RESURREZIONE
O REINCARNAZIONE?
Ci possiamo stupire nel vedere un numero sempre crescente di cristiani che, influenzati dalle filosofie dell'estremo Oriente, si lasciano catturare, in ogni senso, dalla tesi della reincarnazione e , nella maggioranza dei casi, per pura ignoranza della Verità.
TEMPO ED ETERNITA'
Il sistema della
reincarnazione vorrebbe ricalcare il senso dell'eternità
mediante una "specie di moto perpetuo nel tempo". Si è
inghiottiti nella spirale d'un tempo ciclico. Per la Bibbia,
invece, la storia è sostanzialmente lineare poiché, partendo da
un inizio assoluto, tende verso una fine precisa, consistente
nella Gloria di Cristo e nella trasfigurazione del mondo
presente. Allo stesso modo, la vita di ciascuno si prepara a
sfociare nell'eternità. Per questo, ogni istante della mia vita
è unico e si ripercuote su quello della mia morte: moriamo come siamo vissuti.
Ogni istante mi viene dato perché io lo investa in amore, ossia
in eternità. Solo l'amore sfonda la barriera della morte,
essendo la misura della mia felicità eterna.
Ma se potessi proseguire la mia evoluzione spirituale in altre
vite, allora il tempo ne risulterebbe svalutato, senza più
spessore. Si relativizzerebbe tutta la mia esistenza, che sarebbe
una vita tra infinite altre, e perderei, di fatto, il senso
profondo della responsabilità nei suoi confronti, verso questa
mia vita che mi fu affidata perché potessi generare, giorno dopo
giorno, la mia gloria eterna. Ne risulterebbe pure falsato il
senso cristiano della morte, la quale non sarebbe più l'incontro
definitivo col Signore, un abbandono fiducioso tra le sue
braccia, una nascita, forse dolorosa, ma senz'altro liberante,
alla vita. Con la reincarnazione, la morte rimane un tentativo
d'entrare nel paradiso, tentativo che fallisco e che dovrei
ripetere chissà quante volte prima di avere successo.
PURIFICAZIONE E LIBERTA'
Lo scopo di queste
esistenze reiterate sarebbe quello di riuscire a purificarmi,
appunto per poter finalmente uscire dal ciclo delle mie
successive morti e rinascite. Certo, ognuno deve purificarsi. Per
questo Dio ha inventato quel capolavoro della sua misericordia
(che male rendiamo col termine di purgatorio), per non sbarrare
l'accesso al suo regno a chi non ne è degno.
Il purgatorio non è tanto un tempo o un luogo, quanto uno stato
in cui l'amore e il desiderio bruciano tutte le scorie che le
prove di questa vita non hanno saputo eliminare. E' uno stato
d'incandescente speranza, poiché la certezza di vedere Dio è
assoluta, come non poteva essere durante il tribolato cammino
della nostra vita. Dà un senso di scoramento incontrarsi con
cristiani che sostengono categoricamente la metempsicosi mentre
negano l'esistenza del purgatorio. Ma tutta la questione riguarda
la stessa nozione d'evoluzione e di purificazione. La legge del
Karma sancisce l'autoretribuzione delle azioni. Le nostre azioni,
con ferreo determinismo, generano la nostra condizione futura. La
vita che stiamo vivendo è il prodotto delle nostre precedenti
esistenze; a loro volta, le nostre azioni e dai nostri pensieri
attuali. Siamo completamente vincolati, implacabilmente
condizionati. Per spezzare questo cerchio infernale, è
necessario continuare la nostra purificazione in una nuova
esistenza; ma ogni nuova vita rischia d'ipotecare ancora di più
questa liberazione finale. Se le nostre azioni "si
trasmettono di vita in vita", se la nostra attuale esistenza
è determinata da vite precedenti, nel bene e nel male, che ci
rimane allora di quella libertà che Dio ci ha dato e
continuamente rispetta? In fondo, se le cose stessero così, ci
ridurremmo a delle marionette, burattini teleguidati da azioni
lontane delle quali non abbiamo nemmeno coscienza, eterna
schiavitù di azioni sconosciute...
Come può un cristiano lasciarsi ingannare così, quando Cristo
ha fatto saltare ogni determinismo facendoci dono di una libertà
filiale e regale?
SPERANZA E GIUSTIZIA
Spesso si fa ricorso alla metempsicosi per spiegare le ingiustizie della vita. Ma allora, per essere logici, si dovrebbe dire che quanti soffrono non fanno che espiare colpe passate: si cadrebbe così nella peggiore ingiustizia nei loro confronti. Parallelamente, benessere e gioie della vita, di cui altri godono, sarebbero la ricompensa d'una precedente vita virtuosa. Ma come spiegare, allora, il fatto che questi "fortunati" non s'identifichino affatto con gli uomini migliori? Pertanto, si starebbero preparando ad una successiva vita di povertà, a purificazione degli eccessi causati dai beni che attualmente godono! Non si fa altro che accumulare contraddizioni su contraddizioni... In realtà, caratteristica fondamentale dell'India è il convincimento che ciascuno è condannato a ripetere all'infinito questa esperienza, poiché le reincarnazioni si succedono senza inizio né fine, fino al momento in cui non interviene la liberazione. In questo modo, la prova della miseria umana sembra sottoposta a un "coefficiente transfinito". Non c'è più traccia di speranza!
MISERICORDIA E TECNICHE
Ma perché nella fede
nella reincarnazione la libertà salta e la speranza è distrutta
fin nelle sue radici? Perché un tale sistema non recepisce
assolutamente la misericordia. Per quale strada, infatti,
potrebbe arrivare il perdono creatore di Dio se "sempre le
nostre azioni ci seguono senza mai abbandonarci", se la
retribuzione è rigidamente immanente? Non c'è bisogno di nessun
perdono quando il peccato è ridotto a pura ignoranza che
impedisce all'uomo di realizzare la propria identità con tutte
le cose. Nessun bisogno di misericordia quando, di rinascita in
rinascita, si espiano le proprie colpe senza interventi esterni.
Si può, ad ultimo conquistare la "moksha", la
salvezza, ma con le sole proprie forze; a forza di autocontrollo,
di autodisciplina, ci si può realizzare, diventare se stessi, ma
solo da se stessi. Di qui la facile confusione tra padronanza di
sé, perfezione morale e santità.
Siffatta ricerca d'autonomia spirituale si pone in flagrante
contraddizione con quell'aspetto fondamentale dell'evangelo che
si chiama spirito d'infanzia e che ci porta ad abbandonarci a Dio
nella povertà del cuore, a contare solo su di Lui in ogni
occasione. E' possibile intravedere, in questi metodi di
autocontrollo, una forma raffinata di pelagianesimo, una specie
di fiducia nelle proprie possibilità che dà sempre la palma del
primato all'uomo e, conseguentemente, ne distrugge la libertà
profonda in quanto quest'ultima può realizzarsi solo all'interno
della misericordia.
D'altra parte, l'acquisizione d'una tecnica può facilmente
degradare in una forma di "ricchezza", di possesso. Il
dominio su se stessi può, infatti, aprire la porta a un certo
spirito di dominio sugli altri. Fare di tali tecniche itinerari
privilegiati della preghiera, equivale ad escludere da
quest'ultima i più deboli, i più poveri. Solo una certa élite
culturale può permettersi lo YOGA o lo ZEN, mentre lo Spirito
offre la preghiera del Figlio alla povera gente. In questo campo
i soli privilegiati sono i poveri per i quali Gesù trasale di
gioia.
Il discepolo di Gesù, infine, trova la sua stessa fonte solo
nell'abbeverarsi a quella di Dio, ossia un cuore d'uomo,
squarciato per amore. Non può più, pertanto, corazzarsi contro
la sofferenza o contro la propria debolezza, ossia contro se
stesso. Il suo dolore vi trova un volto, quello di Gesù; la sua
debolezza vi riceve delle mani per servire i propri fratelli. Il
discepolo di Gesù rifiuterà ogni tecnica che anestetizzi la
croce, che renda tetragoni all'amore, poiché nulla fa soffrire
quanto amare.
Chi ha cento modi di amare, ha cento modi di soffrire. Chi non ha
amore, non ha nemmeno dolore. Rifiutare la propria sofferenza
significa chiudersi emotivamente all'amore.
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