo estremamente impegnativo e ostico, un intreccio inesistente, una storia che non è una storia, imperniata prevalentemente su un dialogo "dell’assurdo" tra due meravigliosi e misteriosi vagabondi, Vladimiro ed Estragone, che attendono inutilmente una figura altrettanto misteriosa, Godot, il quale risolverà tutti i loro problemi esistenziali. I due tornano ogni giorno nel luogo in cui dovrebbero incontrare l’enigmatico personaggio, che potrebbe simboleggiare, forse, l’irraggiungibilità, o addirittura l’inesistenza di Dio; non sanno quando lo potranno incontrare, non sanno cosa fare o dire nella estenuante attesa, ma sono certi che verrà. E ogni sera sopraggiunge, dopo incontri e situazioni ogni volta più assurde, un ragazzo il quale comunica loro che Godot non verrà oggi, ma sicuramente domani. E si capisce che l’attesa sarà inutile anche domani, sarà inutile sempre. Ebbene, la valorosa compagnia diretta da Marco Valeri, superbo interprete del ruolo di Vladimiro insieme all’altrettanto ottimo Stefano La Posta nella parte di Estragone, fiancheggiati dai validissimi Altiero Staffa, Giuliano De Santis, Piero Pieri, sotto la geniale regia di quel grande uomo di teatro che è Franco Alpestre, ha vinto la scommessa. Alla grande. E dire che lo spettacolo offerto dalla Compagnia del Sasso era l’unico a pagamento della intera manifestazione dell’Estate Cerite, e che doveva concorrere e competere, nelle stesse serate, con spettacoli di notevole richiamo popolare. Eppure ogni sera la magica piazzetta del Sasso ha visto il tutto esaurito; lo spettacolo ha ricevuto unanimi consensi da una platea attenta, impreziosita, si, dalla presenza di rappresentanti della cultura teatrale e di artisti, tra i quali il regista Walter Pagliaro e la bella Micaela Esdra, ma formata nella grandissima maggioranza dai nostri concittadini amanti del teatro, che hanno saputo recepire ed apprezzare nella dovuta misura il difficile messaggio di Beckett, il quale, vogliamo ricordarlo, in un’intervista asseriva, paradossalmente, a proposito della sua opera: "Non so chi sia Godot. Soprattutto non so neanche se esiste. E non so neanche se quei due che lo aspettano ci credono o no…"
Vogliamo chiudere queste nostre osservazioni lasciando le conclusioni ai nostri amici della compagnia Castel del Sasso: dalle loro parole traspare, inequivocabilmente, l’impegno, la fatica, ma anche la gioia e la soddisfazione per aver realizzato questo lavoro.
"Aspettando Godot ha rappresentato per la nostra compagnia una svolta. Abbiamo subìto una metamorfosi in modo inconsapevole e travolgente che ha condizionato i nostri comportamenti, le nostre abitudini e le nostre vite. Non è facile elencare, ora, quante e quali siano state le difficoltà, certo è che ci siamo trovati di fronte ad un’impresa impossibile durante la quale ciascuno di noi ha incontrato il suo personalissimo GODOT. Abbiamo assistito alla nascita di uno spettacolo come mai avevamo fatto e come mai ci saremmo sognati di fare, se non fossimo stati guidati dal genio di Franco Alpestre. La sua intraprendenza, la sua fantasia, la sua convinzione di preparare uno spettacolo unico, ha determinato la concessione incondizionata della nostra disponibilità.
Ci siamo esaltati, avviliti, confrontati, insultati, interrogati, abbiamo modificato il nostro linguaggio, la nostra voce, i nostri corpi, abbiamo condizionato perfino le nostre manie i nostri riflessi ed anche ciò che era, forse, incondizionabile. L’attesa e le tensioni accumulate alla vigilia, ci hanno fatto sperare che si arrivasse al più presto alla fine degli spettacoli, come se fossimo in prossimità del patibolo, del giudizio finale. Poi, pian piano abbiamo scoperto che il lavoro che avevamo fatto cominciava a dare i suoi frutti ed abbiamo abbandonato tutti i dubbi e le preoccupazioni e ci siamo divertiti, ci siamo accorti di vivere, in quegli attimi, una situazione speciale come in una favola o come intrappolati nella pellicola di un vecchio film. Ma soprattutto, abbiamo capito che riuscivamo a trasmettere queste sensazioni al nostro pubblico.
Abbiamo vissuto questa fantastica avventura, che ha messo a dura prova i nostri equilibri. La fatica psichica e fisica, il ritmo serrato delle prove, la realizzazione delle scenografie, la cura dei dettagli, i costumi... Grazie a tutti, a chi ha sopportato la fatica quotidiana, a chi ha lavorato duro per la realizzazione delle scenografie, a chi ha trascorso le notti di guardia, a chi ci ha sostenuto senza risparmio. La consapevolezza del traguardo raggiunto ha cancellato le fatiche e rimarginato le ferite. Ne è valsa la pena". (C.P.)