Sezze cristiana

Le origini della comunità cristiana setina risalgono  nientemeno che alla venuta dei primi apostoli in Roma. L'Ecclesia setina, secondo l'opinione più diffusa(1), si è originata  infatti dalla predicazione di San Luca, inviato da  San Paolo  ad evangelizzare il nostro paese dal "Forum Appii",  sulla Via  Appia,  durante  la marcia di avvicinamento a  Roma  nel  61 d.c.(cfr.Atti 28,15).   San Luca sparse e sovrappose il germe del vangelo alla cultura pagana dominante, peraltro frammista a quella ebraica portata  in Sezze  da una comunità di Ebrei che, esuli da Roma, qui si  erano stabiliti in sinagoga (2). 

L'Evangelizzatore partì da Sezze lasciando uno sparuto gruppo  di   novizi cristiani  nelle  mani   di   anziani   consacrati "presbiteri", antenati dei nostri sacerdoti e vescovi. Proprio  per questa " tradizione " diretta dell'autorità apostolica Sezze ebbe fin dall'inizio vescovi propri ed autonomi  ma solo nel XVIII secolo, da parte di Benedetto XIII e dalla S.R.Rota,  fu pubblicamente e definitivamente riconosciuto alla  nostra chiesa l'appellativo di "Cathedra Episcopalis" ed all'intera  comunità accordato il privilegio della sede vescovile.Invero le diocesi, consociate ma rivali, di Terracina e Priverno  per secoli avevano osteggiato l'autonomia e  la  pariteticità vescovile setina finché, per un'ultima accesa disputa, il  nostro card. CORRADINI ritenne giusto ed opportuno difendere vittoriosamente, da abile giurista, questi privilegi vescovili setini (3).Comunque,  prima di queste secolari ed accademiche contese,  i cristiani setini avevano superato, con ben altro spirito di  fede umile e verace, le dolorosissime e cruente persecuzioni  imperiali, non senza il tributo del sangue di giovani martiri: ricordiamo  ad esempio, la Veneranda Parasceve, vergine  martirizzata  ai tempi di Antonino Pio, subito santificata, alla quale in  seguito sarà dedicata una piccola chiesa(4).

Quando  il Cristianesimo fu capace di imporsi ed  uscire  allo scoperto i fedeli setini sentirono la necessità di radunarsi  per il culto in una pur piccola chiesa: nel IV secolo, circa sul luogo  dell'attuale cattedrale, venne così costruito il primo  rudimentale  tempio cristiano, dedicato forse allo stesso  San  Luca, divenuto ben presto protettore della città. Attività primarie di questa comunità originaria erano la  Preghiera, L'istruzione e la "Fractio Panis",cioè la comunione,  sia spirituale ma anche e soprattutto dei beni materiali: questi  basilari  elementi concorrevano allo sviluppo ed alla  elaborazione del  culto che veniva ad incentrarsi così in una nascente Liturgia.

L'attuale nome della nostra cattedrale lo troviamo  menzionato per  la prima volta nel secolo X quando i fedeli, ricostruito  il primo  edificio  bruciato in un incendio, consacrarono  la  nuova struttura a Santa Maria Vergine "Madre di Dio": questa  singolare dedica fu la risposta dei setini all'eresia, diffusasi allora  in Italia, sostenuta dai seguaci di Nestorio che secoli prima  aveva negato la Maternità  divina e la Verginità di Maria.

Nella  seconda metà del secolo XI la comunità di Sezze fu  poi fortemente influenzata dalla presenza e dall'opera dell'abate Lidano d'Antena, fondatore del monastero di Santa Cecilia nella vicina pianura ed instancabile bonificatore di paludi e di  ...anime.

In effetti la devozione dei Setini per questo venerando  abate fu così forte che alla morte di costui, avvenuta nel 1118,  l'in­tera  cittadinanza lottò con la vicina Sermoneta per  assicurarsi le sue spoglie e poterle così venerare nella propria cattedrale.

Uscita vittoriosa anche in questa nuova e singolare contesa la comunità cristiana di Sezze sollecitò la canonizzazione di Lidano che in breve ed a furor di popolo divenne santo e Protettore  del Paese, soppiantando in questo compito San Luca.

A  livello di comprotettori peraltro rimasero i santi Pietro  e Marcellino che per lungo tempo erano già stati  affiancati  allo stesso San Luca.

Dopo questi santi "benefattori" anche San Francesco  contribuì ad alimentare lo spirito religioso setino.

Infatti a Sezze cominciarono a sorgere le prime comunità religiose francescane e le prime organizzazioni laiche , le  cosiddette "Confraternite" quali quella della "Buona Morte" e del  "Sagramento"(cioè  dei "Sacconi") dedite alla sepoltura dei poveri  ed all'assistenza dei pellegrini e dei malati.

Con ciò siamo arrivati al 1300, tempo di duro lavoro che  vede la nostra comunità ancora dedita alla ricostruzione della  cattedrale,  ormai quasi rifinita dopo ulteriori incendi  e  disgrazie varie.

La nuova opera, innalzatasi più solida e più ampia di prima, fu riconsacrata a Santa Maria Vergine Annunziata Madre di Dio e riaperta  al  culto addì 18.8.1364 da Giovanni di Sora,  Vescovo  di Terracina e di Sezze.

Con questa chiesa cattedrale, più adatta ai bisogni dei  fedeli, con il fervore delle comunità francescane e delle confraternite,  la comunità di Sezze e di Santa Maria visse un periodo  di profonda spiritualità e di laborioso apostolato che preparerà alla vocazione  religiosa molte anime pie, fra cui il  nostro  San Carlo.

 

 

 

1) cfr. V.VENDITTI "San Luca evangelizzatore di Sezze" in "Tabor" vol. XXIX,1961 pp.gg.59-69;

2) cfr. F.LOMBARDINI "Storia di Sezze", Velletri 1909:

secondo  quanto  riportato dal  nostro  illustre concittadino l'insediamento di una sinagoga ebraica in Sezze risale alle  primissime persecuzioni cristiane dell'imperatore Claudio ( imperante negli anni 41-54 d.C.). Tale imperatore, per cercare di  arginare lo sviluppo della nuova religione cristiana, che agli  occhi dei  pagani non era altro che una setta di quella ebraica,  pensò bene di disfarsi di tutta la comunità degli Ebrei che  dimoravano in  Roma e di perseguitare quei cristiani che testimoniavano  la propria  fede  in Cristo. Non volendo abbandonare  questo  nostro territorio laziale tutti questi Ebrei, pur costretti ad uscire da Roma, ritennero giusto trasferirsi nelle vicine province.

Un folto gruppo di essi venne quindi a trovare ospitalità in Sezze, ove con il passare degli anni riuscirono ad occupare un intero vicolo ( l'antico ed attuale vicolo dei Chiavari). In tale sito urbano gli ospiti insediarono subito la loro sinagoga, in concorrenza con i primi cristiani setini, convertitisi dopo l'arrivo di S.Paolo nel Lazio.

 

Per meglio capire la storia di questa sinagoga setina è opportuno ora soffermarsi sugli eventi che caratterizzarono la vita  della comunità israelitica di Roma, risalente a quei primissimi anni di cristianesimo.

La prima notizia sicura di un insediamento giudaico a Roma si  ha subito dopo il 63 a.C., quando Pompeo, conquistata  Gerusalemme, ne trasportò a Roma molti prigionieri e li vendette schiavi. Molti  di costoro, riscattandosi dalla schiavitù, rimasero come  liberti. Comunque, già nel 59 a.C., Cicerone nella sua orazione  in difesa  di Flacco, scorgeva tra i suoi ascoltatori molti  giudei, dei quali rilevava il numero, la coesione morale e lo spirito  di intraprendenza. (cfr. G.Ricciotti, "Storia d'Israele", I,  Torino (Ristampa) 1947, pg.220).

Tale comunità venne ad accrescersi considerevolmente ai tempi  di Adriano (117-38), dopo l'insurrezione Palestinese, istituendo sinagoghe,  scuole e perfino un tribunale che giudicava secondo  la legge  di Mosè.Infatti anche nella capitale gli  Ebrei  godettero dei  privilegi di libertà di culto, amministrazione  finanziaria autonoma, esenzione dal servizio militare e propria giurisdizione.Nel XVI secolo si ebbe in Roma una vigorosa presa di posizione papale nei confronti della comunità ebraica.

Ad imitazione della città di Venezia, che nel 1516 aveva ristretto nel quartiere "ghetto" tutti gli Ebrei cittadini, anche  Roma, nella persona di papa Paolo IV (1555-59), pensò di rinchiudere in un unico sito i propri ebraici cittadini ed istituì ugualmente un quartiere, il "ghetto". Da quel giorno tutti i quartieri  adibiti a restrizione ebraica furono denominati con tale appellativo, di­venuto tristemente ed atrocemente famoso in seguito alle disumane persecuzioni razziali di questo secolo. Il Pontefice, tra le varie norme, costringeva gli ebrei  ghettizzati  a farsi riconoscere con un particolare copricapo, loro  riservato quando uscivano fuori dal ghetto.

Lo stanziamento più antico e numeroso del ghetto di Roma era  nel rione Trastevere, lungo l'ansa del fiume, dalla porta  Portuense alla porta Settimiana (dove peraltro esiste tuttora la  Sinagoga ebraica), ma si trovavano Giudei anche alla porta Capena e  lungo la via Appia, sul Celio, a nord della porta Esquiliana, alla porta  Nomentana e alla porta Salaria, oltre ai quartieri della  Suburra, del Campo Marzio e del Circo Flaminio. Il  ghetto  romano venne  a scomparire giuridicamente  nel  1847, sotto Pio IX, ma venne definitivamente demolito con la legge  del 20 maggio 1881 e la spesa fu di lire 5.501.461 :

( cfr.  Topografia ed Urbanistica di Roma, p.699).

Durante  la seconda guerra mondiale, in varie città europee,  ad opera del nazismo, vennero rinchiusi nel ghetto centinaia di  migliaia  di Ebrei, in attesa della "soluzione finale". Nel  ghetto di Varsavia infatti, nel 1943, scoppiò una eroica e disperata rivolta, finita con l'eccidio totale degli abitanti. Ben presto  in tutta l'Europa migliaia di ebrei vennero deportati e ristretti in campi di concentramento e di tortura, dove miseramente incontrarono una morte orrenda. Fu questo un'ennesima e cruenta diaspora di una nazione che nella sua storia millenaria non ha mai  incontrato duraturi momenti di pace, continuamente esposta  a  lotte, guerre, ostilità e persecuzioni razziali, fino al totale eccidio dell'ultimo conflitto mondiale. Ancor oggi, purtroppo, assistiamo con senso di disprezzo e di rifiuto categorico, a  manifestazioni di intolleranza razziale nei confronti del popolo ebraico, compreso  quello italiano, ma ci sembra che tali fenomeni siano  da ricondursi  purtroppo alla interminabile e manichea lotta tra  le forze  del bene e quelle del male, tra il " sonno  della  ragione ", che genera mostruosità e la razionalità e spiritualità dell'uomo, tutto teso verso l'affermazione della vera umanità.Speriamo  che le nuove generazioni, attraverso la reciproca comprensione, lo studio dei fatti storici, nonché con la solidarietà internazionale, alimentata da un nuovo spirito ecumenico di tolleranza e fratellanza religiosa, possano progredire verso il  totale rinnegamento di teorie e prassi razziali.  

Ritornando  ora allo studio delle vicende della comunità ebraica setina possiamo vedere come negli antichi documenti  medievali  risultano, ad essa relative, scarne notizie.In un atto del 5.1.1568 ,comunque, sappiamo che agli Ebrei setini venne concessa la loro sinagoga; per questo atto privilegiato , e comunque oneroso, Moisè Cheli, ed Isaia suo nipote, furono obbligati a pagare annualmente, nella festa di Ognissanti, dieci ducati alla confraternita dei Catecumeni di Roma e cinque ducati  annuali per tutte le altre sinagoghe possedute dai loro correligionari nelle province di Marittima e Campagna.

In  un altro documento posteriore risulta inoltre che  gli  ebrei setini  si videro costretti a saldare i debiti della sinagoga  di Priverno, che si era sciolta ed era stata abbandonata. Il debito insoluto ammontava a trenta ducati d'oro ma fu ugualmente annullato dagli ebrei setini. Anche  in Sezze, come in Roma, i rapporti di familiarità e di  ospitalità,  o meglio di tolleranza religiosa, con la popolazione cristiana durarono finché non arrivarono delle severissime  ordinanze  papali che emanarono severe restrizioni verso  gli  Ebrei, costringendoli a rinchiudersi in ghetti o costretti ad abbandonare le terre pontificie.Per evitare l'esodo, o il ghetto cittadino, molte famiglie sioniste  abbracciarono la religione cristiana, tralasciando i propri cognomi  ebraici, sostituiti da patronimici derivanti da paesi  e città italiane.A Sezze quindi si riscontrarono le famiglie ebraiche dei Di Veroli, d'Itri, Imola, Roccasecca, Di Capua, Vallecorsa, Maenza, Barletta, Ceccano, Di Lenola,ecc.ecc.alcune delle quali conservarono l'antica fede.

 

3) cfr. V.VENDITTI "Fonti e Documenti Corradiniani", Roma 1969;

4) cfr. P.M. Filippo CIAMMARUCONE "Istoria Sacra di S.Veneranda  Parasceve, Vergine e Martire cittadina di  Sezza", Ronciglione 1706;

   

La nostra Santa Parasceve, rimasta nella memoria dei Sezzesi, non si deve confondere con l'omonima martire romana. I  Bollandisti  e tutti gli altri scrittori agiografi  dei  primi martiri  cristiani riportano l'evento del martirio della  giovane setina  Parasceve, avvenuto, sembra, sotto il prefetto o preside della città di Sezze, Asclepia o Asclepiade, che esercitava anche la professione di medico della stessa città.

"Constat  namque Parascevem sub Antonino imperatore  et  Asclepio sive  Asclepiade praefecto mortem oppetisse" ( D'Aste ad diem  14 nov. (not. d) ****** "sub Antonino imperatore et Asclepiade prae­side martyrii coronam accepit. ( Matyr. S.R.E. Mediolani 1578).***** "passa est sub Asclepio praeside" ( De Natali). 

Secondo l'autorevole parere del compianto Filippo Lombardini bisogna ricordare, tra i nostri martiri, anche i beati Crescenzio e Crescentino (cfr.F.LOMBARDINI,"Storia di Sezze",1876  parte II, pg.3).

 

La relativa chiesa di Santa Parasceve, situata nella porta "pascibella",  ormai  in disuso, è probabilmente  risalente intorno all'Anno  Mille e fu edificata da alcuni monaci  bizantini, seguaci di S. Nilo, sopra un tempio dedicato al dio Apollo. A  questa  chiesa  era congiunto, secondo  le  istituzioni  di quegli  anni, un collegio di clero regolare per gli uffici liturgici. Tra le patrie memorie si rinviene anche un documento  redatto "in claustro domorum S. Parasceves".

La martire fu grandemente venerata dai setini tanto da indurli a dedicare il suo nome ad una delle porte della città.

All'uscita della porta venne eretto un arco decorato di affreschi di buono stile. Fra le figure dipinte spiccava quella della Santa: la martire era raffigurata mentre sosteneva un  libro di vangeli e la croce.

Quest'arco fu demolito verso il 1870, anno in cui cominciò a decadere anche la cinta muraria di porta "pascibella".Fino agli anni sessanta del nostro secolo è rimasta in funzione  una piccola parrocchia, la cui chiesa è attualmente chiusa  al culto.                                      

                           

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

- G. CIAMMARUCONE      " Descrizione della Città di Sezze ", 

                                                  Roma 1641;

- P.M. CORRADINI             " De Civitate et ecclesia setina ", 

                                                  Roma 1702;

 

- F.  LOMBARDINI               " Storia di Sezze ", 1876;

 

- L.  ZACCHEO                     " Sezze che scompare ", Roma 1974;

 

- L.  ZACCHEO                     " La cattedrale di Sezze ", Cori 1990.

 

- B.  PESCI                             " San Francesco a Ripa, ediz."Roma"  - Marietti-                                                  1959;  n°49 de "Le Chiese di Roma illustrate",                                                  collana di monografie.

 

- F.  DE ROSSI                       " Ritratto di Roma Moderna",                                                  Anno MDCXLV - Moneta editore -  edizione                                                         anastatica  Logart Press -  Roma 1989, a cura                                                  del Consiglio Regionale del Lazio.